Capitolo terzo

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William aveva sforato il coprifuoco, il padre stava iniziando ad agitarsi camminando avanti e indietro per il salotto.

"Quel ragazzo è indisciplinato! Gli faccio vedere io quando torna cosa gli aspetta se viola le mie regole! Vive sotto il mio tetto e deve rispettarmi quel maledetto! Finirà all'inferno ecco dove finirà, e se lo merita!"

La madre, appoggiata al tavolo di legno scuro della cucina, si mangiava le unghie preoccupata.

Dopo quasi due ore suonarono il campanello, il padre corse ad aprire con un sguardo feroce. Davanti agli occhi si trovò il figlio accompagnato da un poliziotto grassoccio che gli teneva fin troppo stretta una spalla nella grossa mano sudaticcia.

"Buonasera signore, il suo ragazzo ha fatto a botte con un coetaneo in un parco, ha bevuto. Ringrazi che per questa volta non lo portiamo in caserma, siamo troppo buoni con questo delinquente" William strinse i denti consapevole che il coltello dalla parte del manico ce l'aveva l'uomo, non lui, quindi non poteva fare nulla per difendersi o avrebbe solo peggiorato la situazione.

Niente era vero, non stava facendo a botte con nessuno ed era solo leggermente brillo. I poliziotti si prendevano gioco di lui, approfittavano del loro potere per divertirsi come meglio riuscivano e lui ne era spesso la vittima per via del suo esile fisico e dei lunghi capelli.

Non sempre non aveva colpe, ma la maggior parte, come quella, era innocente e vittima di una coppia di ufficiali annoiati.

Scivolò tra le grinfie della persona che aveva di fronte, il padre chiuse la porta, aspettò che la macchina si fosse allontanata dal vialetto e poi prese Will per la maglietta, stava salendo le scale ma lo fermò al secondo gradino e con violenza lo fece cadere a terra.

"LASCIAMI, LASCIAMI STARE NON HO FATTO NIENTE! SONO LORO, SI SONO INVENTATI TUTTO!" urlava disperato, la rabbia e l'umiliazione crescevano dentro di lui e gli sembrava di stare per esplodere.

"Si certo, è colpa della polizia adesso, ti conosco fin troppo bene. Tu sei maleducato, non sai come si vive in una società" lo disse senza alzare il tono di voce tirandogli un improvviso calcio nella pancia, cogliendolo di sorpresa.

"Forse con le maniere forti lo imparerai, un giorno" un altro calcio lo colpì nello stesso punto, iniziò a tossire rannicchiandosi sul pavimento.

Sua madre iniziò a singhiozzare portandosi una mano davanti alla bocca, gli occhi le divennero lucidi in pochi secondi.

"Smettila di frignare come un bambina" disse con tono disgustato il marito.

Toccò il figlio con un piede in segno di grande superiorità

"Alzati, muoviti, sparisci prima che ti dia la seconda dose di insegnamenti" Will si alzò a fatica tenendosi la pancia con una mano, fece le scale il più velocemente possibile, inciapando un paio di volte. Si chiuse in bagnò e vomitò.

Vomitò dolore, alcool, frustrazione, stanchezza e forse gli scese anche qualche lacrima, ma questo non lo ammetterebbe mai.

Si fece una doccia ghiacciata, appoggiò la schiena liscia contro le piastrelle fredde lasciandosi cullare dall'acqua che gli scendeva sui capelli, sul viso, sulle labbra morbide, sulle spalle, su tutto il corpo magro.

Perché succedeva tutto questo? Cos'aveva fatto di male? Perché gli sembrava che tutto il mondo fosse contro di lui? I ragazzi a scuola, gli insegnati, i genitori, la polizia.

Andò nella camera di sua sorella per controllare che non si fosse svegliata ma il letto era vuoto, girò per tutta casa e in cucina trovò sua madre che cercava di far scendere il maggior numero di pillole sulla mano aperta, scuotendo rumorosamente il contenitore di plastica.

"Cosa stai prendendo?"

"N-niente, solo ciò che mi ha prescritto lo psichiatra"

"A quest'ora di notte?" osservò quella donna sciupata, quei capelli spenti, opachi, quelle occhiaia nere, la pelle rovinata, il viso triste e rassegnato di una donna che non sorrideva da troppi anni e che aveva la consapevolezza che la sua vita non avrebbe mai più avuto una svolta, niente aveva più senso.

"Non riuscivo a dormire" si scuso, lui annuì distrattamente.

"Amy? Non c'è?" la donna ebbe un brivido, si abbracciò accarezzandosi le braccia nervosamente.

"Certo che c'è, è...è nel suo letto, sta dormendo. Non svegliarla" cercava di nascondere ciò che stava accadendo, se lui l'avesse saputo quella famiglia sarebbe stata distrutta; sapeva che per difendere la sorella avrebbe fatto di tutto, ma poi dove sarebbero finiti? Dove sarebbe finita lei?

Suo marito stava molestando sua figlia e ne era perfettamente consapevole, il pensiero la uccideva ma d'altronde erano in una trappola troppo elaborata per poter fuggire, quel mostro stuprava anche lei stessa. I farmici le permettevano di dimenticare, di non pensare, di rifugiarsi in un altro mondo.

Ogni via di fuga era bloccata, aveva perso le speranze da tanti anni, troppi.

"No, non è li" Will iniziò ad agitarsi, la donna non poteva assolutamente rischiare, così cercò di guadagnare tempo proponendogli un piatto di pasta nonostante fosse passata la mezzanotte, quella sera probabilmente non aveva cenato.

"No ma' giuro che non è in camera sua"

"Sarà in bagno"

"C'ero io in bagno"

"Parte, sta via qualche giorno per lavoro" cambiò improvvisamente argomento puntando su una notizia che avrebbe sicuramente attirato la sua attenzione

"Papà?"

"Si, domani. Sei contento?"

"Se torna non lo sarò mai" parlarono ancora per qualche minuto poi lui la trascinò su e quando aprirono la porta fortunatamente la ragazza fingeva di dormire serena tra le sue lenzuola bianche.

"Vedi, dorme" William aggrottò le sopracciglia, qualcosa non quadrava, se ne andò a dormire senza aggiungere altro.

Nella sua stanza Amy piangeva silenziosamente rannicchiata in posizione fetale, tremava leggermente e le guance le bruciavano a causa delle lacrime salate che non sembravano volersi fermare.

Stringeva forte il pupazzo con il quale dormiva da sempre, voleva solo sparire.

La madre la osservò ancora per un po' rimanendo nascosta, voleva avvicinarsi, baciarle la fronte e dirle che sarebbe andato tutto bene ma quando fece un passo un conato di vomito la paralizzò e non potè far altro che aver schifo di sé stessa e scappare da sua figlia, la qualche aveva un grande, enorme bisogno di lei.

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