Capitolo 4

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Un paio di giorni dopo, 2 prima del week end fatidico, verso mezzogiorno Sole usciva da uno studio come faceva una volta al mese da ormai tanti anni.  Sorrise alla dottoressa in tailleur bianco che l'aveva accompagnata alla porta. Era una bella donna,sui trentacinque  con un caschetto biondo e gli occhi grigi.  Sole le doveva molto, era stata un'ancora per lei, una donna straordinaria a cui si era subito affezionata, nonostante il rapporto medico-paziente.

"Allora ci vediamo il prossimo mese signorina cara!", le disse la donna sorridendole affettuosamente.

"Non mancherò dottoressa!", rispose Sole ricambiando il sorriso.

La dottoressa Nardi le face un buffetto sulla guancia,

"Mi raccomando! Cerca di divertirti questo week end! So che non è semplice ,ma tu metti tutto il resto da parte!"

"Ci proverò!" rispose Sole poco convinta.

"é importante Marisol! E ti fa stare bene! Mi prometti che ci proverai davvero?", e le indirizzò uno sguardo che  lei conosceva bene, perché l'aveva spinta tante volte a non lasciarsi abbattere.

"Prometto! " rispose Sole convinta e in quel momento lo promise anche a se stessa.

"Bene!" disse la dottoressa soddisfatta,"ora vai! E mentre torni a casa mangia una bella fetta di torta al cioccolato!"

"Certo! Lo farò sicuramente! Devo pranzare con mio padre oggi! Prenderò la torta come dessert!" spiegò felice, non vedeva l'ora.

"Perfetto! Salutami tuo padre allora!"

"Sarà  fatto! Alla prossima dottoressa!" la salutò con un cenno della mano.

"A presto cara!" , rispose l'altra chiudendosi la porta dello studio alle spalle.

Sole sospirò allegra e come sempre fissò la sedia di plastica fucsia fra le tante fissate alle pareti bianche della sala d'aspetto ornate da quadri di natura morta. Era la sedia su cui si era seduta la prima volta che era andata in quello studio. Una ragazzina di quindici anni, pallida con il viso troppo sottile per i grandi boccoli castani e gli occhi verdi vuoti e smarriti, le guancie scavate. Il corpo magrissimo, quasi scheletrico, nascosto dal maglione verde bottiglia, più grande di due taglie, ma reso evidente dai fuseaux blu con i grandi pois verdi che fasciavano le gambe sottilissime. Teneva lo sguardo fisso sulle scarpe da tennis blu ormai scolorite che dondolavano sul pavimento color acqua marina. Era uscita da cinque giorni dall'ospedale, dove era stata ricoverata per tre settimane, dopo un brutto crollo. Il suo corpo ancora da bambina, pesava ormai solo 18 chili e dalla pelle pallida si intravedevano le vene.  Le mani magrissime e piccole erano aggrappate ai bordi della sedia di plastica,con la sola minima  forza che le rimaneva. Non voleva essere là, era sicura che non sarebbe servito a nulla, che sarebbe stato tutto inutile.  Ma l'aveva promesso al suo papà, che le stava seduto accanto e la osservava tranquillo, con quel sorriso di conforto che le diceva "andrà tutto bene".  La ragazzina aveva ricambiato quel  sorriso debolmente e aveva posato lo sguardo sull'entrata. Aveva provato l'impulso di mentire al padre, dirgli che doveva andare a prendere un po' d'aria fresca e invece scappare via, lontano da quel posto. Poi aveva sentito la mano grande del suo papà prendere la sua tanto piccola e sottile e stringerla con delicatezza, quasi per paura di spezzarla. Si era voltata verso di lui e suo padre, con i capelli castani un po' spettinati,il faccione allegro incline al sorriso e gli occhi verdi come i suoi,si era posato la manina della figlia sul cuore e le aveva sussurrato :"Non preoccuparti amore mio, passerà tutto! Ci vorrà tempo e sarà difficile,ma non sarai sola, papà combatterà con te!".

La ragazza UnicornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora