Capitolo quinto

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I pochi giorni di pace e tranquillità erano finiti, Stephen entrò in casa annunciando il suo ingresso ad alta voce.

"Sono tornato" era stanco e stressato, quindi di conseguenza non bisognava farlo incazzare.

Nessuno rispose, sentì della musica e si insospettì. Appoggiò la valigetta del lavoro vicino all'attaccapanni e salì le scale appoggiandosi al corrimano di legno.

Entrò nella stanza della secondogenita da dove sentiva provenire i rumori, aprì la porta senza bussare e trovò i suoi figli a terra mentre lei, seduta, suonava con la chitarra in grembo. Will sdraiato con le mani dietro la testa e un piede sul ginocchio, improvvisava qualche parola.

Ridevano, il suo stomaco fece un giro su se stesso.

Non sapeva se era gelosia, se voleva quella bambina tutta per sé, ma era certo che odiava vederli così uniti e felici. Decise di giocare sporco.

"Oh eccovi qua. Che bella chitarra tesoro, l'hai comprata con i tuoi risparmi?" chiese abbozzando un sorriso uscito parecchio male

"Con i risparmi che le hai rubato intendi?" William intervenì tirandosi su, rimandando seduto e guardandolo in cagnesco da sotto le sopracciglia aggrottate.

"Cosa vuoi dire?" chiese togliendo la maschera del padre felice di vedere i suoi bambini e rivelando i suoi veri sentimenti e la voglia di sfogarsi su qualcuno

"Intendo dire che sappiamo che le hai rubato i soldi, non serve fingere"

"COME OSI DARMI DEL LADRO, DAI DEL LADRO A TUO PADRE RAGAZZO?" Amy appoggiò una mano sul braccio del fratello per cercare di calmarlo, sapeva che sarebbe andata a finire male, molto male.

"Assolutamente si, ne sono più che certo" rispose senza alcun dubbio, senza esitare.

La faccia dell'uomo divenne rossa dalla rabbia, la voce e la sfacciataggine di quel ragazzo gli faceva saltare i nervi.

Si avvicinò minaccioso ad Amy, le prese le braccia e le strinse forte facendole male

"Non gli credi vero?" chiese scuotendola violentemente

"Con che soldi pensi che si sia comprato le sigarette e l'alcool? Io e la mamma non gli diamo un euro da mesi" la muoveva troppo energicamente anche se cercava di contenere la rabbia, alla fine la lasciò andare e due segni rossi le rimasero sulla pelle candida.

"Non sono stato io" sussurrò Will, l'aveva incastrato ma lui diceva la verità, non avrebbe mai fatto una cosa del genere a sua sorella. Sapeva quanto ci teneva, lo sapeva bene quanto desiderava quella chitarra, aveva passato un anno intero a parlarne e a lui scoppiava la testa.

"Sei un ladro e pure bugiardo" prese uno schiaffo in pieno volto, la faccia gli si girò e rimase in quella posizione per qualche secondo mentre capiva ciò che era successo.

I suoi occhi guardarono il padre con odio e disprezzo, si sentiva indifeso, così si alzò per cercare di essere al suo livello.

"SEI UN BASTARDO" le parole gli uscirono così, non riuscì a fare niente per fermarle, sgusciarono fuori dalle sue labbra senza nessun controllo. Inutile dire che se ne pentì subito dopo.

Si sentì un tintinnio, la cintura usciva dai passanti dei jeans dell'uomo che ne arrotolò un'estremista intorno alla mano destra, William fece uno scatto tentando di superare il padre per raggiungere la porta; il piano era correre, correre e non fermarsi.

Le tozze dita dell'uomo furono più svelte, d'altronde c'erano poche possibilità che non riuscisse a prenderlo visto che era proprio davanti all'unica uscita, non aveva scampo.

Lo spinse per terra con forza, lo colpì una solo una volta prima che Amy riuscisse a mettersi in mezzo spalancando le braccia.

"NO, NO, FERMO! NON FA NIENTE SE MI HA RUBATO I SOLDI, TI PREGO NON FARLO" c'erano due cose che non sopportava, quando non veniva rispettato e quando Amy era contro di lui, ed ora erano successe entrambe in poco tempo.

"SPOSTATI O FACCIO MALE ANCHE A TE" urlò, alla ragazza venne un brivido, aveva paura, aveva paura da morire e se ne vergognava ma sapeva che non poteva muoversi da lì. Chiuse gli occhi strizzando le palpebre e aspettando il colpo, pregava che non le prendesse il volto.

"AMY SPOSTATI NON TE LO DICO PIÙ" la madre arrivò correndo

"Amy vieni qui" le disse con voce tremante, mosse piano una mano facendole segno di raggiungerla, distendendo il braccio esile verso di lei.

"No mamma..." improvvisamente Will la spostò con una forte spinta.

"Spostati cretina" le disse spingendola via.

Il secondo colpo non tardò ad arrivare, colpì Will sulla schiena di sbieco, la leggera canottiera bianca non servì a molto. Sentiva la pelle bruciare ma non urlò, non con lei lì pronta a difenderlo.

Lo colpì ancora un paio di volte mentre Amy guardava con gli occhi gonfi ripetendo "basta, ti prego" come un disco rotto.

Le lacrime si mischiarono al muco che le scendeva dal naso mentre sua madre la tratteneva sulla soglia.

Quella scena l'aveva vista fin troppe volte, era un incubo infinito, insopportabile, pesante. Quel peso la schiacciava a terra, la faceva sentire oppressa, infelice, condannata ad una vita di sofferenza.

"Spero bastino per questa volta"

William si alzò e uscì dalla stanza approfittando di quel momento, per paura che il padre ci ripensasse, che tornasse indietro più furente di pochi instanti prima. Spostò la madre e la sorella senza preoccuparsi di dosare la forza e si chiuse in bagno sbattendo la porta.

Si girò e cercò di specchiarsi per vedere la gravità dai segni. Alzò la canottiera e notò i graffi rossi e gonfi, in certi punti usciva un po' di sangue ma sapeva che questa volta era stato fortunato.

Non poteva più farsi trattare in quel modo, si sentiva tremendamente umiliato, debole.

Si fece una doccia ma non disinfettò le ferite, non gli importava niente; continuavano a bruciagli ad ogni minimo movimento.

Era notte fonda, il ragazzo fissava il soffitto immerso nei suoi pensieri.

Quella cretina gli crederà, ma cosa me ne importa? Cazzi suoi.

Cercava di convincersi che non erano affari suoi, ma qualcosa cresceva dentro di lui non facendogli chiudere occhio.

Si alzò di scatto, accese una lampada sul piccolo comodino storto e si mise a scrivere una poesia, o meglio, una canzone...per lei.

Le parole gli uscirono fluide e spontanee, la graffite viaggiava veloce su un foglio a righe.

Cancellava con qualche scarabocchio, disegnò alcune frecce appuntando alcuni asterischi; mezz'ora più tardi il testo era davanti ai suoi occhi finito.

Pensò che erano proprio delle belle parole, forse un po' esagerate ma se accompagnate da una buona musica potevano funzionare, ne era certo.

Si morse il labbro inferiore, che stava facendo? Si era forse rammollito?

Prese il pezzo di carta e lo appallottolò, lo lanciò nel cestino dove finivano tutte le parole che buttava via, come fossero spazzatura; pensieri inutili di cui si liberava intrappolandoli su un foglio che poi dimenticava, ma funzionava davvero?

Spense la luce e cercò di dormire.

Vaffanculo Amy.

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