Chapter 12

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Erika, dopo due estenuanti ore di pianto, era crollata in un sonno profondo, ancora appoggiata alla stesso muro. Per tutto l'edificio risuonò un forte suono gutturale. La ragazza, infastidita dal rumore, si svegliò e raggiunse la porta a tentoni. Non appena toccò il metallo freddo e ondulato, lo tirò verso di sé, aprendosi un varco.
La luce bianca e pallida della luna, penetrava più facilmente nel lungo corridoio, quindi orientarsi non era un problema.
Seguì il rumore fino alla sua fonte, dentro una stanza con il pavimento ricoperto di calcinacci; le pareti ingiallite, ammuffire e anche scrostato; pezzi di tetto pendevano pericolosamente.
Ad una parete piuttosto rovinata, più delle altre come se fosse stata presa a pugni, era appoggiato Brian. Con la testa e la mano sinistra premute contro il muro, e la mano destra a reggere il petto dolente, che si contraeva e espandeva in modo orribilmente irregolare.
Erika entrò in panico, dopo aver visto la figura sofferente di Brian, che piano piano scivolava a terra, fino a coricarsi il posizione fetale, ma continuando a contorcersi.
In preda alla forte tosse, supplicò la ragazza di aiutarlo.
-l-le... Le pillole.- con un movimento stentato della mano indicò il flacone arancio luminoso, rovesciato sui calcinacci.
Lei lo afferrò, aprì il coperchio e verso nel suo palmo tremante cinque o sei pillole.
Aiutò Brian ad appoggiarsi al muro, sollevandolo lentamente, e con molta delicatezza gli fece ingerire le capsule che dopo altri cinque minuti di agonia fecero effetto. Finalmente il ragazzo poté prendere un generosa boccata d'aria.
-E-Erika... Che ci fai qui?- chiese.
-prego Brian, qui mi ci hai portata tu.- sbraitò la ragazza arrabbiata.
-non sono stato io- lo sguardo spento del ragazzo era fisso su un punto imprecisato del pavimento.
-tu ti sei fumato il cervello secondo me.-
-smettila. Non sei d'aiuto. Ti riporto a casa, ma quello che è successo in questi giorni sarà un tabù per entrambi.-
-scherzi spero?! Prima mi minacci che se scappo mi apri la testa, poi mi vuoi portare a casa, deciditi!!-
-piantala! Io e il tizio che hai visto siamo due persone nello stesso corpo, in parole povere!!-
Erika ammutolì, sentendosi colpita dalle parole che Brian le aveva detto con rabbia.
Pensò a come si era comportato nelle ultime ore e come si era comportato con lei e gli altri abitanti del paese.
Era vero, due persone diverse nello stesso corpo. Molto probabilmente Brian era solo un ragazzo che voleva avere una vita normale, studiare, lavorare, sposarsi, avere una famiglia. Come tutti e invece proprio a lui era capitata una maledizione, una condanna per chissà quale azione, costretto a sporcarsi le mani del sangue di persone innocenti che neanche conosceva.
-scusa.-
-tranquilla, ora devo trovare una soluzione per te, perché a casa non ci puoi tornare. Lui se dice una cosa, la fa.- si morse il labbro, lasciando vagare lo sguardo su ogni singolo oggetto nella stanza distrutta.
-per me è lo stesso. Tanto a casa non ci tornerò comunque di questo passo.-
-mi dispiace, Erika, è colpa mia.- sospirò pesantemente -è colpa mia, tu avresti potuto avere una vita normale, e invece devi patire la pena di sopportarmi.-

Bad Liar {Hoodie}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora