GIUSEPPE'S POV
«Abbiamo un piccolo problema.»
Mentre sprofondo nella sedia, esausto, entra Rocco Casalino, facendomi venire la malsana voglia di distruggere questa stanza, o direttamente il Palazzo.
Io e Rocco abbiamo sempre avuto un rapporto unicamente professionale, non si è mai permesso di varcare la sottilissima linea, come è giusto che sia, che divide la mia vita professionale da quella privata, o almeno quel poco che ne è rimasta di questa.
«Cosa c'è, adesso?» Consapevole di aver usato un tono acido ma, dopo una giornata passata in Parlamento e la restante parte in riunione con la maggioranza, è il minimo.
«Francesca è... morta.» Mi guarda impassibile dall'altra parte della scrivania, mentre io faccio uno scatto in avanti, sicuro di aver frainteso.
«Cosa? Che diamine stai dicendo?»
«È stata ritrovata morta nel suo studio, qui in Palazzo, mentre tu eri in Parlamento. Mi dispiace.» Questa volta la sua voce si incrina leggermente, quasi mostrandomi la sua parte umana che ha sempre nascosto.
Mi alzo dalla sedia, con una forte pressione in testa come se stesse per esplodere, mentre comincio a fare avanti e indietro per tutta la stanza, sconvolto.
«Il medico legale mi ha detto che ci sono tutti i presupposti per un omicidio.» Conclude Rocco.
Mi giro di scatto, per guardarlo dritto negli occhi.
«Omicidio? Qui dentro? Stai scherzando?»
Come può esserci stato un omicidio a Palazzo Chigi che è completamente circondato da scorta, sia l'interno che l'esterno? È totalmente fuori dalla mia portata, dal mio pensiero.
«Sì, omicidio. In ogni caso sono venuto qui per dirti che da domani verrà la sua sostituta che ho scelto finché non troveremo una persona adatta come lo era Francesca.» Si alza dalla sedia, sistemandosi la sua camicia bianca.
La freddezza delle parole di Rocco non mi sono nuove, sono abituato al suo carattere impassibile, ma in momenti come questi come fa? Come fa a non preoccuparsi minimamente di Francesca, colei che c'è stata al fianco per più di un anno?
Francesca aveva 31 anni, era il mio braccio sinistro. Aveva il compito di essere me quando io non potevo esserci. Di scrivere discorsi, che poi avrei rivisto io personalmente. Di stare sempre con me in ogni cosa. Inutile dire che era diventata una persona che stimavo e che volevo bene.
Quando Rocco esce dallo studio, congedandosi, affondo nella sedia mettendomi le mani in viso. Non ho ancora assimilato la situazione, la cosa che mi tormenta di più è che è stata uccisa. Si tratta di omicidio. E a quanto pare, non voglio dare giudizi affrettati, ma qui dentro , in questo Palazzo, c'è, c'è stato, un assassino.
Mi desta dai miei pensieri il mio telefono che squilla all'interno della giacca e, ancora sconvolto, rispondo non vedendo l'emittente della chiamata.
«Pronto.» Rispondo con un tono che non mi è mai appartenuto e, anzi, che ho sempre ripudiato.
«Giusè, ho sentito di Francesca. Tutti ne parlano, ovunque, come è possibile che sia uscita una notizia del genere?» Il tono allarmato di Luigi Di Maio dall'altra parte del telefono mi fa capire, più di quanto avessi già compreso, la gravità della situazione.
«Non lo so, diamine non lo so! Me l'ha detto due minuti fa Rocco.» Mi passo una mano sulla faccia, frustato come poche volte mi capita.
Ho sempre affrontato qualsiasi situazione con lucidità e perseveranza, ma ora mi mancano tutti e due. La parola "omicidio" mi rimbomba nella testa e istintivamente batto un pugno sulla pregiata scrivania, mentre dall'altro lato del telefono solo silenzio.
«Mi dispiace. So quanto tenevi a Francesca.» Parla Luigi, dopo qualche secondo di silenzio.
Tenevo e tengo tanto a Francesca per la persona frizzante che si è dimostrata fin da subito, ma la cosa che mi angoscia di più è sapere che a casa, dai suoi due figli e da suo marito, non ci tornerà più.
«Sono stati sequestrati tutti i fascicoli di Francesca e in Parlamento è stato preso l'elenco delle firme dei presenti, per capire chi mancasse. Stanno interrogando tutti gli agenti e i segretari che erano presenti oggi nel Palazzo, domani ti interrogheranno. Solo... non pensarci troppo, capisco tutto ma abbiamo altre priorità.» Continua Luigi.
«Va bene, grazie. Ci sentiamo.» Chiudo la chiamata senza nemmeno sentire la risposta. Mi dispiaceva trattarlo così ma allo stesso tempo ero terribilmente incazzato con il mondo, e Luigi, con la sua frase a fine telefonata che mi ha fatto presupporre di stare parlando con Rocco data la freddezza, è capitato nel momento sbagliato.
Lancio il telefono sulla scrivania, incurante dei danni che potrei provocare ad esso. Faccio dei respiri profondi e mi impongo di riacquisire la razionalità, quella che mi contraddistingue, perché un Presidente del Consiglio, non si può permettere di perdere la calma.
Le scene di come possa essere stata uccisa Francesca si proiettano nella mia mente, facendo prevalere la rabbia, e, assaltato da un moto di nervosismo, spingo tutti i fogli che ornano la scrivania a terra.
Se essere un buon Presidente del Consiglio significa essere sempre impeccabile e non avere attimi di debolezza, bene: non sono un buon Presidente del Consiglio.
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Fanfiction«Cinquant'anni fa l'uomo poggiò piede per la prima volta sulla luna; io ero nato da poco. Ma lo giuro, lo giuro che ci sono stato qualche anno dopo: quando mi dormivi a fianco e io mi sono svegliato accanto a te.»