Rollercoaster - Capitolo 1

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Rollercoaster - Capitolo 1

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Rollercoaster - Capitolo 1

Sembrava di essere sulle montagne russe, e l'odore dello zucchero filato che entra dalla finestra, impregnando l'aria della cucina, mi riporta alla mente quella giornata di quattro anni fa

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Sembrava di essere sulle montagne russe, e l'odore dello zucchero filato che entra dalla finestra, impregnando l'aria della cucina, mi riporta alla mente quella giornata di quattro anni fa...

"Era davvero tantissimo tempo che non mi capitava di sentirlo e, ora che ci penso, era tantissimo tempo che non pensavo a lei. Chissà cosa starà facendo e dove sarà. Avrà trovato l'amore della sua vita o starà ancora aspettando il principe azzurro? Chissà se almeno qualche volta avrà ripensato a me, a noi... Ora ricordo perché ho smesso di farlo, perché ho smesso di pensare a Christal: quella bionda... Dio! Se solo penso ai suoi occhi non vedo più nient'altro: la pelle mi diventa d'oca e il cuore sembra volermi scoppiare nel petto, esattamente come quel giorno... quando scendendo dalle montagne russe m'imbattei in un paio di occhi blu, più profondi del mare. Il suo pensiero mi offusca ancora la mente dopo tutti questi anni, ma com'è possibile? Mi ero ripromesso di voltare pagina, dopotutto, quattro anni di assoluto silenzio vorranno pur dire qualcosa, ma è bastato un semplice odore a risvegliare sentimenti e sensazioni che credevo fossero scomparsi e, adesso, ho capito che erano solo assopiti."

«Papi, dove sei?»
La voce di Mia mi ridesta dai miei pensieri e mi riporta irrimediabilmente alla realtà: «Cucciola, sono in cucina, aspetta arrivo subito.»
«Ti prego, fai presto!»

Mi asciugo le mani con un canovaccio pulito e faccio le scale a due a due; apro la porta socchiusa della sua stanza e accendo la luce: «Eccomi topino, che succede? Hai avuto un incubo?»
«Sì. Ho bisogno di un tuo abbraccio.»

Mi siedo sul bordo del letto e lei mi si fionda tra le braccia. Le accarezzo dolcemente i capelli sussurrandole all'orecchio che va tutto bene. Quando sento il suo respiro regolarizzarsi le stampo un bacio tra i capelli e le prendo il viso tra le mani: «Ehi, cucciola, è stato solo un brutto sogno. Ci sono io qui con te, stai tranquilla.»

«Ti voglio bene, papi.»
«Anche io te ne voglio, topino. Stavo preparando i pancake, hai fame? Cosa preferisci marmellata di albicocche o burro d'arachidi?»
«Burro d'arachidi, che domande!»
«Giusto, come ho potuto anche solo pensare per un momento alla marmellata, puah.»
Lei scoppia a ridere e i suoi occhi si illuminano. «Forza, va' a lavarti, ti aspetto di sotto. Hai circa dieci minuti prima che tutto sia pronto.»

Mia si alza dal letto e si stiracchia. Mi dà le spalle, si avvicina alla finestra e apre le tende facendo entrare la luce del sole. I lunghi capelli biondi le arrivano oramai a metà schiena. Non ne ha voluto sapere di tagliarli; quando sua madre l'ha portata al salone, l'ultima volta, ha fatto il diavolo a quattro pur di non farli toccare. Non ha voluto nemmeno che Lola le spuntasse le doppie punte. La mia bambina sta crescendo e sta diventando davvero una signorina.

«Cosa c'è papi? Perché mi fissi così?»
«Mmh? Nulla, nulla. Vado», le dico, facendole un occhiolino. Richiudo la porta alle mie spalle e scendo velocemente di sotto.

Esattamente mentre porto a tavola il piatto fumante di pancake, Mia compare sulla porta esclamando: «Uhm, che profumino invitante. Adoro i tuoi pancake! Sono i migliori che abbia mai mangiato.»
«Tu adori tutto di me.»
«Sì, anche questo è vero, ma non diciamolo alla mamma!»
«No, per carità.» Scoppiamo a ridere a crepapelle.
«Uhm, de-li-zio-si!», dice, socchiudendo gli occhi e increspando le labbra in un sorrisetto. Scuoto la testa divertito: quando fa quelle facce è così buffa.

«Ah, papino...»
«Cosa c'è? Cosa vuoi chiedermi?»
«Perché dai per scontato che debba chiederti qualcosa?», dice, muovendo la forchetta davanti a lei come se fosse una bacchetta.
«Perché quando mi chiami in quel modo vuoi sempre chiedermi il permesso per fare qualcosa...»

«Umpf», sospira e mette su un broncio che dura sì e no cinque secondi, poi mi sfodera il suo solito sorriso e mi fa quegli irresistibili occhi da cerbiatta: «Cooomunque», continua, facendomi sorridere, «Vanessa mi ha mandato un messaggio, prima, mentre mi stavo preparando.»
«Mh-mh.»
«Posso andare al centro commerciale? Ci accompagna sua sorella e dopo pranzo ritorniamo qui, insieme. So che ti avevo promesso che avrei ripulito la mia stanza e lo farò, solo... non ora. Ti prego, papino! Posso?»

Potevo mai dirle di no? Mia mi aveva in pugno e lo sapeva bene. Oramai conosceva ogni mio punto debole ed era abilissima nel giocare le sue carte. In questo era davvero molto simile a sua madre. Sospiro, alzo gli occhi al cielo e, infine, cedo: «Va bene.»

«Sei il papà migliore del mondo!»
«Forse perché sono l'unico?», la stuzzico, alzandomi e riponendo piatti e bicchieri sporchi nel lavandino.
«No, anche se avessi avuto due papà tu saresti stato senza ombra di dubbio il migliore in assoluto!», dice, con un tono di voce serio.
«Ruffiana che non sei altro.»
Si alza, mi porta le braccia al collo e, dopo avermi stampato un bacio sulla guancia, sale di sopra in camera sua.

Quando, circa una mezz'oretta più tardi, scende di sotto mi trova affacciato alla finestra, intento a chiacchierare con la vicina di casa. La sua nipotina aveva cominciato a fare i capricci e l'unico modo che aveva trovato, per farla stare tranquilla, era stato quello di farle lo zucchero filato. Si era però accorta troppo tardi dei nostri vestiti stesi fuori e, così, mi aveva chiamato e si stava scusando per l'ennesima volta: «Non si preoccupi, signora, non fa nulla e poi è un odore così piacevole.»
«Sì, ma se dovesse rimanere sui panni io...»
«Li laverò di nuovo, sono solo vestiti, nessun problema, davvero.»
«Lei è sempre così gentile. Mi scusi, devo scappare, mio marito non riesce a trovare i calzini. Ah, questi uomini!»

Mi volto, dopo aver salutato la donna, e quasi sobbalzo nel vedere mia figlia ferma sulla soglia della porta, con le mani sui fianchi e un'espressione accigliata in volto: «Che succede?», le chiedo.
«Quella donna... trova sempre il modo di parlare con te.»
«In realtà si stava solo scusando.»
«Uhm, certo, certo.» Lascia scendere le braccia lungo i fianchi e distende le sopracciglia. «Allora io vado. Ci vediamo oggi pomeriggio, va bene?»

In un primo istante annuisco, ma poi mi volto di nuovo a guardarla e la richiamo nell'esatto momento in cui sta aprendo la porta di casa: «Mia? Non credi che quel pantaloncino sia un po' troppo corto?»
«Ehm, no papino, lo trovo adatto alla splendida giornata che c'è oggi, hai visto che sole?»
«Va' di sopra e cambiati, per favore.»
«Ma papà!»
«Mia...»
«Uff, e va bene», dice sbuffando.

Questa ragazzina mi farà dare letteralmente di matto, un giorno o l'altro. Quattordici anni è una bella età... per fortuna è una ragazzina obbediente.
«Va bene così?»
«Sei stupendamente stupenda, topino. Ora dai un bacio al tuo papino e sei libera di andare», le dico, sorridendo.

Quando la porta si apre, l'orologio segna le 16:05

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Quando la porta si apre, l'orologio segna le 16:05.

«Papi, siamo tornate e... indovina chi abbiamo incontrato?»
Mi alzo dalla sedia incuriosito da quell'affermazione e mi dirigo verso l'ingresso. Arrivato sulle scale mi blocco, il mio cuore perde un battito e il respiro mi si mozza in gola.

"Non è possibile, non può essere..."

«Ciao, bel biondino!»
«Chri-Christal?»

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