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La settimana era trascorsa in fretta, così in fretta che Emma non si capacitava del fatto che dovesse lasciare la città in cui aveva trascorso gran parte della propria giovinezza. Durante il viaggio non fece altro che riflettere sul suo futuro e, soprattutto, su quello di suo figlio, il quale sembrava bloccato in un tunnel senza via d'uscita.

L'aereo atterrò dopo tre ore di viaggio. Prese i bagagli, fece tutti i controlli necessari, chiamò il taxi e giunse a destinazione. Il bambino sembrava stanco ed assorto nei suoi pensieri, mentre lei si sentiva più energica e carismatica del solito. Il taxi si fermò davanti ad un cortile poco curato e pervaso da un odore sgradevole, il quale sembrava essere la conseguenza dell'uccisione di un centinaio di topi. Persino Jason ci fece caso, domandando alla madre da dove provenisse quella puzza di cadavere. Scese tutti i bagagli dal taxi e salutò gentilmente il tassista, dopo di che si avviò verso l'ingresso dell'orfanotrofio. Un cane grosso quanto un cavallo e chiuso in una sorta di recinto si mise ad abbaiare all'impazzata. Il piccolo Jason, vedendo la bava che gli fuoriusciva dalla bocca quando ringhiava ed i suoi occhi rosso sangue che lo fissavano come se volessero dire sarai la mia prossima vittima, ebbe un attacco di panico e si gettò tra braccia della madre. Aveva tante fobie, ma quella dei cani era la peggiore. Emma, spaventata, prese le pillole calmanti dalla borsa e gliele diede. Dopo essersi assicurata che il bambino si fosse calmato, Emma bussò alla porta. Nessuno aprì. Allora bussò una seconda, una terza, una quarta volta, ma ancora nulla. <<Andremo nel motel più vicino. Prendi le valigie ed andiamo via>> disse Emma infuriata. Fu proprio quando i due si stavano allontanando che qualcuno si decise ad aprire la porta. Quando sentirono il rumore delle chiavi che giravano, i due tornarono subito indietro. Gli aprì una signora anziana di circa ottant'anni. Indossava una camicia da notte, aveva i capelli bianchissimi arruffati e puzzava di cadavere, proprio come il cortile. Aveva un'espressione malinconica in volto,ed i suoi occhi verdi erano rossi ed abbuffati, come se avesse pianto per ore. <<Scusate se vi ho fatto attendere. Entrate>> disse la vecchia, dirigendoli verso l'ingresso. <<Oggi è stata una giornata difficile per noi. Una delle nostre dipendenti, Suor Amelia, è deceduta nel pomeriggio. Era una persona stupenda, i bambini la adoravano>>. disse la signora scoppiando in lacrime.<<Mi dispiace molto signora. Se avete bisogno di una mano ci sono>> disse Emma compiaciuta. <<Grazie, sei un tesoro. Adesso  ti conduco verso la tua stanza, così tu ed il piccolo vi sistemate. Domani mattina ci sarà la veglia funebre, e nel pomeriggio la seppellitura. Non me la sento di mostrartela ora, sei appena arrivata>>. Mentre conduceva Emma e Jason al piano di sopra continuò: <<I bambini stanno dormendo nelle loro camerette. Di solito si svegliano alle sette del mattino, si preparano, fanno colazione e alle otto iniziano le lezioni. Dovresti trovarti in aula almeno dieci minuti prima, così prepari tutto l'occorrente con calma. Domani ovviamente non c'è lezione, quindi ti puoi svegliare anche più tardi>>. Emma rimase affascinata dall'architettura e dai mobili antichi dell'orfanotrofio. La camera era molto semplice, ma calda ed accogliente. <<Non voglio dormire qui>> sussurrò Jason alla madre. <<Perché, tesoro? C'è il letto a castello, ti lascerò dormire sopra come piace a te>>. Disse Emma, cercando di convincerlo. <<Questo posto mi fa paura>>. Rispose il piccolo. <<Sono sicura che, appena conoscerai i bambini, vorrai rimanere qui per sempre>> disse la signora. <<Adesso riposatevi, domani sarà una giornata dura per tutti. Accidenti, non mi sono presentata! Sono Anna Stevens>>.Dopo essersi presentata, la signora uscì dalla stanza e chiuse la porta. Il bambino iniziò a piangere ed urlare non voglio stare qui, domani scappo. Emma perse la pazienza e lo costrinse a prendere due capsule di melatonina per addormentarlo. Sfinita, Emma si sdraiò nel letto. Ad un tratto qualcuno bussò alla porta della stanza. Convinta che fosse la signora Anna, si decise ad aprire. Si trovò davanti una suora di mezza età con in mano dei dolci. <<Tu devi essere la nuova maestra, giusto?>> le domandò la suora. Emma annuì.<<Piacere, sono suor Luisa e mi occupo dell'accoglienza. Questi sono per te e per il tuo bambino>>. Disse, rivolgendole i dolci. <<Io sono Emma, piacere mio. Grazie per i dolci, non dovevi proprio>>. Rispose Emma gentilmente. <<Ci vediamo domani alla veglia funebre>>. Disse la suora, dopo di che andò via. Ad un tratto una puzza di cadavere invase la stanza, tanto che Emma fu costretta ad aprire la finestra. Mangiò uno dei dolci offerti dalla suora ed osservò il suo bambino che dormiva beatamente. Gli diede un bacio sulla fronte e si sdraiò accanto a lui. Crollò in un sonno profondo, con mille dubbi e domande in serbo.

L'orfanotrofio delle bamboleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora