Sguardi, paure e chi più, chi meno

418 27 25
                                    

28 GIUGNO 2020
Ore 00:23

Era stata la giornata, o meglio dire serata, più bella della vita di Elia. Per la prima volta aveva portato in giro per la sua città, per la sua tanto amata Roma, mano nella mano, una persona che amava davvero, un ragazzo. Lo aveva fatto perché non era solo, sapeva che i suoi amici erano con lui in quel momento ed evitava, allo stesso tempo, di pensare a quello che i suoi genitori avrebbero potuto dire vedendolo così felice, lui era felice, ma loro non lo sarebbero stati.

- È stato bello –

Riuscì a dire il più piccolo quando Filippo gli mise una mano sulla spalla e lo tirò più a sé, come a proteggerlo, a proteggerlo da quegli occhi indiscreti che li fissano insistentemente e li definivano “strani" anche non parlando. Quanto potevano parlare gli occhi, più delle parole, in circostanze del genere Filippo lo aveva capito e aveva imparato ad accettarlo, ormai erano anni che era oggetto di quegli sguardi, come quando al liceo avevano deciso di attaccarlo pubblicamente scrivendo sul muro principale, lo stesso dove era posizionata la porta d'ingresso, “frocio di merda ritirati", ma era stato proprio allora che se n'era fregato per la prima volta. Un po’ meno era chiaro ad Elia, che a sua volta non sapeva come comportarsi. Era infastidito certo, chi non lo sarebbe stato? Non comprendeva come delle persone che non vivevano quello che stava vivendo lui potessero comprendere e giudicare, in aggiunta negativamente.

- Si –

Sorrise anche Filippo, continuando a stringere a sé il moro

- Guarda che li ho visti quei due ragazzi che ci stanno guardando –

Sussurrò Elia con la faccia premuta contro il petto del maggiore che aveva deciso di fermarsi al centro della piazza che stavano percorrendo per tornare a casa fin quando quei due ragazzi, che anche Elia aveva visto, non fossero andati definitivamente via.

Filippo non rispose, era una delle volte che non sapeva cosa dire, non sapeva come affrontare quella cosa, almeno con le parole. Non sapeva come far capire ad Elia di affrontare quegli sguardi e non di evitarli, come stava cercando di fargli fare lui in quel momento, per paura di ricevere una reazione cattiva da parte del minore, o per una paura personale, una paura che non sapeva di avere o che era spuntata fuori in quel momento osservando Elia, lì, indifeso.

- Possiamo camminare ? –

Chiese ancora Elia, non riusciva a comprendere come Filippo, colui che riempiva i silenzi con riflessioni che lo affascinavano, ora stesse così in silenzio, ora stesse così immobile al centro della piazza e ora lo tenesse così stretto vicino al suo petto.

Fu dopo quelle parole di Elia che Filippo comprese che non c'era alcun pericolo, forse alla fine il minore era più coraggioso di lui, questo era quello che continuò a ripetersi quando decise di riprendere a camminare, non prima di scoccare un leggero bacio sulle labbra all'altro. Non gli lasciò la mano, la tenne stretta nella sua come se così si potessero scambiare quel coraggio che a uno dei due, o ad entrambi, mancava in quel momento.

- A Froci –

Furono le ultime parole che Elia riuscì a sentire lucidamente, Filippo cercò di mantenere la calma stringendo la mano dell'altro più forte. Quelle parole non provenivano dalla voce di uno di quei due ragazzi che li osservavano, proveniva da quella di una ragazza, una ragazza che stava fumando seduta al gradino di una casa lì vicino, una ragazza che Elia aveva riconosciuto, ma che, per fortuna non riconobbe lui. Sua sorella.

[…]

- Elì tutto bene? –

Sussurrò Filippo dopo aver aperto il portone di casa, ancora fuori per la strada. Non ricevendo risposta lasciò le chiavi lì, nella serratura, e si avvicinò ad Elia, lo stesso che con una spinta se lo scrollò di dosso non proferendo alcuna parola. Filippo si fece male, si fece male alla spalla, per quel colpo, ma allo stesso tempo al cuore, dove aveva sentito un piccolo rumore, come se avesse smesso di battere e poi avesse ripreso più velocemente. Si era sentito offeso, offeso dal fatto che in quel momento, forse di bisogno, il suo ragazzo non lo volesse vicino.

Il coinquilino perfetto | ElippoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora