Tre

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Derek gli dice di sedersi e sparisce dietro un arco, tornando poco dopo con un apribottiglie e due bicchieri. Versa la birra per entrambi e, in silenzio, bevono i primi sorsi. Appena la birra gli bagna le labbra, lo stomaco di Siles emette un inconfondibile brontolio. 

“Non hai mangiato" dice Derek e non è una domanda. 

“Me ne sono totalmente dimenticato" ammette. 

Derek sbuffa un sospiro, poggia la birra sul tavolino di fronte a loro e si alza, sparendo di nuovo dietro l’arco. “Ti piace il pollo?” lo sente urlare Stiles, che, invece di rispondergli, lo raggiunge.

Si ritrova in una cucina molto grande, un’isola al centro, circondata da sgabelli, tanti elettrodomestici e… “Oddio, quella è una planetaria?” chiede, stupito. 

Derek si gira, inarcando solo un sopracciglio. 

“Pollo?” chiede Stiles. “Sì, mi piace il pollo, ma non preoccuparti, mangio quando torno a ca-“ 

Derek lo interrompe, poggiando sull’isola un piatto con dentro due cosce di pollo. “Siediti e mangia” gli ordina. 

Stiles gli fa una linguaccia molto matura, ma obbedisce e comincia a mangiare. Sente Derek tornare in salotto e poi ritornare con le birre e i bicchieri, sedendosi di fronte a Stiles, sorseggiando la sua bibita. “è daffero buofo” bofonchia l’umano, con un boccone troppo grande in bocca; Derek gli lancia un’occhiataccia. 

“Anche a loro due è piaciuto. Emma ha detto che cucino meglio di te.”

Ora Derek sta ghignando soddisfatto. 

“Questo è perché io non ho mai tempo di cucinare qualcosa che sia davvero cibo, tranne la domenica!” si difende Stiles, interrompendosi a causa di uno sbadiglio.

Derek si alza, gli prende il piatto per metterlo nel lavandino, poi torna al suo fianco. Stiles si irrigidisce quando lo vede abbassarsi verso il suo collo ed inspirare piano. “Puzzi di stress e stanchezza, ragazzino.”

“Ehi!” lo scosta Stiles, “bastava chiedermi come stessi e non comportarti da cane da tartufi!” lo prende in giro.

Derek si sposta e si risiede al suo posto, finendo il bicchiere di birra. “Non essere il solito te stesso” comincia con tono di rimprovero. “Se hai bisogno di aiuto con loro, chiedilo.” 

Stiles arrossisce, abbassando lo sguardo sulle proprie mani. “Mi sono reso conto che alcuni giorni è più impegnativo di altri e che per quanto possa essere organizzato, ci saranno sempre degli imprevisti” spiega. “Tipo due giorni fa, quando Emma aveva mal di pancia e mi ha fatto chiamare dalla maestra e io ho dovuto chiedere un permesso straordinario, che, per inciso, non avevo, per andarla a prendere.”

Derek annuisce, pensieroso. “Come mi hai chiamato oggi, puoi farlo altre volte, lo sai.”

Sì, Stiles lo sa, ma non costringerebbe mai Derek Hale a trascorrere il suo tempo con dei mocciosi. Lui è stato costretto dagli eventi, ma Derek no. Poi non si vedono da un sacco, non sa nemmeno com’è la vita di Derek. Il mannaro sembra quasi leggergli nel pensiero. “Gestisco una libreria vicino Central Park. È aperta tutto il giorno, ma io sono lì solo di mattina. Dalle due sono sempre libero.”

“Una libreria? Bello!” gli risponde entusiasta Stiles. 

“Sì. Era una di quelle piccole librerie di quartiere e rischiava di chiudere, perché nessuno ci andava più e la sua proprietaria era vecchia e troppo malata.”

“E il lupo cattivo ha aiutato la nonnina?” lo prende il giro Stiles. 

“Idiota. Ci sono andato un paio di volte perché aveva libri datati e ormai non più in ristampa e lei, un giorno, mi ha detto che era tutto in vendita, ma che non c’erano mai stati offerenti.”

“E tu hai comprato tutto?” chiede ora curioso.

Derek annuisce. “Sì, la libreria e il supermercato affianco.”

“Supermercato?” 

Il mannaro annuisce ancora. “Ora è una libreria/bar ed è molto più grande e rifornita.”

Lo sguardo di Stiles si illumina. “Oddio, ma è quella all’angolo? Quella con gli interni verdi e le poltrone morbide e quel caffè al caramello che ti fa piangere per quanto è buono?!” 

Derek ora sorride. “Non ho mai bevuto niente di così dolce, ma sì, è lei.” 

Stiels ricambia il sorriso. “Complimenti, Sourwolf, vedo che stai bene.” E lo dice in un modo così sincero e felice, che quasi stupisce se stesso. 

“Appunto. Quindi, se hai bisogno, chiamami pure” taglia corto Derek.

Stiles sbuffa una risata, ricordando quanto a Derek dia fastidio parlare di se stesso. “Grazie, allora. Vorrà dire che ti chiamerò.”

“Bene.”

Stiles si alza, prendendo i bicchieri vuoti e mettendoli nel lavandino di fianco al piatto. Fa per sbracciarsi per lavare tutto, per ringraziare in qualche modo Derek, ma il mannaro lo ferma. “Tranquillo, faccio io dopo. Non dovresti dormire?”. 

Stiles comincia a mangiucchiarsi le unghie, pensieroso. “Mi dispiace svegliarli, dormono così bene, ma non posso prenderli entrambi in braccio. Però mi dispiace che ti abbiano occupato il letto.” 

“Ti do una mano a metterli in auto e ti seguo con la mia, così ti aiuto anche a portarli in casa.” 

Stiles sorride e annuisce. Prende Jack in braccio, che subito gli si accoccola contro, mentre Derek solleva piano Emma. La bambina apre gli occhi e Stiles sente Derek sussurrarle: “Ti stiamo portando a casa, signorina”, lei borbotta qualcosa, poi allaccia le braccia intorno al collo del mannaro.

Derek lo aiuta a rimetterli a letto, poi, dopo aver ribadito a Stiles di chiamarlo se ha bisogno, se ne va. 

Stiles è così stanco che si lascia cadere sul letto con tutti i vestiti, scalciando via solo le scarpe. 

Un'insolita eredità Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora