Capitolo 9

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"Se la incontrassi, le faresti del male. Di nuovo," sentenziò Sigurdr torvo. La pioggia continuava a cadere insistente e leggera, fastidiosa e gelida.

Loki gli puntò addosso i suoi occhi lupeschi. "Mi stai chiedendo dell'oro," puntualizzò a denti stretti. "Oro per aiutarla," proseguì, ma in gola aveva un'altra parola, una che l'avrebbe ferita mortalmente e che la sua mente acutissima e scaltra aveva comunque pronunciato. "Davvero pensi di potermi chiamare e pretendere che non mi accerti con i miei occhi della situazione?"

"Sei responsabile di quanto le è successo. L'hai portata via da me, dalla sua famiglia, dal suo destino," ricordò il vecchio con una voce bassa e cantilenante, segno inequivocabile di come avesse pronunciato quella stessa invettiva un numero infinito di volte – dal giorno in cui Sigyn era salita sul drakkar degli Æsir con ancora l'abito rosso del banchetto indosso.

Loki scattò verso Sigurdr con un gesto rapido e violento, tanto inaspettato che il Vanir non fece in tempo nemmeno a cacciare un grido. L'ingannatore lo aveva afferrato per una spalla e stordito con un colpo al fianco capace di mozzargli il respiro, per poi tirargli i capelli affinché esponesse la gola pulsante. Su quella premette l'affilatissima lama di un pugnale.

"Tieni a freno il tuo odio per me, vecchio," sibilò. "Hai osato pensare che io, Loki di Asgard, fugga dalle mie responsabilità? Sono il figlio di Odino, non uno qualunque dei tuoi patetici Vanir." Fece una pausa, ma senza lasciar andare l'uomo. "È viva grazie a me."

Immobilizzato, Sigurdr provò a cercare con lo sguardo Thor. Il principe era accigliato, ma pur intuendo le intenzioni del fratello fino ad allora non aveva fatto nulla per fermarlo, e non c'era da stupirsi per questo. Lui sapeva ogni cosa e, nonostante disapprovasse, aveva seguito Loki fino in fondo, rifiutandosi di abbandonarlo. Erano una squadra. "Basta così, fratello," intervenne il dio del tuono. "Sigurdr, non puoi chiedere il suo aiuto senza una garanzia. Noi figli di Odino siamo pronti a prenderci ogni responsabilità, ma non siamo degli idioti."

Loki non liberò immediatamente Sigurdr. Lottò contro l'impulso di premere più a fondo la lama e vendicarsi dell'uomo; sarebbe stato piacevole vederlo soffocare nel suo sangue zampillante e osservarlo morire. Dovette compiere uno sforzo immane per lasciarlo andare – non era nella sua natura inquieta quel tipo di clemenza e della sua ferocia incontrollabile era cosciente da tempo. Da quando Thor, l'impulsivo e guerrafondaio Thor, a volte lo scuoteva per il braccio dicendogli che era inutile infierire. Era come se il caos di cui era portatore lo avviluppasse a sé, ghermendolo e scatenando una furia che, a mente fredda, a volte Loki stesso trovava spaventosa.

Forse era per questo che non era ancora degno di succedere a Odino; suo fratello, per quanto ugualmente spavaldo e molto meno razionale, non trascendeva mai laddove lui oscillava verso l'oscurità. Un giorno non sarebbe più riuscito a trattenersi e la sua ira sarebbe stata totale, mescolandosi a un'inquietudine che alcuni avrebbero liquidato come follia, ma che in realtà aveva origini più dense e oscure e complesse.

Deglutendo mollò la presa e diede uno spintone al vecchio per allontanarlo da sé. "Facci strada," ordinò.

Sigurdr gli rivolse un'occhiata carica di odio, paura e di un'accusa che l'Ase non volle leggere. Con le dita nodose si massaggiò il collo e la spalla rialzandosi a fatica, per poi incamminarsi con passo malfermo vero le mura del tempio, seguito a breve distanza dai due figli di Odino.

Thor mise una mano sulla spalla del fratello. "Credi che incontrarla sia una buona idea?" mormorò facendo attenzione che il Vanir non lo udisse.

Loki piegò le labbra in una smorfia amara. "Vederla. Non incontrarla. Ha scelto."

Scintille nel buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora