Emma si diresse di corsa verso la stanza. La sua agitazione era tale che le mancava il respiro, sentiva una forte tensione al petto ed i suoi muscoli erano più tesi di quando si allenava per ore intere in palestra senza sosta. Più si avvicinava alla stanza, più le urla del figlio si amplificavano e la sua preoccupazione accresceva. Arrivata in un batter d'occhio al quarto piano, vide una bambina di circa sei anni seduta per terra nel mezzo del corridoio. Giocava con la sua bambola e non sembrava distogliere lo sguardo da essa, ignorando che ci fosse una donna in preda al panico che la stava osservando. Emma, intenerita dalla sua innocenza, decise di avvicinarsi a lei per chiederle informazioni su Jason e, soprattutto, per riportarla in custodia. <<Ciao piccola. Che ci fai qui tutta sola?>>. Le domandò incuriosita. La bambina sembrava fare come se non ci fosse, continuando a tenere lo sguardo chino sulla sua bambola. Emma insistette: <<Dimmi almeno come ti chiami>>. La bambina alzò lentamente la testa e rispose freddamente: <<Rachel>>. Aveva gli occhi così neri che non si intravedeva neanche un filo di sclera, ed suoi capelli erano di un biondo così acceso che contrastavano con essi. Era così pallida che il colorito della sua pelle si avvicinava a quello della neve, ed era così magra che al di sotto dell'abitino malandato si intravedevano le costole. Aveva i piedi scalzi e sporchi di fango. La somiglianza tra lei e la bambola che teneva in braccio era a dir poco conturbante. <<Vieni, ti porto in camera>>. Le disse Emma. Senza porle troppe domande, la prese per mano. Una sensazione di gelo pervase il suo corpo non appena sfiorò la mano della piccola. Era così fredda che sembrava essere appena uscita da una cella frigorifera,nonostante fosse una giornata piuttosto calda. Passò a porle una domanda banale, alla quale, però, ottenne una risposta alquanto inquietante.
<<Come si chiama la bambola?>> .
<<Rachel>>.
<<L'hai chiamata come te>>.
<<Lei è me>>.Disse la bambina. Ad un tratto puntò gli occhi verso Emma ed iniziò a fissarla. Le sue pupille si allargarono e sul suo volto spuntò un mezzo sorrisetto diabolico. <<Vogliamo giocare io te e Rachel? Ci divertiremo, per sempre, per sempre, per sempre>>. Emma, costernata, lasciò la mano della bambina e corse via. Si voltò di scatto e si rese conto che la piccola era sparita. Aveva tante domande in serbo, ma in quel momento il suo unico pensiero era la salvezza di suo figlio. Giunse dinanzi alla porta della stanza in cui erano rinchiusi i bambini o, almeno, qualsiasi cosa fossero. Sentì il figlio gridare mamma,aiuto, salvami. Cercò di aprire la porta, ma essa chiusa a chiave. Allora provò a sfondarla, ma non aveva abbastanza forza per farcela da sola. Sentì una profonda voce maschile provenire dal fondo del corridoio. Disse: <<Ti aiuto io>>. Era il prete, propenso ad aiutare il piccolo Jason. Grazie alla sua muscolatura possente, sfondò la porta senza nemmeno ricorrere all'aiuto di Emma. In quei pochi istanti in cui il prete apriva la porta, il cuore di Emma batteva così forte che sembrava sul punto di esplodere da un momento all'altro. Non appena aprirono la porta, il piccolo Jason, con gli occhi rossi e gonfi di lacrime, corse subito tra le braccia della madre. Portava dei grossi lividi violacei sulle braccia e sulla gamba un taglio dalla quale sgorgava una grande abbondanza di sangue.Emma si strappò la maglietta e la avvolse subito sulla ferita di Jason per placare l'afflusso del sangue. La stanza era inondata da una puzza di cadavere così forte che provocava il voltastomaco ed era talmente buia che il prete dovette ricorrere all'uso di una torcia per illuminarla . Emma era così incentrata sullo stato del suo bambino che non fece caso all'ambiente circostante. Il prete, invece, girovagava per la stanza,facendo attenzione ad ogni minimo dettaglio. <<Vieni a vedere>> disse il prete ad Emma, facendo luce sui lettini. Su di essi erano stese delle bambole vestite e coperte così accuratamente che sembravano dei bambini veri in attesa della favola della buonanotte. Un brivido percorse la schiena di Emma alla vista di quello scenario alquanto inquietante. Ad un tratto il suo sguardo ricadde su di una bambola in particolare. La prese in braccio con tanta delicatezza che sembrava avesse il timore di svegliarla. Non ci mise poco per realizzare che si trattava esattamente della bambola che teneva in braccio la misteriosa bambina del corridoio. Come ha fatto ad arrivare prima di me, mettere la bambola a letto ed andare via? Come ha fatto ad entrare se la porta era sigillata? Pensò Emma,riponendo la bambola al suo posto e mettendosi le mani tra i folti capelli biondi in segno di nervosismo. <<Chi ti ha provocato queste ferite?>> domandò Emma a suo figlio. <<I bambini con le bambole>> le rispose lui, in preda ad una crisi di panico. <<Non vedo nessun bambino qui>> gli disse il prete. Jason rispose: <<Sono qui e ci stanno osservando>>.Non appena sentì pronunciare quella frase, la vista di Emma iniziò ad appannarsi e la sua testa a girare come non mai. Cercò supporto tentando di aggrapparsi alla spalla del prete per non cadere. Tra i puntini neri che danzavano nei suoi occhi riuscì a percepire la presenza della bambina misteriosa che la osservava tenendo stretta la sua bambola, come se avesse paura che gliela rubassero. Svenne completamente, lasciandosi cadere tra le muscolose braccia del prete.

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L'orfanotrofio delle bambole
HororDopo anni di ricerche, Emma Clarke riesce finalmente ad ottenere lavoro come maestra presso un orfanotrofio sperduto della Georgia, con tanto di vitto e alloggio. Decide di portare con sé il figlio di otto anni Jason, un ragazzino problematico ed in...