Madhouse. (Parte 2)

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Luke's pov.

È un angelo.

Deve esserlo, anche se è venuto dall'inferno.

Mi sforzo di mostrarmi contento per il suo piano ma so che non lo fermeranno. Non hanno mai fermato una seduta.

Mi sta parlando di tutta la sua vita ed io, a mia volta, gli racconto di com'era la mia vita prima di finire qui.

Sono figlio di un generale delle armate americane e per questo mi trattano come paziente "d'élite".

In pratica non possono avere ancora la completa libertà di friggermi il cervello, non che ci manchi molto.

Parliamo in queste tre ore e ,sopratutto, ci guardiamo.

Il dottor Irwin, puntualissimo, bussa alla porta, non che ce ne sia bisogno, è chiusa dall'esterno, e Michael si alza dallo sgabello vicino al mio letto per accostarsi alla porta.

Dicono poche frasi concitate che io non riesco a comprenderle totalmente e si avvicinano al letto.

-Il Signor Clifford mi ha informato del fatto che tu desideri uscire dalla struttura , periodicamente, per poter camminare e prendere luce, giusto? - lo dice in un test esco maldestramente arrangiato ed il mio sguardo si scontra con quello di Michael in segno di velato scherno.

Annuisco alla domanda del dottor Irwin e Michael interviene:

-Mi pagano per fare la guardia non il badante.- è duro, è sembra dannatamente vero.

-Vedremo signor Clifford, a seconda del comportamento di 59.-

Michael fa segno di sì con la testa, sembra scocciato.

'Sta recitando. Sta recitando!' Mi ripeto mentalmente, non posso smettere di crederci, lui è la mia unica possibilità.

Lo guardo mentre il dottor Irwin chiama la sua assistente e io mi lascio sfuggire un sommesso mugolio mentre Michael sgrana leggermente gli occhi alla vista di una mostruosa siringa.

'È arrivato il momento...'

Io continuo a guardare il mio angelo, non voglio che mi veda così.

Irwin ordina a Michael di tenermi fermo al lettino mentre io mi ribello dentro la camicia di forza urlando inutilmente.

Ogni sforzo è inutile.

La dottoressa mi solleva il mento e infila l'ago della siringa dentro la vena mentre il liquido in essa contenuto si riversa dentro il mio corpo.

Brucia come se mi stessero dando fuoco dall'interno e delle lacrime minacciano di uscire mentre sento il mondo sfumare, le palpebre si fanno pesanti e smetto di ribellarmi.

...

Mi risveglio.

Sono passate ore? Minuti? Giorni?

Non saprei dirlo, l'unica cosa di cui sono certo è che non sono più dov'ero prima.

Un penetrante odore di muffa mi invade le narici.

I sotterranei.

È una stanza abbastanza grande e il letto dove sono steso si trova esattamente al centro.

Ho ancora la camicia di forza,e in più spesse cinture mi tengono bloccato al letto.

Vedo Michael, è in piedi, frontalmente a me, a separarci c'è il letto.

Ci sono vari medici oltre al dottor Irwin, in questo momento sento riaffiorare quella cosa che ormai mi accompagna ogni giorno che sono qui.

La paura.

Mi mettono un pezzo di plastica tra i denti, cerco di mordere la mano dell'infermiera che mi colpisce con uno schiaffo.

-Animale!- dice.

Non sei tu quella che sta legata ad un letto.

Non sei tu quella che tutti hanno condannato.

Non sei tu quella che si sorbisce crisi epilettiche tutte le settimane.

Non sono io il mostro, l'animale . Sei tu.

Sento qualcuno impiastricciarmi le tempie con una crema, mi hanno spiegato che serve a non far rimanere scottature.

Posizionano gli elettrodi e io vorrei poter stringere le mani su qualcosa, qualunque cosa.

Inizio a respirare affannosamente.

La prima scarica.

Cerco di urlare, ho bisogno di stringere le mani a qualcosa. Devo liberare le braccia, provo a separarle ma c'è la camicia ad impedirmelo.

Seconda scarica.

Inarco la schiena. Ho cominciato a piangere, non voglio farlo ma non riesco a bloccare le lacrime. Singhiozzo.

Terza scarica.

Inizio ad avere le crisi epilettiche che i medici tanto ambivano. Sento dell'umido fuoriuscirmi dalla bocca, probabilmente è schiuma. Non riesco ad avere controllo del mio corpo, in breve perdo coscienza di quello che mi stanno facendo.

Sento le scariche, continue. Perdo conoscenza con tutto quello che mi circonda. Esistiamo solo io e il dolore.

Per un breve raptus di tempo riesco a concepire quello che sta succedendo, mi sento urlare, percepisco il sudore che infradicia i miei vestiti, le lacrime che non la smettono di uscire dai miei occhi.

Sembra non finire mai.

E, se non finisse mai?

...

Mi sveglio.

Sono morto?

Sono di nuovo nella mia stanza.

Non ho la camicia, solo i piedi sono legati, e mi godo questo raro momento di modesta libertà.

Gli occhi mi bruciano terribilmente.

Forse sarebbe meglio essere morto.

...

Mi portano in un bagno dove mi concedono di lavarmi.

È una doccia fredda e breve ma almeno sono pulito.

Mi guardo allo specchio, sono orribilmente magro e i capelli mi arrivano ormai fino alle spalle. Gli occhi sono gonfi e rossissimi e le occhiaie ancora più profonde e scure.

Non sarò un mostro ma di sicuro ne ho l'aspetto.

Mi fanno tornare nella stanza.

Sono talmente intontito che non si prendono nemmeno la briga di legarmi.

Spero di vedere Michael.

Accade questo stesso pomeriggio.

Mi sta salvando, mi sta salvando da questa vita.

Credo di sentire una strana sensazione allo stomaco?

Credo di, di essere innamorato.

Sweet. Horror. Muke.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora