capitolo secondo: 𝑆𝑜𝑟𝑟𝑦

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I due genitori, una donna e un uomo di, rispettivamente, quarantadue e cinquantaquattro anni, dai lineamenti marcati e definiti e dagli occhi dolci, sedevano di fronte alla figlia, che li aveva chiamati entrambi appena si fu svegliata.

«Allora, cucciola, cosa devi dirci? Non sto più nella pelle! Non lasciarci sulle spine!»

Esclamò la donna dai mossi capelli bruni, stringendo la mano del marito, che le accarezzava le nocche dall'ultima alla prima e viceversa, ripetendo il movimento all'infinito.
Prese un bel respiro, ed un singhiozzo strozzato le uscì dalla gola.
I due arricciarono il naso e il padre si irrigidì immediatamente e raddrizzò la schiena.

«Perdonatemi... Io... Non posso...»

Balbettò la corvina, portandosi una mano in grembo ed una sul viso, a coprire gli occhi color verde speranza.
La mamma si precipitò verso di lei, accarezzandole la schiena ed abbracciandola.

«Ehi, è tutto ok. A noi puoi dire tutto, lo sai...»

Le fece un sorriso rugoso la donna, portandosi un riccio sfuggito dalla coda bassa dietro all'orecchio.
Dayla era scossa dagli spasmi e dai singhiozzi, che la facevano sobbalzare, e si stringeva le braccia attorno al corpo, come per abbracciarsi.

«Carlh mi ha messa incinta e poi mi ha scaricata!»

Quasi urlò, soffocata da un nodo alla base della gola, e crollò in pezzi di fronte ai loro occhi.
Si abbracciò le ginocchia e scoppiò in un pianto infantile, rauco, singhiozzando senza sosta.
La madre, indietreggiata, la lasciò fare, sotto shock per la notizia.
Coso, hai fatto un gran casino!

«Io non lo voglio questo Coso

Si lasciò scappare, ma ormai era fatta, lo aveva detto, e non poteva cancellarlo, anche se in effetti non ci aveva ancora riflettuto.
Avrebbe dovuto tenerlo? Avrebbe dovuto abortire?
Scosse il capo, non voleva pensarci proprio in quel momento, la cosa più importante in quel preciso istante era capire la reazione dei propri genitori, così alzò lo sguardo e una fitta allo stomaco la fece piegare in due dal dolore quando vide che la madre stava piangendo rannicchiata tra le braccia del marito.
Lui non la degnò neppure di uno sguardo, ed allora capì che non l'avevano presa molto bene.
Si tirò su a fatica, reggendosi al bracciolo del divano, e li guardò in cagnesco.

«Niente, eh? Nemmeno voi dite nulla, come quel bastardo di Carlh! Andate tutti a farvi fottere, te compreso!»

Sbottò, portandosi entrambe le mani sul ventre e alzandosi da terra, scappando, tutta tremante, in camera propria.
Prima che potesse raggiungere la porta, una mano l'afferrò e la tirò, poi due braccia la strinsero per la vita.

«Cucciola... È una cosa pesante, e forse sei troppo giovane per avere un bambino, ma sarò con te qualunque cosa sceglierai di fare, te lo prometto»

Disse la madre, cullandola tra le proprie braccia ed annusandole i capelli corvini.
Si lasciò di nuovo andare e i singhiozzi ricominciarono, e altre lacrime solcarono le sue guance arrossate.
Ad un certo punto, un conato le risalì lungo la gola, e con uno scatto fulmineo si precipitò in bagno, affondando il viso nel water e reggendosi con una mano i lunghi capelli mossi.
Disgustoso. Quando si svuotò lo stomaco di qualunque cosa contenesse, si alzò in piedi, tirò l'acqua e si sciacquò il viso divenuto pallido.
Passò una mano sullo specchio, sopra al proprio viso riflesso, e fissò i propri occhi nella superfice fredda ed appannata dal suo fiato caldo.

«Cosa dovrei fare con te, Coso?»

Si asciugò la faccia, bagnata d'acqua, e uscì dal bagno, scombussolata e stanca morta per il pianto.
I genitori la osservavano preoccupati, e la madre le si avvicinò con una tazza di the fumante in mano.
Dayla la prese e l'odore di frutti rossi le invase le narici. Si portò la tazza alle labbra dopo essersi seduta sul divano marrone del soggiorno.

«Quindi, Dayla, che vuoi farne?»

Le chiese il padre, che fin'ora aveva taciuto, facendole finire la bevanda di traverso.
La corvina tossì e si diede un paio di pacche sul petto, per poi guardarlo negli occhi, dello stesso colore dei propri.
Strinse tra le mani tremanti la tazza, sorseggiando il the che le scorreva nella gola e la riscaldava. Scosse il capo, non riusciva a parlare, e si morse il labbro inferiore dopo aver terminato anche l'ultima goccia della bevanda.
Si alzò per mettere la tazza vuota nel lavello, ma le cedettero le gambe e la ceramica cadde a terra, rompendosi in due

«Scusa, mamma...»

Singhiozzò, stringendosi nelle spalle.
La donna raccolse i cocci di ceramica e li buttò nella pattumiera, per poi accarezzarle la schiena e aiutarla ad alzarsi.

«Non preoccuparti, era solo una tazza. Vieni, voglio darti una cosa»

Le fece strada, tenendole una mano sul fianco per reggerla, fino alla camera che condivideva con il marito.
Si sedette sul letto, osservando la madre che frugava nella piccola libreria affianco alla scrivania di legno scuro, per poi stringere trionfante un libro tra le mani.
Si mise di fianco a Dayla, sorridendole e mettendole il libro fra le mani.
"Corso di sopravvivenza ad un bambino!" Era il titolo, che la fece ridacchiare. Lo aprì e ne lesse qualche riga.

"Per prima cosa, care mamme, affronteremo il periodo in cui la vostra bestiolina si troverà nella vostra pancia e vi farà sembrare, mese dopo mese, sempre più simile ad una palla da basket!"

Una risata divertita le risalì la gola. Buttò la testa all'indietro, cadendo distesa sul morbido copriletto verde acqua.

«Grazie mamma, ma non so ancora se voglio tenerlo»

Ammise, e la sua risata si affievolì fino a cessare. La donna le prese la mano e la strinse, sorridendole, asciugandole poi - con il pollice della mano libera - una lacrima che le aveva solcato la guancia.

«Sappi che tu sei stato il più grande regalo che tuo padre mi abbia mai fatto in venticinque anni di matrimonio, però fai la scelta che tu ritieni più giusta»

Le diede un bacio sulla fronte, alzandosi dal proprio letto e lasciandola sola, a riflettere sul da farsi.
Coso... Tu vorresti vivere, vero?
Si mise una mano in grembo e chiuse gli occhi.

𝑵𝒊𝒏𝒆𝒕𝒆𝒆𝒏Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora