Capitolo cinque

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Capitolo cinque

- Se non rispondi a quel cazzo di telefono giuro che ti ammazzo! -

Mi rigiro nel letto, ignorando mio fratello che sta per buttare giù la mia porta, ma non ha tutti i torti, è dalle sette di stamattina che il mio telefono non fa altro che squillare, ed io tento di ignorarlo ma evidentemente non serve più di tanto. Non mi sono preoccupata nemmeno di guardare il mittente di tutte queste chiamate, poiché sono quasi sicura che l'artefice sia al 90% quel rincoglionito del mio ex. Ma, quell'altro dieci percento? Sbuffando sonoramente, sperando che mio fratello mi senta, esco fuori da quel groviglio di coperte nella quale ero infilata, e afferro il mio telefono dal comò. 27 chiamate perse, 10 messaggi in segreteria, 17 sms. Conosco solo una persona così fottutamente ostinata, ed è proprio colei che mi sta richiamando tutt'ora.

- Gwen Morrison, si può sapere che diamine stai cercando di fare? -

La sua voce esplode come una granata dall'altra parte della cornetta, tanto che devo allontanarla dal mio orecchio per paura che mi perfori un timpano. Provo ad aprir bocca, ma a una velocità innaturale, inizia il suo monologo, anzi soliloquio, come lo chiamerebbe William.

- È da una settimana che ti cerco, ho pensato che fossi in qualche paese esotico dell'Asia occidentale a goderti la tua luna di miele con il tuo maritino, ma appena l'ho visto mi sono resa conto che tu avessi realmente espatriato. Cosa cavolo pensavi di fare? Sfuggire a me? -

In effetti, fino a una settimana fa non sarei tornata a Londra per nulla al mondo, ma ora come ora, sono disposta a non tornare a New York, o almeno non prima dell'Apocalisse. Ho chiamato Sebastian, il mio autista, e l'ho incaricato di impacchettare tutte le mie cose dalle 10 alle 14, in modo che non dovesse incontrare Finchel ed essere sottoposto ad un fastidioso terzo grado, adesso, le mie cose impacchettate erano state spedite e sarebbero arrivate da un momento all'altro, con tutti i fatti accaduti in questa ultima settimana, ho trascurato completamente il lavoro, e non biasimo di certo Arizona per essere così fuori di sé, anche se lei è sempre fuori di sé.

- Scusami, Arizona, è che ho agito senza riflettere, mi dispiace, e se vuoi licenziarmi sono pronta a subirne le conseguenze, tanto peggio di così non potrebbe andare.. -

Singhiozzo, disperatamente.

- Licenziarti? Non essere melodrammatica, Morrison, piuttosto metti qualcosa di decente addosso, depilati le gambe e porta con te il tuo curriculum, ci incontriamo a Leicester Square in meno di un ora e mezza, ho delle ottime notizie per te!

Il mondo sta girando ad una velocità innaturale, un po' come la mia testa: non sono licenziata dopo essere scappata come una fuggitiva ricercata dall'FBI? Beh, fico!

- Io.. sì, certo. A tra poco Arizona - Lei sospira urlando qualcosa a Jeremy, il suo disgraziato assistente, e riattacca senza proferire verbo.

Non posso fare a meno di contenermi dall'eccitazione, sto saltando sul letto e urlando come una bambina la mattina del 25 Dicembre.

Com'è che si dice? Dopo la tempesta c'è sempre l'arcobaleno? Non so se è una citazione veritiera, o è soltanto un altra di quelle frasi che trovi nei cioccolatini, ma per il momento decido di godermi questa ventata di positività improvvisa.

L'espressione confusa di Sean si fa largo nella mia visuale, quando smetto di saltare in biancheria intima e mi ricompongo.

- Perché sei così felice stamattina? -

Io sorrido maliziosamente, e corro verso di lui.

- Oh Sonny tra le stelle, se solo sapessi! Tua sorella è ancora una redattrice, una giornalista in carriera, tua sorella, la qui presente, ha ancora il suo amabile lavoro! Proprio qua, a Londra! - Lui mi guarda sospettoso e un fastidioso cipiglio si impossessa del suo viso ligneo.

Same Mistakes (H.S)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora