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Per il quarto giorno giorno di fila riesco ad arrivare puntuale, addirittura qualche minuto di anticipo. Questo solo perché non ho voglia di sorbirmi l'eventuale sfuriata di Conte riguardo un mio ritardo, dopo tre giorni che non ci rivolgiamo la parola. A dirla così fa anche ridere, la sua assistente che non gli parla; sono diventata più un'assistente di Rocco Grande Fratello che è più antipatico di quanto pensassi.

«Buongiorno, cara.» Mi saluta cordialmente Sofia, un'altra collaboratrice del Presidente con la quale ho stesso amicizia, ma nemmeno so se può chiamare tale, solo in questi giorni di allontanamento progressivo dal Premier.

In tutto questo periodo di permanenza al Palazzo non mi sono premurata di stringere un rapporto quanromeno professionale con i miei colleghi, questo perché ero troppo concentrata su Giuseppe.

A proposito di quest'ultimo, penso di avere qualche problema di doppia personalità perché non è possibile che abbia sentito così tanto la sua mancanza che molte volte in questi tre giorni, soprattutto quando eravamo vicini e sentivo i suoi occhi addosso, mi è venuta la malsana voglia di andarlo ad abbracciare e chiedergli una tregua definitiva, ma mi sono sempre trattenuta per paura di un suo eventuale rifiuto, che metterebbe la croce alla pochissima dignità che mi è rimasta.

«Buongiorno, Sofia.» Le sorrido.

A pochi metri da noi c'è il Presidente che sorseggia un, presumo, caffè preso dalla macchinetta con il Ministro degli Esteri, che ancora non si è accorto della mia entrata.

Luigi penso abbia detto qualcosa di divertente perché scoppia in una fragorosa risata, puntando gli occhi proprio verso la mia direzione e, non avendo il tempo materiale di girare la mia faccia, i nostri occhi si incrociano. La risata gli comincia a morire progressivamente sulle sue labbra, mantenendo ancora il suo sguardo ancorato al mio, non staccandolo nemmeno quando prende un sorso dalla sua bevanda.

«Hai capito, Bea?» Mi scuote una spalla Sofia piazzandosi davanti a me, impedendomi la vista del Premier.

«Cosa? Scusami, non stavo ascoltando.» Abbozzo un sorriso, mentre cerco di riprendermi dal suo sguardo che sembrava che mi toccasse.

In questi giorni ci siamo limitati solo a questo, agli sguardi. Probabilmente perché entrambi siamo orgogliosi o almeno questa è la mia motivazione, non so cosa gli passi per la mente in questo momento, non lo so mai in realtà.
Poi ci sono state qualche parole di circostanza, quali buongiorno e buonasera, davanti a Rocco Grande Fratello o ad altri collaboratori, per il resto, riguardo a quello che ci siamo detti l'ultima volta che abbiamo parlato, non si è fatto il minimo accenno.

Mi interessa? Sì.
Glielo farò notare? No.

«Questo è il vestito che metterò domani sera.» Mi piazza il telefono di davanti con la foto del suo abito. È un abito lungo nero, con lo scollo a barca e un enorme spacco sulla gamba destra ed è veramente bellissimo ed elegante nella sua semplicità.

«È bellissimo, Sofia.» Ammetto con sincerità continuando a guardarlo, per poi alzare lo sguardo sui suoi occhi soddisfatti. «Ma per quale occasione l'hai preso?» Indago.

«Come? Bea, per la cena al Quirinale! Te ne sei dimenticata?» La sua voce si alza leggermente all'ultima sua domanda, che è più un'affermazione.

Con tutta la sincerità mi era totalmente passato di mente, la settimana è passata in fretta e non ho avuto il tempo di pensare che in realtà quel giorno, che tutti al Palazzo aspettano con trepidazione, era realmente alle porte.

«No, non me n'ero dimenticata. Mi è passato di mente.»

«Fammi vedere subito il vestito che metterai.» Mi guarda con un sorriso enorme, che mi mette quasi paura.

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