Madhouse. (Parte 5)

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Michael's pov.

Mi sveglio, le membra intorpidite dal sonno. Vedo il viso di Luke schiacciato sul mio petto, sembra più vivo di quando l'ho conosciuto. Ha un sorriso che non gli avevo mai visto prima sul volto e questa cosa mi riempie il cuore di una felicità che non mi sarei mai immaginato di poter provare ancora. Guardo l'orologio e so di doverlo svegliare. Cerco di farlo nel modo più lento possibile, vedendo pian piano i suoi chiarissimi occhi aprirsi e sorridermi. Decido di andare in bagno prima di lui. Guardandomi allo specchio non vedo più la stessa persona. Non vedo quella distrutta dalla guerra e dai campi di concentramento. Non vedo quella abbattuta nel vedere l'unica persona che mi capisce, e che ora so di amare, abbattuta nei modi più orribili inventati dal genere umano. Mi vedo felice. So che fino a quando starò con lui lo sarò. Lo lascio andare in bagno e ridendo penso che ce ne siano più di uno nella stanza, eppure noi abbiamo preferito darci il cambio, condividerlo. È un pensiero abbastanza stupido ma mi piace.

Ci vestiamo velocemente e prima di uscire dalla stanza ci diamo un soffice bacio sulle labbra. Sappiamo che, a malincuore, per il resto della giornata dovremmo far finta di odiarci e lo accettiamo.

Troviamo una vecchia Ford con autista, con mia grande sorpresa c'è il padre di Luke ad aspettarci. È seduto su un sedile posteriore così decido di mettermi davanti, mentre mi allontano vedo il mio biondino implorarmi di non farlo. Scuoto piano la testa e lui capisce, mi fa un sorriso triste. Il tempo sembra non trascorrere mai mentre percorriamo le strade della città, il signor Hemmings parla sottovoce con suo figlio e io scambio distrattamente qualche parola con l'autista. A un certo punto l'auto si ferma, siamo di fronte ai cancelli di un'istituto, penso che vi studi il fratello di Luke. Scendono mentre io rimango in auto, c'è un silenzio assordante. Quando tornano vedo il volto del mio ragazzo sfigurato, ha un occhio nero e il labbro spaccato, gli occhi non sono più quelli di stamattina.

"Ho parlato con i dottori. Pensiamo che la lobotomia sia la soluzione più efficace e duratura poi potrai uscire e ti porterò con me a Shanghai."

No. Non a lui. Vedo gli occhi di Luke sgranarsi. Cerca di parlare ma il padre gli schiocca un potente schiaffo sul volto, dallo specchietto vedo prenderlo per i capelli e sussurrargli parole crudeli all'orecchio. Mi tremano le mani, vorrei dargli talmente tanti pugni da ucciderlo. L'ho già fatto e rifarlo per Luke non mi spaventerebbe affatto, anzi. Devo calmarmi. Devo riuscire a trovare un modo per scappare prima che gli distruggano il cervello in modo irreparabile, avevo già progettato di salvarlo, dovevo semplicemente restringere i tempi. Intercettai un fugace sguardo dell'autista sul mio avambraccio scoperto, lui era nero. Magari avrebbe potuto aiutarmi...presi il biglietto da visita sul cruscotto e lo misi in tasca mentre un'idea cominciava a nascermi nella testa.

Arrivammo all'hotel e l'auto ripartì velocemente. Luke entrò e fece le scale praticamente saltando un gradino. Arrivato in camera lo vidi piegarsi in due, piangendo tutte le lacrime possibili per un uomo. Non so cosa fare. Lo prendo tra le braccia ma le sue lacrime continuano a scendere copiose, bagnandomi la maglietta. Lo porto in bagno e gli medico il volto. Lo stesso labbro spaccato, come quando ci siamo conosciuti. Ordino il servizio in camera ma non mangiamo. Lui continua a tenersi chiuso a riccio, le braccia a stringersi le ginocchia mentre gli sfugge di quando in quando un singhiozzo solitario. Gli carezzo la schiena. Improvvisamente mi ricordo del bigliettino da visita che avevo preso all'autista e mi alzo di scatto. Fortunatamente, c'è un telefono nella stanza, compongo il numero mentre Luke mi guarda stranito.

"Pronto? Sono il ragazzo di stamattina, quello del signor Hemmings. Sì, quello dei campi. Posso chiederle un favore? Il figlio. Devo aiutarlo. Sì. La mattina. Perfetto. Grazie, la ringrazio di cuore."

Sospiro di sollievo. Mi aveva promesso che sarebbe stato davanti all'istituto per quindici giorni e mi avrebbe aiutato a varcare il confine con lo stato del New Jersey dove avrei potuto chiedere aiuto a dei miei vecchi amici. Spiegai il piano a Luke finalmente mi sorrise. Ci abbracciammo e riuscii a farlo mangiare, poi lo svestii e lo portai a dormire. Non facemmo niente per due giorni. Parlavamo, pensavamo al futuro e ci coccolavamo. Non mi bastava mai il suo tocco, le sue labbra...il giorno in cui tornammo all'istituto fu il più difficile. Ripassammo il piano insieme. Sembravano non esseri intoppi ma avremmo avuto una sola, unica, possibilità. Me la sarei fatta bastare.

Sweet. Horror. Muke.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora