La sera del 2 maggio 1796, dopo aver cenato all'osteria assieme al fiscale e a uno dei birri, stavo per tornarmene a casa.
Quella giornata per me fu estremamente faticosa; avevo appena trovato lavoro come ombrellaio in una bottega, di cui ero già divenuto il proprietario, ed ero esausto.
L'uomo che anni addietro l'aveva aperta, tale Fabio Costa, era troppo anziano e malato per continuare a gestirla e, dopo avermi messo in prova qualche giorno, mi disse che me l'avrebbe venduta più che volentieri.
Ero contento, perchè quello poteva essere un buon modo per dimostrare alla gente che il boia e Giovanni Battista erano due persone "diverse".
Il primo, ogniqualvolta doveva compiere il suo lavoro, era freddo, insensibile, distaccato. Tutti i carnefici erano tenuti a non farsi impressionare dai condannati o dal patibolo stesso, altrimenti le loro non sarebbero state delle buone esecuzioni.
Il secondo, invece, era la persona sotto il mantello rosso, indossato ad ogni condanna eseguita. Mi sono sempre reputato una persona abbastanza gioviale, forse un po' impulsiva, ma anche accomodante e pronta ad aiutare chi ne avesse bisogno.
Mi ero alzato alle prime luci dell'alba per aprire, e avevo lavorato ininterrottamente fino all'ora di pranzo, per poi riprendere nel pomeriggio e terminare solo a crepuscolo inoltrato.
Avevo mangiato solo un piatto di minestra, per mancanza di appetito, ma mi sentivo come se avessi ingerito chissà cosa.
"Giovanotto, aspettatemi che vi riaccompagno a casa" mi disse il gendarme, facendomi cenno di fermarmi.
"No, non è necessario. So camminare benissimo con le mie gambe" gli risposi, mettendomi il mantello nero sulle spalle. Avevo bisogno di starmene un po' da solo, fuori da quelle quattro mura in cui, per ragioni di incolumità personale, ero obbligato a rimanere quando non lavoravo.
"Forse è meglio che vi accompagni, o preferite avere altri problemi con il popolo?"
"Ho detto di no, vado da solo. Per una volta, fatemi respirare un po' di libertà" ribadissi, col tono di chi non ammetteva repliche di sorta.
Nessuno dei due osò ribattere, perché sapevano che, anche se avessero voluto, non sarebbero riusciti a fermarmi.
"Detto questo, signori, buonanotte. Con permesso"
Uscii dalla taverna e mi diressi verso il centro della città, camminando piano, per godermi ogni minuto passato fuori da casa mia.
Di punto in bianco, appena arrivai in piazza del Popolo, un urlo agghiacciante si levò nel cielo.
Proveniva dalla parte opposta a quella in cui mi trovavo e, per vedere chi fosse, corsi a perdifiato attraversando lo spiazzo in poche falcate.
Steso per terra, con un getto di sangue che gli fuoriusciva dal fianco, c'era un ragazzo che, appena mi vide, alzò la mano e mi salutò. Era terribilmente tranquillo, nonostante fosse immerso in un lago rosso che andava via via espandendosi.
"Cosa...cosa vi è successo?"
"Oh, m'hanno semplicemente accortellato. Niente de che, ma grazie che ve sete preoccupato!"
"Bisogna fare qualcosa, bisogna chiamare qualcuno o morirete dissanguato! Fortunatamente avete gridato, altrimenti non vi avrei mai visto"
"Non so' stato io a urla', ma mi' sorella. Pare che c'ha er diavolo 'n corpo, sembra fori de senno!"
Io, scioccato, non proferii parola per qualche istante. Come caspita faceva a stare tranquillo sapendo di essere in pericolo di vita?!
La luce della luna era fioca, ma riuscii comunque a guardare il ferito in faccia. Era un giovanotto con i capelli ricci e neri, il viso paffuto e il naso piuttosto grande. Lui, con mia grande sorpresa, mi riconobbe istantaneamente.
"Ma voi... voi sete er boja! O madonna, grazie d'ave' ascoltato 'e preghiere mie! Grazie!"
Non sapevo se stesse delirando o se dicesse sul serio, ma cominciavo a preoccuparmi. Mi tolsi il mantello di dosso, strappai una manica e la strinsi attorno alla vita del giovane, tentando disperatamente di fermare l'emorragia.
"E chi l'avrebbe mai detto, er boja che me trova lungo pe'tera e me presta soccorso? Io, poi? Ma questo è 'n miracolo!!" Affermò, stringendomi la mano.
"Portate pazienza, ora vado a chiamare qualcuno. Tenete una mano sopra la fasciatura che ho applicato sulla ferita, dovete cercare di fermare il sangue" lo implorai, temendo che potesse spirare da un attimo all'altro.
"No, aspettate! Ditemi come... Toh, ecco mi' sorella!"
La ragazza in questione, che fino al secondo prima stava correndo, mi guardò e arrestò bruscamente la sua corsa.
"Giovanni Battista, siete voi?"
"Benedetta... sì, certo!"
Non ci potevo credere. Quindi lei era la sorella del giovane sanguinante.
Quando si dice il destino..."Ve l'avevo detto che prima o poi ci saremmo rincontrati, la mia era una promessa!!"
"Ne ero sicuro, ci avrei messo la mano sul fuoco. Anche se non immaginavo di incontrarvi in una situazione simile!"
"Benedetta, ma ve conoscete? E perché nun m'hai detto niente?" Protestò lui, provando ad alzarsi.
"Sta'buono, Cesare, rimani disteso! Eccoli, stanno arrivando i due uomini che ho chiamato" Osservò lei, indicando due individui che a grandi passi ci stavano raggiungendo.
"E voi?" Mi disse, quasi spaventata.
"Che fate ancora qui? Se vi vedono..."
"Gli spiego quanto appena accaduto. Prima voglio assicurarmi che vostro fratello si riprenda, poi vedrò cosa fare" la calmai, accarezzandole il viso.
I due, ringraziando il cielo, non mi riconobbero. Raccontai loro quanto avevo appena visto, poi, dopo aver chiamato rinforzi, presero Cesare in spalla e lo portarono via.
Lo avrebbero medicato in modo eccelso, ne ero fermamente convinto, e in poco si sarebbe completamente rimesso.
"Non so come ringraziarvi, gli avete davvero salvato la vita. Senza il vostro provvidenziale intervento, mio fratello sarebbe morto"
"Volete sapere la verità? Se non fosse stato per voi, che per farvi sentire avete urlato come un'aquila, io avrei continuato tranquillamente a passeggiare. Quindi il merito è solo ed esclusivamente vostro"
Lei mi abbracciò, poi posò la testa piena di ricci sul mio petto. Se l'era vista davvero brutta, infatti in quel momento era alquanto agitata.
Non le chiesi spiegazioni, preferii farmi gli affari miei piuttosto che crearle altri pensieri.
"E voi, Giovanni Battista? Dov'è che stavate andando, prima di soccorrere mio fratello?"
"Ero diretto verso casa mia, ma prima volevo respirare un po' d'aria. Pensate che il fiscale e il gendarme insistevano nell'accompagnarmi, vedendo quanto è successo direi che ho fatto bene a non accettare!"
"Già, altrimenti non saremmo riusciti neanche a parlare. Mi permettete almeno di chiedervi una cosa?"
"Sì, ditemi pure" risposi, sempre più sorpreso.
"Visto che la vostra abitazione è dall'altra parte del ponte ed ora è tardi per girare da soli, che ne dite di venire a dormire a casa mia?"
"Cosa? Ma Benedetta, guardate che..."
"Lo prendo come un sì! Venite, vi faccio strada"
Senza darmi il tempo di replicare, mi prese per un braccio e mi condusse dentro un dedalo di vicoli, in mezzo ai quali non riusciva ad arrivare nemmeno la luce lunare.
Mi bastò un secondo per capire quanto quella ragazza fosse straordinaria, e ancora meno per poter affermare che non me la sarei mai fatta scappare.
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L'ultima grazia
Ficción históricaGiovanni Battista Bugatti, meglio noto come mastro Titta, è l'ex boia del Papa. Ormai anziano e prossimo alla morte, si ritrova a ripercorrere ogni momento della sua vita passata; dall'incontro con la donna che sarebbe diventata sua moglie alla sua...