Giorno Novantuno

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Quando aprii gli occhi, una leggera brezza entrava dalla finestra lasciata aperta dalla sera prima. Sentivo la radio di mio padre trasmettere le ultime notizie dal salotto e la sua voce borbottare qualcosa a proposito di un qualche complotto.

Mi alzai e andai verso la scrivania, afferrai il cellulare che avevo lasciato lì la notte scorsa e controllai se mai qualcuno mi avesse chiamato.

L'immagine di un gatto addormentato sul divano riempiva lo schermo con su scritta solo l'ora e il giorno.

Nessuno mi aveva cercato, ed erano quasi le 10 del mattino.

Il sole fuori brillava attraverso le piante di mia madre, creando un gioco d'ombre sul terrazzo.

Andai in cucina e mi versai un bicchiere di latte.

«Ciao tesoro. Dormito bene?», mi chiese la mamma con un sorriso.

«Sì.»

Mi voltai verso la porta finestra che dava sul balcone e la fissai per quella che fu un'eternità, perché ad un certo punto mio padre distolse l'attenzione dal libro che stava leggendo e si girò.

«Cosa guardi?»

Scossi la testa. «Nulla», risposi. «Vado fuori a far colazione.»

Non mi sfuggì l'occhiata che si scambiarono i miei, ma qualsiasi cosa stessero pensando, non dissero nulla.

Aprii la porta e uscii in terrazza.

Presi il tavolino di legno abbandonato in un angolo e lo portai sotto il pergolato. Presi una delle sedie pieghevoli che i miei usavano quando avevamo ospiti e l'avvicinai al tavolo.

Da quella posizione potevo tenere sotto controllo tutto il vicinato, o quasi.

Aprii Instagram e andai a controllare le storie di Elisa.

Lei che si sveglia presto; lei che fa yoga a bordo piscina; lei che –

In quel momento il cellulare iniziò a vibrarmi tra le mani, e il numero del Dottor Cometisentioggi apparve sul display.

Risposi contro voglia.

«Pronto?»

«Ciao Olivia, sono Maurizio», disse la voce dall'altro capo della linea.

«Ciao.»

«Come ti senti oggi?», mi chiese, ponendomi esattamente la stessa identica domanda di ogni singola volta.

«Bene», risposi, prendendo un sorso di latte.

Aspettai che lui dicesse qualcosa, ma di nuovo, come ogni singola volta, lui rimase in silenzio, aspettando che fossi io a parlare.

Sicuramente voleva che elaborassi quel "bene".

«Sto facendo colazione sul balcone», raccontai.

«Sul balcone?», fece eco lui.

«Sì,» risposi, «siamo fortunati perché ce l'abbiamo più grande degli altri che abitano qua. Io lo chiamo terrazzo, ma in realtà è un balcone», spiegai.

«Ho capito...», rispose lui lentamente. «E come ti senti a stare lì?»

Alzai gli occhi al cielo. Come mi sentivo a stare lì? Ma che domanda era?

Mi alzai in piedi, camminai fino a raggiungere la ringhiera e guardai sotto.

«Olivia?», mi richiamò il Dottor Cometisentioggi.

Le Cronache del Balcone ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora