All'inizio non era stato facile, vivere in un bunker con letteralmente la fine del mondo all'esterno.
I giorni passavano molto lentamente per Bellamy e Clarke, insicuri sul loro futuro.
Era stato molto difficile trasformare Bellamy in un sangue nero, per Clarke. Era terrorizzata dall'idea di fare qualcosa di sbagliato e condannarlo a morte. Non poteva permetterlo, soprattutto dopo che lui aveva scelto di rimanere sulla terra con lei. Avrebbe voluto urlargli contro, dirgli quanto era stato imprudente e sciocco a fare una cosa del genere, ma la verità è che quando, rientrata a fatica e sofferente nel bunker, lo vide li ad aspettarla, si mise a piangere dalla gioia e lo strinse fortissimo a se prima di svenire tra le sue braccia.
L'estrazione del midollo osseo senza alcun tipo di anestesia fu a dir poco straziante, ma lo avrebbe fatto altre mille volte se questo avrebbe significato salvarlo.
E poi l'ansia, la paura di uscire dal bunker dopo qualche settimana prima che le provviste finissero. Avevano affrontato anche quello però, sempre insieme.
Il loro rapporto era sempre stato speciale, stretto. Ma mentirebbe a sé stessa se non ammettesse che quella situazione li aveva avvicinato ancora di più.
Avevano trovato un rover e si erano diretti a Polis. La delusione e il dolore nel non essere riusciti a comunicare con la loro famiglia sarebbe stata devastante se non avessero avuto ognuno l'appoggio dell'altro. Si erano abbracciarti stretti quella notte e si erano addormentati così, tra le lacrime nel retro del rover.
E il giorno dopo era iniziato il lunghissimo viaggio alla ricerca di un posto abitabile per loro due, per quella che era ormai la loro piccolissima famiglia.
Avevano litigato, urlato e pianto. Per lo stress, per la fame, ma soprattutto per la paura di perdere l'altro.
Sembrava un miraggio, un sogno, quando videro del verde estendersi davanti ai loro occhi.
Scesero dal rover con le lacrime agli occhi e senza nemmeno rendersene conto si presero per mano mentre varcavano la soglia del posto che avrebbero presto chiamato casa.
La pace non è una cosa che arriva facilmente per loro, questo lo avevano ormai capito da tanto. Questo non vuol dire che trovare centinaia di cadaveri carbonizzati sia stato meno difficile.
Non si erano detti nulla, si erano solo guardati negli occhi ed avevano iniziato ad esplorare la zona per poi iniziare a raccogliere tutti i cadaveri e dargli un degno congedo, cremandoli come prevedeva la tradizione terrestre.
Bellamy si era poi proposto di andare a caccia mentre Clarke sceglieva una casa nella quale trascorrere la notte. Era sottinteso che avrebbero occupato la stessa casa, il solo pensiero di stare lontani per più del necessario li terrorizzava.
Fu durante la cena che la videro per la prima volta, una bambina che li osservava da dietro un albero. Si alzarono subito in piedi e provarono a raggiungerla. Capirono poco dopo che la cosa non era gradita, quando Clarke rimase intrappolata in una trappola per animali e quasi svenì dal dolore. Bellamy la dovette portare in braccio fino al villaggio, Dio quanto era terrorizzato. C'era sangue da per tutto ed era straziante vederla così sofferente.
Dopo averle medicato la ferita finalmente Clarke svenì dal dolore e Bellamy non si mosse per un secondo dal suo fianco.
La rividero ancora il giorno dopo e quello dopo ancora e quello dopo. Le lasciavano sempre porzioni del cibo che cacciavano in bella vista, ma non provarono più ad avvicinarla per paura di spaventarla. Avevano capito che era sicuramente un sangue nero e quindi era sola.
Andarono avanti così per un po' di settimane, fino a quando una sera lei non li raggiunse al falò e si sedette con loro, ma a distanza di sicurezza.
Bellamy e Clarke si scambiarono un sorriso e le porsero del cibo. Passarono la serata in silenzio fino a quando la bambina non parlò, nella lingua dei terrestri.
"perché tu ed il tuo fidanzato siete ancora vivi?"
"Siamo dei sangue nero, come te giusto?" non corresse la sua supposizione sul loro rapporto, in fondo era solo una bambina, si disse. In realtà sapeva di non averla corretta semplicemente perché non voleva.
"Che cosa ti ha chiesto?" le chiese Bellamy, non essendo molto bravo con la lingua dei terrestri.
"Come mai noi siamo ancora vivi". Le rispose lei.
"Come ti chiami?" Chiese poi rivolgendosi alla bambina. Non ebbe una risposta fino a qualche giorno dopo, poiché questa si alzò ed andò via non ancora abbastanza fiduciosa per aprirsi.
Madi. Si chiamava Madi. Lo disse a Bellamy, durante una passeggiata improvvisata nel bosco tra i due che si erano incontrati per caso. Le piaceva Bellamy, le permetteva di aiutarlo a cacciare.
Le cene insieme divennero sempre più frequenti, così come le notti in cui Clarke si dirigeva nel letto di Bellamy senza alcun apparente motivo. Lui non chiedeva nulla, le faceva spazio e aspettava che fosse lei ad annullare la loro distanza appoggiandosi al suo petto, così che lui potesse abbracciarla. E poi divenne routine.
Madi ronzava sempre intorno a loro, iniziava a fidarsi ed accettò anche un cambio di vestiti.
Dopo qualche mese si trasferì con loro, e vedere come quei due si guardavano, abbracciavano e sorridevano non aveva fatto altro che confermare la sua supposizione del primo giorno in cui li aveva conosciuti. Ne ebbe una maggiore conferma una notte quando sentì le urla di Clarke, senza dubbio dovute ad un incubo e preoccupata si diresse verso la loro camera e li trovò a baciarsi come per eliminare ogni tipo di dolore e sostituirlo con questo nuovo ricordo. Uscì dalla stanza senza farsi notare.
E poi i baci furono più frequenti, al mattino prima della colazione, quando si separavano per andare a cacciare, nei momenti di tranquillità seduti al ruscello e in ogni momento possibile senza alcun motivo apparente se non la voglia di esprimere l'amore che provavano l'uno per l'altra.
Erano passati un po' di mesi quando, una sera, Bellamy non era ancora rientrato dalla battuta di caccia per la quale era partito il mattino. Clarke era preoccupatissima anche se cercava di non darlo a vedere per non turbare Madi, le tremavano le mani e non riusciva a stare ferma un attimo.
Quando lo vide rientrare nel villaggio corse verso di lui e gli cinse le braccia al collo stringendolo forte e dandogli un bacio disperato.
"Ti amo" gli disse, per la prima volta, guardandolo negli occhi.
"Ti amo anch'io" gli rispose lui stringendola nuovamente a se.
Stava pensando a tutto questo Clarke, sei anni dopo, mentre stringeva tra le braccia la piccola Aurora, al fianco del suo bellamy che cingeva il suo braccio intorno a loro e l'altro sulle spalle di Madi.
Pensava alla sua famiglia ed a quanto l'amasse, mentre la rimanente parte della loro famiglia scendeva finalmente di nuovo sulla terra a bordo di una nave spaziale.
STAI LEGGENDO
I need you | bellarke one shots
FanfictionUna serie di one shots bellarke scritte in momenti di sconforto per colpa di Jason. Praticamente le scene di cui tutti noi abbiamo bisogno ma che probabilmente non vedremo mai.