Capitolo due

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Capitolo due

Gwen's Pov
Mi beo di quei pochi raggi caldi che trafilano dalle persiane, per quanto Londra possa essere soleggiata. In effetti, il fatto che le precipitazioni meteorologiche a Londra non siano rade, non mi infastidisce più di tanto. Londra è stata sempre così, un po' emotiva. Mi accorgo solo adesso, dopo quattro giorni dal mio arrivo, di quanto ne sentissi la mancanza. Londra e New York sono così diverse, entrambe frenetiche, entrambe fascinose ma in maniera completamente diversa. New York è la tipica metropoli dove gli uomini d'affari corrono da una parte all'altra senza badare a niente e nessuno, dove i venditori ambulanti sono troppo invasivi, dove non troverai mai un po' di pace o non ti godrai mai realmente un caffè senza avere fretta di terminarlo, Londra è tutt'altro. Uno scrittore una volta disse, chi è stanco di Londra, inconsciamente, è stanco della vita. E forse è davvero così.
Mi stringo ancora di più nel lenzuolo, come a volermi proteggere da qualcosa. Effettivamente, affrontare una nuova giornata senza le sue caldi e grandi mani e le sue labbra carnose mi spaventa. Sapere che lui ha preferito del sesso occasionale, a me, mi fa male. Sempre di più. Ma la vergogna che provo nell'essere stata, - nuovamente - tradita è anche maggiore. A 16 anni mi sono ripromessa di non lasciarmi più ingannate, e adesso mi sembra proprio di trovarmi nuovamente sullo stipite della mia casa d'infanzia ad ascoltare le futili scuse del ragazzo a cui avevo affidato anima e corpo. Rivederlo, mi ha ammutolito ancora di più. Qualsiasi cosa fosse, karma, destino o pure coincidenza, mi ha dato un colpo di grazia: come a volermi ricordare quanto stupida fossi stata ad affidare il mio cuore a due degli esemplari più irresponsabili del pianeta. Su 7 miliardi di persone, io dovevo innamorarmi proprio delle due più inadeguate.
Lui è davvero bello, anche più bello di quanto mi ricordassi. Quel viso tondo e incorniciato dai numerosi boccoli era diverso, aveva mutato forma. La pelle morbida, è stata ricoperta da un leggero accenno di barba che lo rende ancora più mascolino. I capelli sono lunghi, fin sopra le orecchie, ma ciò che davvero non è mutato e che, in me, ho sperato non lo facesse, sono gli occhi. Due perle di giada. Quegli occhi, non li troverei da nessun altra parte al mondo. Per quanto ami quel bellissimo verde-azzurro incastonato negli occhi di Finn, niente può competere con quelli di Harold. Oh Harry, come si fa chiamare adesso. La domanda che più ha disturbato i miei pensieri, in questi giorni, è stata "Come faceva Louis a sapere chi fossi?" Che Harry gli abbia parlato di me?
Troppe notizie sono state assimilate in così poco tempo dalla mia mente.
Harry era una pop-star mondiale, facente parte di una boyband chiamati One Direction, della quale anche quel Louis faceva parte, oltre loro due, c'erano anche due o forse tre altri componenti della quale nom conoscevo né nome né aspetto. Harry, dunque, ha avverato il suo sogno, di partecipare a X-Factor. Quando eravamo dei ragazzini, me ne parlava in continuazione, suonava anche in una band con alcuni compagni del Liceo, i White Eskimo, cantavano per eventi perlopiù come balli studenteschi e matrimoni, guadagnavano anche qualcosina a serata. Io ero stata affianco ad Harry in tutto questo, prima come migliore amica, poi come fidanzata. Ero la sua fan numero uno all'epoca, e sapere che adesso devo condividerlo con altre milioni di ragazzine mi infastidisce.
No, impossibile.
Decido di sbucare dal letto quando sento il profumo di uova e bacon che si insinua da sotto la porta della camera. Controllo velocemente il cellulare, ignorando, come ogni giorno, le infinite chiamate da parte del mio ex fidanzato, ma quando ne scorgo una di mia madre e una di mio fratello impallidisco. Loro sono al corrente di tutto?
Ammetto, che ho eclissato la cosa un po' a tutti, a parte che con Jane, non ne ho parlato con nessun altro, forse perché non riesco ad ammettere neanche a me stessa ciò che mi sta succedendo.
Ricompongo il numero di mia madre, deglutendo rumorosamente. Mi schiarisco la voce, ed aspetto che il telefono finisca di squillare.
- Oh mio Dio, Gwen, si può sap- Non le do neanche il tempo di iniziare con il suo interrogatorio da agente della CIA, che la interrompo.
- Sto bene, Regina, sono a Londra a casa di Jane, non sono impazzita e nom ascoltare niente di quello che Finchel ti ha detto. - Lei sospira, sicuramente non è un sospiro di sollievo, qualcosa di più simile a "Sei un disastro e non sei buona a nulla", ma la cosa, intesa da mia madre, non mi spaventa affatto.
- Ti rendi conto di quanto immatura tu sia stata? Ora fai le tue valigie, e torni da tuo marito, smettendola di fare questi capricci da adolescente in fase di ribellione. Non voglio sentire ne se e ne ma! -
Questa volta a sospirare sono io, ma esasperata dalla testardaggine di questa donna.
- Non ho intenzione di tornare da quel figlio di puttana!- Mia madre grida.
- Linguaggio, signorina. Cosa ti passa per la testa?! Quella Jane Foster ha davvero una cattiva influenza su di te! -
Non ho più la forza di ascoltare le lamentele squassanti di mia madre, che interrompo la linea. Ottimo modo per iniziare la giornata, altro che Kellogg's.
Con un grugnito poco femminile, esco dalla stanza raggiungendo la cucina. Jane si muove abilmente tra il piano cottura e l'isolotto della cucina, non posso non sorridere nel vederla così a suo agio. Lei sta benissimo così, e la invidio. È sempre stata indipendente, una ragazza tutta da sé. L'ho conosciuta l'estate dell'ultimo anno di Liceo, quella fase di ribellione, da anfibi e chiodo, e quella voglia matta di viaggiare con un Liberty senza sosta per tutto il Regno Unito. Fortunatamente è durata solo pochi mesi, poi mia madre mi ha riportato sulla retta via. Per quanto retta e giusta fosse. A mia madre non andava a genio Jane, e a Jane non andava a genio mia madre. Secondo Regina, Jane, mi allontanava da tutto quello a cui lei voleva farmi prendere parte: ballo delle debuttanti, ragazzo stabile e di buon rango, Università di legge e ingresso in società. Quello che ho fatto è stato totalmente diverso, mi sono fidanzata con un artista che neanche amavo, ma aveva così tanti tatuaggi da provocare la pelle d'oca a mia madre e questo mi bastava e avanzava, mi sono laureata di Lettere e ho preso la specializzazione in Scrittura Creativa. Sono scappata a New York dove ho lavorato come barista di un pub all'insegna del sesso e rock'n'roll, dove sono stata vittima di ripetute avances da parte di ultra cinquantenni e ho rischiato di rimanere chiusa con uno di loro in un bagno pubblico, fino a che non l'ho allontanato con del deodorante spray e spruzzata di Dolce&Gabbana Light Blue. Ma poi ho conosciuto Finchel, e la natura ha ricambiato il suo corso. Stavo pian piano rimutando nella dolce ragazzina che mia madre aveva cresciuto, quella succube e antisociale. Poi Finchel ha distrutto tutto, e adesso sono qui. A fissare la mia migliore amica che si sbraccia per farmi fare un sorriso, ed io neanche la ringrazio.
Mi siedo sullo sgabello, inebriando i miei sensi con il profumo della colazione appena fatta.
- Ho sentito delle grida, tutto bene? - Mi domanda, mentre sbatte le uova nella terrina sotto il mio naso.
- Per quanto "Regina" e "bene" possano stare nella stessa frase, sì. - Lei mi guarda di sottecchi, ma posso cogliere la sua sorpresa. E immagino già quello che starà per chiedermi. - No, se te lo stai chiedendo, Finchel ha pensato bene di fare una chiamata a casa mia.- Lei tossisce, mascherando qualche insulto poco civile persino per una come lei.
- Cosa ti ha detto? - deposita le uova nel mio piatto, avvicinandomi il pane e il mio caffè nero. Io ne prendo un sorso, scottandomi malamente la lingua, ed inizio ad assaporare la mia pietanza.
- Lei sostiene che io debba strisciare indietro da lui e sposarlo - la mia amica ride sguaiatamente, ed io non posso fare a meno di mugugnare in approvazione.
- Anche se poi dovrò farlo, ho lasciato gran parte delle mie cose lì - aggiungo, tra un boccone e l'altro.
- Manderemo qualcuno, per niente al mondo ti faccio tornare laggiù, ora che sei qua, niente e nessuno ti porterà via, dobbiamo recuperare quattro anni di avventure! - Mi strizza l'occhio come una che da l'aria di saperne una più del diavolo, e non me ne preoccupo perché Jane ha pienamente ragione, e questo potrebbe essere fruttuoso per il mio imminente libro.
Il telefono vibra sopra il tavolo, io prontamente lo afferro e rispondo.
- Pronto? - l'interlocutore risponde, ed io rimango sorpresa.
- Gwinny? -
- Sean? - il ragazzo afferma la mia ipotesi con un "mh-mh", ed io impreco mentalmente per aver alzato la cornetta.
- Mi ha chiamato la mamma, mi ha raccontato tutto e.. -
- Fammi indovinare, vuole che tu mi convinca con i tuoi attributi da affascinante fratello maggiore per far sì che io torni da lui? - Lui ripete quel verso di approvazione.
- E dunque? - Domando, con una punta di acidità eccessiva.
- Non ti azzardare a farlo, perché potrei realmente spaccare il culo a quel frocetto - ringhia, contrariato.
Io sorrido sorniona, felice che mio fratello sia l'unico della famiglia a capirmi realmente, insieme a mio padre.
- E comunque potevi avvisarmi che sei in città, l'ho saputo da Holmes Chapel, l'ha saputo persino zia May, e la signora Blanchett, e tu non hai degnato tuo fratello di una chiamata. -
- Penso che Jane sia più portata per queste cose, insomma, non ti ci vedo a guardare film strappalacrime con del gelato alla vaniglia e dei fazzolettini pluristratificati, ad abbracciarmi e dirmi che non sa cosa si è perso.. - La sua risata esplode dall'altro lato della cornetta.
- Sai, Gwen, il senso dell'humor è una cosa che non ti è mai mancata, anche in queste situazioni scomode.. Comunque, sai, la tua camera è intatta, mai utilizzata e arredata. Potresti venire a stare da me, lo preferirei, sai.. Sarei più tranquillo.
- È buffo come tu ancora mi tratti come se avessi 13 anni quando ne ho 24, ma ti ringrazio, sei anche fin troppo apprensivo. Ci penserò, per ora sono da Jane.
Lui sospirò.
- Sai potremmo vederci, o qualcosa del genere? Anche per parlare del fatto che la tua prima cotta è diventata una star plurimilionaria?
Ridacchio divertita.
- È mai possibile che tutti sapessero questa cosa tranne me? Dio, è frustrante!
- Ora devo staccare, c'è un casino al bar. Ti richiamo il prima possibile, ciao Gwinny.
Sospiro sollevata di poter interrompere quella chiamata, ma da una parte anche felice che mio fratello sia ancora così premuroso nei miei confronti.
Non so come sentirmi, adesso che la mia famiglia è al corrente di tutto. Jane mi guarda, mentre gioca con il suo cibo nel piatto e si arrotola una ciocca di capelli tra le dita.
Quando la guardo, colgo subito l'essenza del suo sguardo, precisamente denominata come Sean.
- Oh no, no! Non ci pensare neanche, non voglio neanche ascoltarti! - inveisco.
Lei strabuzza gli occhi, le sue guance si colorano di un rosa tenue e un sorrisetto malizioso da se solo sapessi cosa abbiamo fatto si impadronisce del suo viso. Il solo pensiero della mia migliore amica e mio fratello intimi mi sconquassa.
- Oh, dai avanti Gwen! È successo solo un paio di volte, giuro! E poi tuo fratello è un gran fusto, insomma, quei bicipiti così gross- la interrompo prima che le sue parole si infiltrino nei miei pensieri, concretizzandosi.
- Oh mio Dio, no! Che schifo! Non ti sento! Ah! - mi tappo le orecchie schifata e corro via dalla stanza, con l'immagine di mio fratello e i suoi bicipiti.
Lei mi segue a ruota, ridendo divertita e continuando a elogiare il fisico scolpito di quello che dovrebbe essere sangue del mio sangue.

*****
- Senti, io... C'è una cosa che vorrei chiederti..- mio fratello alza lo sguardo dalla sua birra bionda, e mi guarda con uno sguardo indecifrabile.
- Mi spaventi, ma avanti, chiedi pure - prende un lungo sorso dalla sua birra, e mi sembra quasi che trattenga il respiro in preparazione ad un imminente esplosione.
- Sei stato a letto con Jane mentre io ero via? Sincero! -
Gli sorrido maliziosa, istigandolo a parlare.
- Cosa? Te l'ha detto lei? -
Le scene di questa mattina si insinuano nei miei pensieri e mi fanno sorridere per lo strano svolgimento dei fatti con la quale la mia migliore amica mi ha confessato di essere stata un'amica con benefici di mio fratello. La cosa non mi disturba, ma sono solo preoccupata di poter assistere a qualcosa che non sarebbe assolutamente di mio gradimento, che sarebbe meglio prevenire.
- Rispondi, Sonny - Lo incito tirandogli degli strani buffetti sulla spalla.
- Ugh, okay, okay. Sei così invadente. Sì, un paio di volte, niente coinvolgimenti emotivi. Solo buon sesso -
L'aveva ammesso apertamente.
- Si, dicono tutti così. Poi si innamorano. - lo scimmiottai e lui fece una smorfia disgustata dal solo sentirne parlare.
Mio fratello ha avvolto il suo cuore nella carta stagnola e l'ha sigillato da un bel po'. Il fatto che ha sofferto a causa di questo è un fattore che lo determina. Io, nonostante le mie delusioni sentimentali, non ho ancora capito se l'amore c'é o non c'é.
- Quelle sono cose per te, che cerchi ancora il principe azzurro mentre tutto quello che hai ricevuto è stato-
Assottiglio lo sguardo e digrigno i denti. Ha capito che non deve continuare questo discorso che sta arenando da tutt'altra parte.
- Scusami, mi passa per la testa. Insomma, lui è stato un coglione, ed io sono qui per te quando ne hai bisogno. Te l'ho già detto e spero vivamente che tu accetti la mia proposta di venire a vivere da me. Primrose Hill è una delle zone più belle di Londra, potresti ricevere un po' di ispirazione per il tuo libro. Sono un ottima musa. -
Sospiro, e mi sento pressata. In effetti, sto valutando questa idea attentamente da questa mattina presto, quando me me ha parlato. Sono pronta a cominciare un altra vita che non sia nel mio loft nell'Upper Side con l'uomo che credevo mi amasse e con il quale avrei passato il resto della mia vita?
Devo dare una svolta, ma ne sono davvero convinta?
L'impulsività è tutto ciò che mi balena per la testa, momentaneamente dunque: - Okay - lui mi guarda, mentre tiene la porta del locale per uscirne.
- Okay?- un cipiglio si fa spazio sul suo volto candido.
- Accetto. - lui sorride e fa una cosa che non fa quasi mai, mi stringe a sé in un abbraccio. Un caldo abbraccio fraterno che mi porta ai tempi felici, quelli spensierati da ragazzina senza nessun peso sulle spalle. Dalla ragazzina che viveva le notti in bianco fuori casa, concerto dopo concerto, club per gente altolocata e feste alcoliche. Quella liceale che sognava di realizzarsi, di diventare qualcosa e che adesso non sa più dove o come muoversi.
- Mi sei mancata, Gwen. -
Lo stringo ancora di più a me, sperando che questo momento di spensieratezza duri per sempre.

****
Ecco a voi il secondo capitolo, se ho tempo cerco di rileggerlo prima di andare a dormire.
Oggi ci sono i ragazzi in tv, yay! Comunque, spero vi piaccia, votate e commentate, vi prego.
🙏😺

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