III

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Ad Hajime sarebbe scoppiata la testa da un momento all'altro.

Il ragazzo si trovava seduto sul uscio della porta di casa, con le mani si massaggiava le tempie pregando che quel malessere passasse alla svelta.

Dopo un po' il moro si senti meglio, con le poche forze rimastegli in corpo si alzò, infilò la chiave nella serratura ed entrò nella dimora.

Il piccolo soggiorno era totalmente al buio, vi era solo una bajour accesa che emanava un fascio di luce sfarfallante.

Hajime raggiunse il piccolo divano in pelle a lato della stanza, su di esso vi era stesa la madre con a fianco una bottiglia di vino vuota.

Sospirò, sua madre, da quando il padre era partito per il servizio militare, era ridotta uno straccio e ormai era solita a passare la maggior parte delle sere annacquando i dispiaceri con il vino.

Il ragazzo le adagiò una coperta e si sbarazzò della bottiglia.

Ogni volta che vedeva la madre ridotta in quel modo una parte del suo cuore sembrava spezzarsi.

Era colpa sua? Non era sicuramente un bravo figlio: fumava, beveva, ogni volta che tornava a casa, se tornava, era sempre ubriaco o così fatto da non riuscire a mettere in fila qualche parola per formare una frase di senso compiuto.

La madre sapeva che lui stava male e non faceva altro che riversarsi la colpa.

Hajime avrebbe voluto dirle che non era così, che era colpa sua e solo sua, se si era ridotto così, se era un alcolista del cazzo e un drogato di merda.

Il ragazzo attraverso lo stretto corridoio buio ed entro in camera da letto.

La stanza era un vero macello: il letto sfatto, mozziconi di sigaretta ovunque e vestiti sporchi sul pavimento.

Hajime sospiró e si stese sul giaciglio.

I sensi di colpa lo attanagliarono e il martellante mal di testa ricomparse, ripensò a tutto quello che era successo quella sera: un tipo lo aveva aggredito e il ragazzo più popolare della scuola era corso in suo aiuto.

Oikawa non era così male infondo, per quelle poche parole che si erano scambiati sembrava essere una persona alla mano in grado di entrare in sintonia con chiunque.

Hajime lo detestava ancora, era pur sempre un ragazzino egocentrico di merda ma adesso provava meno astio nei suoi confronti.

La sua attenzione si spostò sulla serie di avvenimenti che si erano susseguiti in quei mesi, sconvolgendo la sua quotidianità: il padre era partito per prestare servizio militare e sua madre, per colpa della mancanza è della perenne angoscia di non poter più rivedere l'amato marito era caduta in quella che sembrava una sorta di depressione.

Hajime non era mai stato un ragazzino modello ma da quel momento era caduto in un circolo vizioso di droga e alcol.

Non sapeva il motivo che lo spingeva a farlo.

Forse inconsciamente voleva attirare l'attenzione di qualcuno, o semplicemente quello era l'unico modo per non pensare ai problemi della sua famiglia.

Ogni tanto si chiedeva come se la stesse passando il padre in quel spaventoso ambiente pieno di odio e paura.

Una volta al mese gli arrivava una lettera da parte sua dove gli raccontava quello che stava succedendo.

Dagli scritti la situazione non sembrava tanto preoccupante ma Hajime sapeva che la realtà era ben diversa.

Da qualche tempo aveva lasciato la scuola, non andava quasi mai a lezione e se ci andava non riusciva a prestare attenzione.

Il ragazzo si accese una sigaretta, fumare lo rilassava, non tanto per la nicotina in sè, ma più per il gesto: portare la sigaretta alla bocca, aspirare e buttare fuori il fumo, come se fossero problemi e preoccupazioni.

In un certo senso era come se stesse espellendo i pensieri bui che gli opprimevano la mente.



Spazio autrice:
Ciao guys.
Ecco il terzo capitolo, che è assolutamente inutile ai fini della trama yup.
Mi scuso per la mia orribile prosa vabbè mi eclisso.
Lasciate una stellina e un commentino :3
Buon pride month a tutti.🏳️‍🌈🏳️‍🌈🏳️‍🌈
Bye🖤

perfect |iwaoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora