Dodici

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Il freddo di fine novembre so fa sentire, come anche le feste natalizie.
S'ispira di già profumo di feste, regali, addobbi, cioccolata calda, e film ridicoli in TV tutti i giorni.

Chiudo lo zip del giubbotto blu scuro fino al collo e metto bene la sciarpa, copro la bocca e il naso.
Lascio fuori solo gli occhi, la fronte e la testa coperta dalla cuffia di lana rossa del medesimo colore della sciarpa.

Esco dallo spogliatoio con lo zaino in una spalla e le mani fasciate dai guanti grigi dentro le tasche profonde del giubbotto.
-Maisy. Ma, come ti sei coperta? -chiede Jason con uno sguardo divertito.
-Io soffro il freddo. -la voce esce bassa per via della sciarpa e faccio un sorriso anche se lui non può vederlo.
-Lo vedo. -fa una piccola risata e poi mi saluta.

Ieri era il giorno del mio primo stipendio.
Ero felice.
Oggi però devi fare la spesa e comprare qualche addobbo per le feste, non posso lasciare la casa priva di odore natalizio.

Mi fermo al supermercato vicino al quartiere dove abito e mi tuffo dentro per comprare le cose che mi servono.
Ho già preparato una lista di tutte le cose che mi servono e anche una lista delle schifezze.

Prendo un carrello di ferro e mi metto a girare tra i vari scaffali in cerca delle cose segante sul foglio bianco.
-Il riso... Ecco... Poi... -poso gli occhi sul foglio e vado al reparto frigo per prendere il latte, formaggi, e anche lo yogurt sia bianco sia alla frutta.

Il suono della cassa dove la ragazza passa tutti i prodotti mi sta dando alla testa.
E anche fuori da quel luogo quel rumore mi rimbomba nelle orecchie.

Salgo le scale con fatica, con tre buste in una mano e due nell'altra.
Lo zaino che sta scivolando dalla spalla.
Sbuffo, perché come sempre mi trovo in queste situazioni difficili.

Appoggio le buste per terra una volta di fronte alla porta e estraggo dalla tasca dello zaino la chiave di casa, lo infilo nella serratura e giro a sinistra, ma questa non scatta...

Apro la porta e prendo le buste da terra.
La porta era aperta, forse oggi avrò dimenticata di chiuderla, visto che ero in ritardo  per andare a lavoro.

Prendo le buste da terra e entro in casa, chiudo la porta alle spalle con un leggero calcio e lascio un sospiro una volta dentro.

Il rumore dell'acqua aperta in cucina mi fa spalancare gli occhi e assumere un espressione scioccata mentre guarda verso la porta della cucina.

Ma da quando inizio a dimenticare i rubinetti aperti?

Lascio un attimo le buste e tolgo la cuffia dalla testa per sentire meglio, il tessuto non lasciava i suoni venire meglio nelle mie orecchie.

Con passo lenti - come una gatta - cammino verso la cucina dove l'acqua continua a scorrere e poi il rumore di alcuni piatti che si appoggiano su qualcosa - il tavolo suppongo.
Mi affaccio in cucina e vedo le spalle grandi coperte da una camicia bianca e sopra un gilet blu scuro.

-Dorofey... -sussurro piano e cerco di calmare in cuore - perché anche se non voglio ammetterlo - per un momento ho pensato di essere una ragazzina che viene derubata in casa e poi uccisa, come nei film.

La vedo girarsi e mi guarda con un sorriso bellissimo in viso, e oggi il suo sorriso riesce ad arrivare agli occhi.
-Ben tornata. -dice e mostra la sua dentatura perfetta. -Ho preparato il pranzo... -indica la padella con un coperchio sopra.

Dalla paura non mi ero resa conto del profumo invitante che proviene da questa stanza.
-Oh. Grazie. Non sapevo fossi qui. -dico imbarazzata.
Mi guarda stranito e alza un sopracciglio. -Ti ho mandato un messaggio... -mo guarda negli occhi. - ...Hai anche risposto. -dice titubante.

ESCAPEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora