Prologo

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Stiles era perfettamente consapevole di essere sfigato ma non si era mai reso conto quanto, fino a due settimane prima, quando aveva ricevuto una telefonata di suo padre destinata a cambiargli la vita. “Non credo di aver compreso” aveva detto dopo aver ascoltato John parlare per cinque minuti buoni.

In realtà non era nemmeno certo di avere il cervello abbastanza ossigenato visto che sentiva l’aria non riuscire nemmeno a raggiungere i polmoni. “Lo so che ti sto chiedendo un grande sacrificio, figliolo. Ma Emma e Jack hanno bisogno di una famiglia e noi siamo i loro unici parenti. Sono troppo vecchio per crescere due bambini mentre tu...”

“Ho trent’anni, non ho orari a lavoro e sono single. Papà non credo sia una buona idea.”

“Quindi dovremmo lasciarli nelle mani dei servizi sociali? Nessuno li adotterebbe in coppia. Jack avrebbe qualche possibilità, ma Emma ha già sei anni.”

Aveva odiato suo padre e i sensi di colpa che gli aveva fatto venire. “D’accordo, ma ho bisogno di qualche giorno per sistemare casa, ricavare una stanza per loro dal mio studio, parlare con il mio capo. Non ce la farò mai.”

“Stiles, ho già chiesto qualche settimana di ferie per aiutarti almeno i primi tempi. Andrà tutto bene.”

Stiles non ci aveva creduto molto ma ormai aveva accettato.

Per quello ora si trova in aeroporto più in ansia che mai. L'aereo era in perfetto orario e John sarebbe dovuto comparire da un momento all’altro. “Figliolo, siamo qui” si sente chiamare.

Stiles si gira con un sorriso teso. “Papà, sono felice di vederti” dice abbracciandolo. “E voi dovete essere Emma e Jack, giusto?” continua rivolgendosi ai due bambini nascosti dietro le gambe dell’uomo.

“Tu chi sei?” domanda Emma.

“Io sono Stiles.”

“Hai un nome proprio brutto, sai?”

Okay, a Stiles quella bambina sta già antipatica. Come si permette di dirgli che il suo nome è orribile? “Benvenuti a New York” dice, invece, ignorandola.

Stiles li guida fino al suo appartamento. Una volta entrati porta le borse dei bambini nella loro camera. “Per ora dovrete accontentarvi di dividere la stanza, sto già cercando una casa più grande ma, per ora, non ho ancora trovato nulla che possa permettermi.”

“Dormo sempre con Jack, lo facevo anche nella nostra vera casa.”

A Stiles un po' si stringe il cuore. “Vorrà dire che mi aiuterai a trovare quella nuova, okay?”

Emma annuisce per poi cominciare ad aprire la sua borsa e tirare fuori i vestiti e fare la stessa cosa con quelli del fratello. Stiles la guarda stupito mentre John gli appoggia una mano sulla spalla e gli fa un cenno con la testa per farsi seguire. Arrivano in cucina e Stiles mette su il caffè. “Emma è molto matura per la sua età. Lo era anche prima ma da quando i loro genitori sono morti lo è diventata ancora di più. È come se sentisse la necessità di occuparsi anche di Jack.”

“Jack ha quattro anni, vero?”

“Sì, perché?”

“Perchè da quando è qua non ha ancora detto una parola.”

“Era un bambino molto solare. Era in macchina con i genitori la sera dell’incidente. È miracolosamente rimasto illeso ma non ha più parlato ed è come se si fosse spento.”

“Quindi Emma si sente in dovere di proteggerlo.”

“Esattamente. Figliolo so che ti ho chiesto un favore enorme ma non potevo permettergli di finire in orfanatrofio, specialmente non dopo l’aiuto che Betty ci ha dato quando Claudia è morta.”

Stiles ha ricordi molto confusi di sua cugina: ricorda solo le carezza che gli dava quella giovane donna e i sorrisi dolci troppo simili a quelli della madre. Era rimasta con loro per il mese successivo alla sua morte. Ricorda che sarebbe dovuto andare al suo matrimonio ma, proprio in quel periodo, Jennifer aveva rapito John e non erano riusciti a parteciparvi. Era stato lui a chiamarla dicendogli che suo padre si era ammalato. “Spero solo di esserne all’altezza.”

“Non ne ho il minimo dubbio.”

Un'insolita eredità Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora