Capitolo sei

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Harry's Pov

Non ho idea di come sia successo, né del perché, ma so che in qualche modo è successo.
Affiatato corro per i corridoi della Sony, reggendomi con una mano i jeans che minacciano di cadermi ai piedi da un momento all'altro. I capelli grondano, bagnati dal temporale che si sta svolgendo al di fuori di questo palazzo.
Sono seriamente spaventato, mentre guardo la targhetta con sopra inciso in nome del mio manager. Senza neanche preoccuparmi di bussare, entro nel suo ufficio, ricevendo uno dei suoi famosi sguardi, che potrebbero far sciogliere un ghiacciolo. E non nel senso smielato in cui tutti i quattordicenni descrivono il proprio cuoricino alla prima cotta.

Era un po' quando al liceo venivo convocato nell'ufficio del preside per aver imbrattato il pranzo del professore di Trigonometria di colla vinilica, se non fosse perché ha dovuto subire una lavanda gastrica, il preside Monroe non mi avrebbe sicuramente sospeso con obbligo di frequenza.
Paul è piuttosto su di giri stamattina, e spero vivamente che questo non si contorca su di me.

"Sei in ritardo di un ora, Harry. Devo ricordarti la prassi?" Come fa a sembrare così relativamente calmo quando in realtà è incazzato come una belva? Deve avere un grande temperamento.
"Non succederà più, Paul."
"Oh, certo che no." Lo guardo armeggiare frenetico una pila immensa di documenti, dopo uno sbuffo esasperato punta i suoi occhi nei miei, assottigliandoli. "Adesso vedi di muoverti, Boyd vi sta aspettando in auto. I tuoi colleghi ti spiegheranno tutto."

Mi limito ad annuire con il capo, e guardo le facce ammutolite dei miei 'colleghi' rimproverarmi senza neanche l'uso della parola, Liam scuote la testa in segno di disapprovazione, e vedendomi imbambolato mi trascina dalla manica della felpa, portandomi fuori dallo studio.

"E, Harry!" Mi richiama Paul, io faccio retromarcia, facendo sbucare la mia testa nel suo ufficio.
"Prendi un qualsiasi medicinale che ti faccia passare questa sbornia, sembra che un tir ti abbia investito a 150 kilometri orari." Roteo gli occhi, e con un gesto da tenente raggiungo i restanti componenti della band.

Il fatto che io stamattina mi sia svegliato in un letto sconosciuto di una casa a me ignota non giustifica la sbronza epica di ieri sera, l'unica cosa che ricordo sono dei lunghi capelli biondi e delle labbra umide, e al solo pensiero di quello che quelle labbra hanno probabilmente fatto su di me mi fa venire la pelle d'oca.

Quando entro nel van, Liam mi riempie le mani con dei foglietti prestampati con sopra scarabocchiato il mio nome in stampatello. A volte mi sembra di vivere una fottuta commedia, ogni cosa che dico o ammetto davanti alla stampa deve essere prima approvata e controllata dai piani alti, o non se ne parla neanche.

"Rilasceremo un'intervista a Cosmopolitan per la biografia." Mi avvisa Liam.
"Intervista radio?" Louis scuote impercettibilmente la testa, "No, più.. personale. Un intervista vecchio stile, hanno pensato che fosse meno stressante. E poi avremo un servizio fotografico."
I servizi fotografici erano stancanti, c'è da ammetterlo, ma mai quanto un intervista televisiva. Il fatto è che devi essere molto cauto e maturo, devi stare attento a ciò che riveli ai massmedia, perché potrebbero estorcere dei significati nascosti che nessun altro va a cogliere. Del tipo, se io anche dicessi "preferisco i cheesburger ai chicken's wings" loro comunque capirebbero "a Harry Styles piace il McDonald's ma odia KFC", un po' come con le ragazze "preferisco le bionde alle more" loro scriverebbero "Harry Styles esce con Cara Delevingne", è stressante. Lo è, parecchio.
Neanche il tempo di riflettere, che le porte scorrevoli mi invitano nel mondo di Cosmo, ricco di persone frenetiche e troppo stressate. I giornalisti non fanno per me, forse perché ne vedo troppi tutti i giorni, ma il giornalista è un essere vile, privo di principi, che è pronto a calpestare chiunque per ottenere i suoi scoop. Certo, forse questo è un po' il giornalista del Sun, ma qua a Cosmo è un po' diverso. Rilascio volentieri interviste per Cosmo, Vogue o Vanity Fair, non che io ci capisca qualcosa di moda vera e propria, ma le mie risposte sembrano soddisfacenti, e racconto un sacco di cazzate che sembrano rallegrare le intervistatrici.
Un ragazzo dalla dubbia sessualità ci conduce per l'ascensore, civettando con Louis senza sosta, considerandolo un po' uno di loro. Che la virilità di Louis sia spesso messa in dubbio è forse vero, è infatti capitato più volte che venisse assalito da branchi di omosessuali. Sembrava affascinarli tutti, e io non riesco ancora capire il perché o il come. Io solitamente li respingo, ma la cosa non mi dispiace, anzi. Non che sia omofobo o qualche cazzata del genere, solo che non sarei in grado di non lasciar trasparire i miei pregiudizi nei loro confronti.
"Arizona vi sta aspettando nel suo studio, la giornalista che abbiamo scelto è una delle migliori sul campo, ha una sua rubrica personale e viene dritta dagli States, è qui a Londra da poco e Arizona è molto pignola nei suoi confronti," Jimmy o Justin spiegava a Louis qualcosa impropriamente disinteressante mentre io non vedo l'ora che questo viaggio in ascensore giunga al termine.
"Jeremy!" Ah, ecco il suo vero nome.
Arizona Ross non mi è mai sembrata così fuori di sé, sembra proprio su di giri e mi chiedo se non sia io che porto questo malumore in ogni ufficio in cui metto piede.
"Chiama quella sciagurata e dalle un ultimatum: se non arriva entro 7 minuti la rispedisco a New York a studiare pubbliche relazioni!" Quello che dovrebbe essere Jeremy è abbastanza spaventato da comporre il numero della sciagurata in velocità record. No, i giornalisti non mi piacciono affatto.

Same Mistakes (H.S)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora