capitolo 1

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Ricordo perfettamente il giorno in cui incontrai i suoi occhi per la prima volta: un semplice sguardo dal ponte del modesto paesino in cui abito, due perle di ghiaccio nel (c/o) dei miei occhi che dal basso ricambiarono quel fugace gesto. Incrociai il suo viso per sbaglio dopo aver percorso gran parte della strada che attraversavo di corsa ogni mattina, come da allenamento. Quando mi accorsi della sua presenza sulla struttura al di sopra del corso d'acqua, egli già mi osservava, ebbi il tempo di replicare la sua azione solo per pochi istanti, poi si voltò senza alcuna espressione in volto e se ne andò.

Non mi sarei mai aspettata di rivedere i suoi occhi vividi sul podio della finale del Grand Prix*¹, a separare i nostri sguardi questa volta però era lo schermo del mio portatile con la trasmissione in diretta della gara.
Sospirai, a mia madre non piace seguire le competizioni di pattinaggio artistico o almeno un tempo le piaceva, un tempo prima di quell'incidente.
Fissai il soffitto della mia camera sdraiata sul mio letto sfatto, nelle orecchie ancora gli auricolari con la voce esaltata del telecronista della gara, pronunciò per l'ennesima volta il nome del vincitore seguito da uno scroscio di applausi e ciò attirò la mia attenzione.
-"Yuri... Plisetsky eh?"- ripetei quel nome continuando ad osservare con la coda dell'occhio la trasmissione dal mio computer posto a lato del mio viso.
Avevo già sentito non poco di questo ragazzo, numerose vittorie lo seguivano prima di questa e a soli 15 anni aveva già tutte le carte in regola per diventare uno dei più grandi pattinatori al mondo; osservando il viso sorridente del ragazzo dai capelli biondo platino non potei fare a meno di pensare che fosse molto carino e a quel pensiero mi coprii il viso con l'avambraccio.
- Uno così qui... - dissi a me stessa nel silenzio della mia stanza.

Protesi il braccio in aria nel tentativo di afferrare qualcosa di invisibile agli occhi; - Arrivare al Grand Prix... chissà se ne sarei capace... -
Pensai a quante possibilità avrei avuto di partecipare ad una competizione di tale importanza e mi resi conto che ora come ora mi sarebbe stato impossibile anche solo avvicinarmi ad una pista di pattinaggio con il consenso di mia madre. Avevo raccolto una modesta serie di podi in gare di poco conto ma sufficienti da permettermi di guadagnare il titolo di pattinatrice certificata, posizione che però da un anno a questa parte mi è totalmente inutile poichè mia madre mi vieta di pattinare... la stessa donna che un tempo di primi posti ne ottenne a valanghe.
Mi lasciai sfuggire una risatina a denti stretti colma di malinconia.
- Che ironia eh? -

Un fievole miagolio mi risvegliò dai miei pensieri, mi raddrizzai seduta a gambe incrociate fissando la finestra di camera mia che dava sul lato della casa, Poppo, il gattone grigio che era solito venire a trovarmi per uno spuntino, sostava sul davanzale ondeggiando la coda e fissandomi con la sua classica espressione di disapprovazione
- Ehi Poppo, sei un po' in ritardo per la merenda. -
Mi protesi per prendere in braccio l'animale che non si mosse di un millimetro e solo quando lo ebbi tra le braccia mi accorsi di quando pesante fosse.
- Stai ingrassando parecchio eh. -
Si liberò dalla mia presa quasi infastidito dal mio commento e con flemma scese dal mio letto e si andò a sistemare sulla poltroncina nell'angolo della camera.
- Ciccione. -
Gli feci la linguaccia e riportai lo sguardo sulla mia finestra: anche se la visuale era semi-coperta dai rami dell'albero di pesco vicino casa, riuscivo comunque ad intravedere il famoso ponte sotto il quale passava il ruscello in parte ghiacciato dalle fredde temperature di dicembre, sospirai ancora e chiusi gl'occhi.

- E dunque termina così un'altra stagione. - dissi alludendo alla competizione di pattinaggio.

"Mh... chissà che sta facendo ora la mamma?"

Presi un bel respiro e annusai l'aria sentendo un forte odore speziato, quel profumo così invitante oltre al deliziarmi le narici mi diede la forza di alzarmi dal mio letto con determinazione; ritirai il mio computer e in tutta fretta mi infilai i leggings termici e una maglia coprendo il tutto con il mio giaccone di almeno tre taglie più grande e il caldo sciarpone bianco latte.
- Sorveglia il forte capitano! - dalla soglia della porta salutai a mò di soldato il gattone addormentato che non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Infilai di corsa le scarpe da ginnastica e per poco non inciampai per le scale diretta al piano inferiore della casa. Giunta sul luogo la mia mente si riempì del "magico" odore del ramen di carne proveniente dalla cucina del locale. Quando io, nonna Lora e la mamma ci trasferimmo ad Hasetsu circa due anni fa, quest'ultima decise di aprire un ristorante giappo-russo che univa entrambe le culture sul cibo; anche se la cittadina è poco abitata e il nostro locale non ottiene il successo sperato, è comunque un posto accogliente e dai toni caldi.
i pavimenti sono in legno scuro così come il bancone che occupa gran parte della piccola sala illuminata da lanterne di carta. L'aria stessa da l'idea di qualcosa di familiare.
Percorsi il piccolo tratto tra le scale e il retro del bancone passando davanti alla cucina.
Sbirciai al suo interno ma non vidi nient'altro oltre alle innumerevoli padelle luccicanti appese ai ganci del medesimo colore, il tavolone di metallo al centro della stanza e l'enorme pentolone ricolmo di bontà posto sui fornelli.
"No mamma in vista" pensai.

Raggiunsi il lavabo dietro il banco ristorante per un bicchiere d'acqua e incrociai lo sguardo sorridente di nonna Lora intenta a spazzare il pavimento; preventivamente lei, me ne aveva già preparato uno.

- Grazie nonna! - bevvi tutto d'un fiato.
- Sapevo saresti scesa prima o poi, non riesci proprio a farne a meno di andare al palazzetto eh? dai dimmi, chi ha vinto? Voglio saperlo, voglio saperlo! - disse la simpatica vecchina; era una donna parecchio bassa - avrò preso da lei - e dava l'impressione di essere una signora gracile e indifesa, tutt'altra persona invece si celava dietro quel viso toccato dai segni del tempo, è solo grazie a lei se mi è ancora possibili frequentare la pista di pattinaggio locale, è la mia complice e trova sempre un modo per nascondere a mia madre i miei "peccati". Fu inoltre una seconda madre che mi crebbe con l'amore che mia madre, pur troppo, non ebbe il tempo di darmi, ma non gliene faccio una colpa.

- Un certo 'coso' Plisetsky. -
- Uh sì! È davvero una stella quel ragazzino! Ho persino saputo che il suo programma l'ha ideato qui ad Hasetsu insieme al campione Nikiforov, che emozione! - disse lei con un bagliore negl'occhi.
- Avresti dovuto andare da lui e fargli vedere ciò di cui sei capace! Sono sicura che sul ghiaccio fai le stesse scintille di quel ragazzetto biondo! -
- Ah ah, - mossi la testa in segno di negazione - poi con la mamma? -
- Che torni pure in cucina a fare il brodo! Mia figlia non può tenere a bada la mia nipotina ancora a lungo. - mi fece un occhiolino e spazzando ai miei piedi con la scopa mi incoraggiò ad andare.

- Dove te ne vai a quest'ora? -
Poco prima di varcare l'entrata in legno un tono severo raggiunse le mie orecchie.

"Troppo tardi."

Mi voltai lentamente con fare inquieto e poco distante, proprio all'ingresso della sala ristorante si stagliava un'alta figura: una donna dai lunghi capelli rosso ramato saldamente legati da una coda bassa alle sue spalle, solamente un valoroso ciuffo sfuggiva alla sua presa e le ricadeva sulla fronte andando a sfiorare la guancia destra. Pelle bianca come la porcellana marcata da delle leggere occhiaie, non una ruga in più, solo un piccolo neo a sinistra del labbro inferiore. Due occhi neri come la pece, mi scrutava con la severità del suo sguardo felino.

Mia madre. La signora Raynova.
"La piuma dei ghiacci".

Si avvicinò a me zoppicante con l'aiuto del suo bastone di legno scuro, incuteva timore anche in quello stato.

Cercai al più presto una scusa valida - A trovare Futaba, vado ad aiutarla con la coreografia. - inventai sul momento ma proprio in quell'istante un'altra figura snella fece capolino nel locale proprio alle miei spalle: alta almeno un metro e settanta, capelli castani come gli occhi e un taglio parecchio corto contornato da una simpatica frangetta, portava uno scatolone tra le mani.

- Ehi ehi (t/n)! -

"Cazzo."

- Come puoi vedere oggi Futaba è di turno. - rispose fredda mia madre poggiando una mano sul fianco.
In quel momento la ragazza alle miei spalle non capì immediatamente cosa stesse succedendo ma non appena notata la mia occhiataccia arrivò alla conclusione più ovvia.
- E allora perchè non passi al supermercato giacché sei vestita? - intervenì nonna Lora. Quella donna è magica!
- Eh? Ah c-certo! - risposi più convinta che mai.

In risposta ottenni lo sguardo poco convinto di mia madre ma prima che potesse proferire parole mi affrettai ad uscire.
- Io vado o si fa tardi! -
Con la voce di Futaba che in lontananza mi urlava di stare attenta corsi in tutta fretta il viale fino alla strada che porta al ponte dove, in pochi minuti, avrei raggiunto il palazzetto del ghiaccio.

Finalmente il mio momento è arrivato, ciò che aspetto ogni volta più della precedente.
Sto arrivando!
Sorrisi al pensiero di ciò che a momenti avrei provato.

"Penso proprio di dover passare al supermercato dopo!"

Nota Autrice:
Primissimo capitolo decisamente noioso, a seguire ne prometto di più interessanti poichè questo si trattava maggiormente di un imput, procedendo verrano chiariti dubbi e dettagli, spero solamente vi sia piaciuto, in caso contrario posso solo assicurarvi che col tempo andrà meglio ;)

*¹ - Competizione di pattinaggio artistico a livello mondiale, si svolge tra il mese di ottobre e dicembre;

《CIÒ CHE SIAMO》yuri x readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora