[...] Dopo l'ennesima litigata con la mia famiglia, stanco di subire continue angherie da parte loro, persi completamente il lume della ragione: raccolsi le mie poche cose, le chiusi in un fagotto e me ne andai, sbattendo violentemente la porta.
Pioveva incessantemente, i miei vestiti erano tutti inzuppati e, per non farmi mancare nulla, a furia di sfregarmi gli occhi ci vedevo sempre meno. Insomma, ero messo davvero bene!
Trovai riparo sotto il tetto di una chiesa, mi sedetti sul gradino che conduceva all'ingresso e mi misi con le mani in mano. Che avevo fatto di male per capitare in una famiglia del genere?
"Che Dio li possa fulminare tutti!" Gridai, con i pugni stretti e i denti serrati.
All'improvviso, mentre ero occupato a maledire le persone che mi avevano fatto del male, padre Mattioli, il parroco, uscì dalla chiesa. Mi riconobbe istantaneamente , ed io provai un senso di vergogna così grande da non riuscire nemmeno ad alzare gli occhi.
"Giovanni Battista, figliolo, che ti succede? Come mai tanta rabbia?"
"Discussioni tra familiari, padre. Niente di che"
"Ti va di parlarne? Così ti libererai una volta per tutte di questo fardello che ti logora l'anima"
Di fronte a tali parole una parte di me pensò di scappare a gambe levate, perché non mi fidavo degli uomini di chiesa, ma l'altra mi spingeva a restare e a vuotare il sacco.
"Va bene" risposi, prendendo il fagotto e portandolo all'interno della chiesa.
Padre Mattioli si sedette davanti a me, ed io iniziai a narrare la vicenda.
"Ora sapete perché sto fuggendo da qui. Vi pregherei di non cercare di fermarmi perché non ci riuscirete" dissi, concludendo.
"No, figliolo, giammai. Hai una destinazione precisa?"
"Beh, ecco, sinceramente no. E voi? Avete qualche posto da consigliarmi?"
Il religioso parve rifletterci su, poi, finalmente, pronunciò quella fatidica frase.
"La diligenza per Roma parte entro un'ora, se è lì che pensi di andare"
"A Roma? Ma padre, che vado a fare a Roma? Non ho dove andare, finirei per vagabondare!"
Mi resi conto di aver fatto una rima e risi delle mie stesse parole, lasciando il prete perplesso.
"A pensarci bene, potresti andare da Fausto de Angelis. Costui è un mio caro amico, fa il beccaio e sta cercando da tempo qualcuno che possa dargli una mano"
Ma com'è possibile che in tutta Roma non ci sia nessuno disposto ad aiutarlo? Pensai, evitando però di parlare a voce alta.
"È come cercare un ago in un pagliaio, non so se ve ne rendiate conto"
"Aspetta, Giovanni Battista, fammi finire di parlare. Abita a Castel Sant'Angelo, in una casetta accanto alle carceri della città. Non è difficile da trovare, fidati di me"
"Va bene, e una volta che l'ho trovato? Cosa dovrò dirgli?" Chiesi, sempre più confuso.
"Digli che ti manda Arturo Mattioli, ti accorgerai che ti accoglierà come un figlio. Buona fortuna per tutto, te lo meriti"
Detto questo, si alzò e mi strinse la mano. Ricambiai vigorosamente, poi tirai fuori dalla tasca alcuni spiccioli ed uscii dalla chiesa.
Aveva cessato di piovere e il sole stava facendo capolino dalle nuvole; mi diressi verso il piazzale in cui passavano le carrozze per tutta Italia e aspettai.
Quando finalmente la vettura giunse proprio davanti a me, ero incredulo e smarrito allo stesso tempo.
Diedi al vetturino le poche monete che mi ero portato appresso e salii a bordo, pieno di gioia e di speranza per il futuro, che si prospettava assai interessante.
STAI LEGGENDO
L'ultima grazia
Ficción históricaGiovanni Battista Bugatti, meglio noto come mastro Titta, è l'ex boia del Papa. Ormai anziano e prossimo alla morte, si ritrova a ripercorrere ogni momento della sua vita passata; dall'incontro con la donna che sarebbe diventata sua moglie alla sua...