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Dove eravamo rimasti? Ah si: alle elementari iniziai a frequentare un corso di nuoto che durò per tutta la durata delle medie. L'estate a cavallo fra la quinta elementare e la prima media invece, la passai al centro estivo davanti casa mia. Li ho scoperto la passione per il tiro con l'arco, che messo a confronto con la sottoscritta era molto più alto di me (in realtà tutto era più alto di me e lo è tutt'ora), per il tennis, e per l'equitazione. Quei tre mesi di transizione furono una boccata d'aria fresca: stranamente non c'era nessuno che mi ignorava, e non mi disperavo per essere accettata dalle altre bambine o per essere più brava di loro in qualcosa. Eravamo tutti uguali, con la maglietta sporca di terra e la stanchezza negli occhi di chi ha giocato tutto il giorno. Fra i tanti bambini, ce n'era uno che incominciò a starmi sempre appiccicato, ma io non vedevo l'ora che se ne andasse. Che fosse la prima volta in cui friendzonavo qualcuno?! Mi ricordo che era anche molto dolce, ma non ne volevo sapere assolutamente niente. Voglio dire, dopo la delusione amorosa a senso unico durata 7 anni, era giusto che mi concedessi il lusso di giocare tutto il giorno in tranquillità, no? Fra tutti gli sport però, fu proprio il mio amato nuoto a farmi incontrare quella che sarebbe diventata la mia seconda migliore amica e la prima a voltarmi le spalle.
Se mi conoscete un minimo, saprete già che Alessia è stata la prima in assoluto: e' il primissimo aneddoto che racconto quando conosciamo qualcuno, e puntualmente, lei se la ride sotto ai baffi, sapendo quanto mi piaccia farlo. Scenario del primo giorno d'asilo: io ero disperata, mentre vedevo la sagoma di mia madre allontanarsi dalla grande vetrata della saletta dove giocavano gli altri bambini, noncuranti dell'assenza della loro genitrice e intenti a cercare di incastrare formine di legno o di colorare figure geometriche senza uscire dai bordi. E mentre grossi goccioloni scendevano giù per il viso puntellandomi il grembiule, lei mi prese per mano, e diventammo inseparabili. La nostra amicizia finì temporaneamente quando lanciai sul tetto la sua Polly Pocket preferita. Non so cosa mi fosse preso, non avevamo neanche litigato! Poi incontrai Claire (chiamiamola cosi), una stronza stratosferica nonostante avesse solo dodici anni. Scoprii che abitava praticamente alla porta accanto: non dovevo neanche attraversare, per cui dopo i compiti andavo a casa sua fino a dopo cena a giocare. Era decisamente diversa da me, molto più estroversa, simpatica, dalla battuta pronta, e la invidiavo moltissimo, desideravo tanto essere come lei, ma non ci riuscivo. Aveva i capelli biondo cenere, voluminosi e naturalmente mossi, un bel sorriso, niente imperfezioni, alta e slanciata. Ero una ranocchietta accanto a lei, la invidiavo ma allo stesso tempo ero stupita di come una ragazzina del genere potesse essere mia amica. Ero già vittima di bullismo, cosa che mi fece chiudere ancora di più in me stessa e con gli altri. Il primo episodio fu proprio al corso di nuoto, se non ricordo male andavo in quarta elementare, quando ancora era tutto fatato, i problemi erano piccoli granelli di sabbia e l'ombra di quella ragazza che poi si sarebbe rivelata un'opportunista di primo livello ancora non c'era. Nella fase di riscaldamento, c'era un bambino che si divertiva a darmi dei pugni sulle braccia e sulle gambe, e un giorno mia madre si accorse dei lividi. Io non credevo che fosse cosi grave, la mia ingenuità mi faceva credere che giocasse a fare il pugile con me. Se invece provo a pensare ai bei momenti, i rari ricordi che ho di quegli anni sono quelli in cui mi rivedo sul letto, ad ascoltare per ore la radio con in testa delle cuffie più grandi di me, l'uovo sbattuto con lo zucchero a merenda; una gita allo zoo dove una giraffa mi lecca la mano con la sua lingua viscida e infinita, la pianola con cui tentavo di imitare le canzoni che ascoltavo, l'emozione delle mattine di Natale, e quando giocavo a Prato Fiorito o a Duke Nukem al PC. Più che PC, all'epoca mi sembrava un grosso cubo pieno di giochi.
Poi la leggerezza di quegli anni sparì, perchè alle medie si sa, inizia la fase della "socializzazione" con gli altri, del farsi una comitiva, degli amici, si viene travolti dalla confusione e dai tormenti delle prime cotte. Diciamoci la verità: se non sei carina per gli altri (e sottolineo per gli altri), non sei degna di considerazione, ed io non solo ero timida e impaurita, ma avevo anche messo da poco gli occhiali, che mi etichettavano automaticamente come racchia. Non mi truccavo neanche, non sapevo cosa fossero i capelli fatti con il "ferro" o il "fondotinta". Rubacchiavo qua e la qualche trucco di mia sorella, che era ovviamente già stra-usato da lei, e che senza un minimo di conoscenza spiaccicavo sul viso. Quello che ottenevo era disastroso, anche perchè soffrivo di acne e tutti quei prodotti non facevano altro che aumentarne l'orribile status e mettere in risalto le piccole catene montuose che sormontavano il mio viso. Oltretutto, ero anche convinta di avere la pelle olivastra, quindi sceglievo un fondotinta scuro che stendevo con le mani, ritrovandomi però a macchie a fine giornata, e un mascara blu, aperto chissà da quanto tempo, che riduceva le mie ciglia a quattro ciuffi appiccicaticci. Ogni mio tentativo di apparire più presentabile era vano, e finivo per essere quella che se veniva guardata da un ragazzo, era solo con aria schifata, anche perchè ogni volta che in classe veniva fatta la classifica delle più carine in ordine di bellezza, io non venivo neppure menzionata. Le ragazze più "in" si radunavano agli ultimi banchi e chiacchieravano come civette, tutte imbellettate con i loro boccoli, i jeans a vita bassa e lo zaino all'ultima moda. Nel gruppetto delle escluse insieme a me, c'era anche Mary, che tutt'oggi è una delle mie più care amiche. A lei non interessava essere calcolata da qualcuno, andava avanti per la sua strada, e ha sempre visto la scuola come semplice luogo di studio. La ammiravo molto, perchè lei se ne infischiava del parere altrui, era già avanti. Non le interessava neanche essere accettata, si accettava già da sola, ed era questa la carta vincente.

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PER ARRIVARE A ME
RomansaCome superare tutte le delusioni, le bugie, i casi umani (ovviamente!), per ritrovarsi e amarsi contro tutto e tutti? Dopo un mai-una-gioia dopo l'altro, sfighe e periodi bui, mi sono alzata, e ho incominciato a sorridere.