È lunedì, e come tutti i lunedì ho l'umore che mi striscia sotto i piedi. Ovviamente il lunedì deve portare qualcosa di brutto con se stesso, come se già non fosse traumatico da solo, infatti sono appena entrata a Palazzo Chigi grondante di acqua piovana. Ho i capelli tutti bagnati, la mia camicia e la mia gonna sono diventate una seconda pelle ma la cosa più terrificante sarà aprire la mia ventiquattr'ore e vedere tutti i fogli bagnati.
Tutti i collaboratori guardano esterrefatta la mia figura e da lontano noto addirittura qualche ministro che ho conosciuto durante la serata al Quirinale, simbolo che si terrà o si è già tenuto un Consiglio dei Ministri, alcuni di loro mi salutano gentilmente con la mano e io ricambio sperando di non risultare una pazza uscita dal manicomio.
Mi trattengo dal cominciare ad urlare quando vedo il mio telefono nella borsa completamente zuppo, e inizio a pregare che questa giornata possa finire subito o prendere una piega pressoché diversa.
«Hai bisogno di una mano?» La voce roca del Premier mi fa sobbalzare, presa alla sprovvista.
È la prima volta che lo vedo da vicino dopo quella sera. Ci siamo limitati a comportamenti professionali, sia da parte sua ma soprattutto da parte mia. I suoi capelli sono perfettamente in ordine, e il viso sembra meno stanco rispetto tutte le volte che l'ho visto, sicuramente senza la mia presenza assidua nella sua vita si sta rilassando e starà passando il tempo con la sua amata.
Pensare queste cose è come un pugno allo stomaco, non posso essere così masochista con me stessa, è da ipocriti non ammettere che tutta questa situazione mi fa soffrire, e averlo visto negli ultimi giorni lontano da me, sia emozionalmente sia fisicamente, mi fa stare parecchio male. Ha messo veramente un punto lui, io continuo a pensare a quella serata diversa.
«No, la ringrazio.» Sono tornata alla terza persona, perché se dobbiamo allontanarci non ci deve essere spazio nemmeno per una dannata prima persona singolare.
Il suo sguardo attento si posa prima sui miei capelli bagnati, poi indugia sulla mia camicia diventata trasparente e aderente e infine sulla mia gonna e le mie gambe.
Mi sento a disagio per la prima volta sotto il suo sguardo attendo, e non capisco cosa gli passi per la testa in questo momento. Sospira pesantemente per poi rivolgere la bellezza dei suoi occhi nei miei.
«Seguimi.» Impone, autoritario, cominciando a camminare senza premurarsi di vedere se realmente io lo stia seguendo.
Purtroppo non posso sottrarmi, non per il tono che non ammette repliche, più che altro perché adesso devo essere veramente giudiziosa, non ci penserebbe due secondi nello sbattermi fuori da questo Palazzo oggi come oggi. Anche perché se facessi una scenata adesso davanti a tutti i ministri e a tutti i collaboratori sarebbe il punto più basso che potessi toccare.
Comincio a seguirlo e deglutisco pesantemente quando noto che non ci stiamo dirigendo verso il suo studio ma verso le sue camere.
Quelle stanze mi mettono ansia e mi fanno ricordare di quando mi sono lasciata andare, come mai avevo fatto in vita mia, con una persona cinica e incomprensibile nemmeno a se stesso.
Entro nella camera seguendolo a ruota, e si premura a chiudere la porta dopo la mia entrata.
«In bagno c'è il phon, vai ad asciugarti i capelli.» Parla con voce distaccata, incrociando le braccia al petto.
«Non penso sia molto professionale da parte sua, Premier.» Alzo le sopracciglia, nonostante sia felice di questo gesto premuroso. Sto morendo di freddo ma non posso fare finta che non sia successo niente negli ultimi giorni per un suo moto di gentilezza.
«Potresti smetterla per un momento? Asciugati questi dannati capelli e poi ritorna pure a fare finta che non esista.» Assottiglia gli occhi irritato, mantenendo sempre la stessa posizione.
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Come lo spieghi?
Hayran Kurgu«Cinquant'anni fa l'uomo poggiò piede per la prima volta sulla luna; io ero nato da poco. Ma lo giuro, lo giuro che ci sono stato qualche anno dopo: quando mi dormivi a fianco e io mi sono svegliato accanto a te.»