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Non seppe quanto tempo passò lì stesa, inerme e scossa, seppe solo che vomitò tutto quello che aveva nello stomaco fino a rigurgitare bile sul pavimento.
Risentì le mani correrle sul corpo e desiderò che quella pelle non fosse più la sua, risentì il rumore dei gemiti e desiderò diventare sorda, risentì il dolore che le aveva provocato entrando in lei e desiderò spegnersi e non sentire più nulla.
Era sempre stata brava a rimettere insieme i suoi pezzi, nascondere le ferite e farsi forza da sola, ma ora non aveva più nemmeno un pezzo da ricongiungere, come se la sua essenza fosse stata sbattuta via.
Aveva la sensazione che restare su quel letto per sempre sarebbe stata la soluzione a tutto quel dolore, che lasciarsi andare alla disperazione fosse l'unica cosa da fare, completamente inevitabile.
Dopo un tempo infinito sentì dei brividi di freddo percorrerle il corpo. Come se improvvisamente il suo organismo si fosse reso conto dell'esistenza di una realtà al di fuori di lei e del suo dolore. In quel momento si accorse che si trovava ancora in casa con l'uomo che l'aveva violentata. Che di nuovo non era riuscita ad allontanarsi dalla persona che le faceva del male. Ripensò alla promessa della madre e si accorse che stringeva ancora la lettera tra le mani. Prese a urlare furiosamente mentre stracciava il foglio, improvvisamente si sentiva oppressa da quelle mura che avevano visto la sua disfatta. Si alzò in piedi nonostante il dolore, grazie ad una forza che in realtà non aveva. Raccolse la bacchetta da terra e sparì, non seppe dove si era smaterializza finché non vide il possente cancello in ferro battuto. Aveva semplicemente desiderato andare in un posto dove sarebbe stata al sicuro.
I piedi si mossero da soli verso l'ingresso, un fischio sordo nelle orecchie ovattava quello che succedeva attorno a lei. Suonò il campanello con le ultime forze che le restavano e quando vide la porta aprirsi si accasciò a terra, non aveva più alcun motivo per continuare a restare in piedi.

Era prima mattina, James e Sirius erano seduti in cucina a fare colazione, raccontando dello scherzo dei gufi a dei coniugi Potter piuttosto divertiti. Il campanello interruppe l'ilarità generale.
"Vado io Dorea, finisci pure il té." Disse Sirius alla signora Potter, alzandosi.
Si diresse verso l'entrata e spalancò la porta bianca il sorriso gli morì sul volto quando si accorse di ciò che aveva davanti.
Isla Parson non sembrava più nemmeno lei, era stravolta, si accasciò ai suoi piedi, i capelli appiccicati al viso pallido e lucido di lacrime, un grosso livido viola sullo zigomo, il contorno labbra sporco di sangue, i vestiti tutti scostasti e strappati, le calze praticamente a brandelli.
Sirius si riscosse e si avvicinò alla ragazza, la prese per le spalle per cercare di portarla in casa.
"NOOO, LASCIAMI... NON DI NUOVO.. NOOO" prese a gridare lei dimenandosi.
Quando sentì le mani posarsi su di se, Isla, si sentì catapultata di nuovo alla notte precedente, nella camera dei suoi, dove le mani che la toccavano erano quelle del padre.
"Isla. Isla. Sono Sirius, entra in casa.." Cercò di riscuoterla lui. Senza però lasciarla andare, sentiva che se avesse lasciato la presa la ragazza sarebbe stramazzata al suolo.
Ma cosa le era successo?
Isla parve tornare un po' più lucida, smise di dimenarsi e varcò la soglia appoggiata al ragazzo trovandosi davanti i volti sconvolti dei Potter.
Senza pensarci un secondo corse tra le braccia di James, sentiva che con il suo abbraccio i suoi pezzi avrebbero smesso di cadere a terra.
Si mise a piangere, un pianto disperato pieno di dolore, contro il petto del ragazzo. Lui non le chiese niente, la strinse forte e le accarezzò i capelli, sussurrandole all'orecchio parole di conforto.
"Andrà tutto bene.. shhh.."
Lei sapeva che non era vero, nulla sarebbe andato bene, ma al momento l'unica cosa che la salvava dal desiderio di lasciarsi andare all'oblio era proprio quel ragazzo.
James la prese in braccio e cominciò a salire le scale con Isla ancora ancorata al suo collo i cui singhiozzi non accennavano a smettere,i suoi familiari lo guardarono attoniti. Sua madre sembrava quasi stesse provando dolore fisico alla vista della ragazza.
"Dorea credo abbia bisogno di qualcosa per dormire. Non so cosa le sia successo ma sicuramente non è qualcosa di bello." Le disse Sirius riscuotendola dai suoi pensieri.
Lei sapeva cosa le era successo, quelle calze strappate in quel modo non lasciavano dubbi, anche se sperava di sbagliarsi.
Annuì ed evocò una 'pozione sonno senza sogni' che svolazzò fuori dal bagno fin nella sua mano, per poi dirigersi al piano superiore.
Fuori dalla porta della camera di James sentiva i singhiozzi rotti della ragazza, e suo figlio che tentava di rassicurarla.
Entrò in silenzio ed allungò la boccetta al figlio.
"Isla ascoltami.. -le sussurrò James accarezzandole la schiena, era sdraiato sul letto accanto a lei e la abbracciava stretta come a voler assorbire un po' del suo dolore- andrà tutto bene.. ora ti va di dormire un po'? Io rimango qui non me ne vado."
In risposta ebbe solo un altro singhiozzo strozzato e la sentì stringersi di più a se.
Stappò la boccetta e la avvicinò alle labbra spaccate della ragazza. Lei ingoiò la pozione amara, mischiata a alle lacrime salate, e improvvisamente si sentì le palpebre pesanti e la mente annebbiata, non seppe neanche come ma smise di pensare, di provare dolore e si addormentò.
James non smise di accarezzarle la schiena, non sapeva cosa le fosse successo ma poteva immaginarlo e se in quel momento non era ancora corsa a spaccare la faccia all'uomo che aveva distrutto la sua amica era solo perché lei aveva un estremo bisogno di lui.
"Come ha potuto farti questo?" Domandò in un bisbiglio pur sapendo che la ragazza non poteva sentirlo.
Dorea passò la mano sul volto della ragazza, le diede un bacio tra i capelli e lasciò la stanza.

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