Il trenino elettrico scorreva sotto i suoi occhi, scricchiolando ogni tanto e rischiando di capovolgersi tra una curva e l'altra. Era un piacere guardare il suo percorso, soprattutto dopo aver impiegato almeno mezz'ora per unire correttamente tutti i binari. Costruiva la sua personale ferrovia davanti allo specchio guardando il suo riflesso. Ogni tanto, di colpo, fingeva che una bella ragazza salisse sul treno: prendeva una bambola e le pettinava i capelli dorati, immaginando che fossero i suoi. L'inversione avveniva sempre e poteva vedere, con gli occhi della mente, quello che voleva.
Crescendo, si accorse che giocare davanti allo specchio era ormai diventata una routine mattutina che non poteva perdersi. Staccarsi era quasi impossibile e solo il rumore dei passi concitati di sua madre dietro la porta poteva ripulire la superficie scintillante dello specchio, per restituire al suo corpo il suo vero essere.
Provava questo ogni giorno: mentre si sistemava il colletto della camicia comprata appositamente di un colore ambiguo; quando sistemava perfettamente i capelli, prestando particolare attenzione a non far intravedere troppo le orecchie, ogni ciocca perfettamente acconciata, nel minimo dettaglio; o quando si faceva carezzare la pelle con lo spruzzo del suo profumo indefinibile, non troppo dolce né troppo pungente, solo semplicemente riconoscibile.
All'inizio dell'adolescenza qualcosa era capitata e guardarsi allo specchio era diventato scomodo, quasi fastidioso. Invertire la sua vera essenza era diventato quasi pericoloso e allora, in preda allo sconforto, si disperava e cercava sui libri più antichi la spiegazione, la risoluzione, la chiarificazione del dilemma che attanagliava le sue giornate da anni: dentro, nel suo più profondo essere, era un lui o una lei? Un angelo o una demone?
Dopo anni e anni di pratica, tuttavia, finalmente vedeva di nuovo la personcina che giocava con il trenino. Con gli occhi dell'anima si guardava, consapevole di quanto piacesse alla sua mente vedersi addosso certi vestiti anziché altri e adorava osservare le persone avendo la presunzione di tenere un segreto troppo prezioso da mostrare. Amava catturare l'attenzione di qualcuno, giocare con i suoi interessi, manipolarli, farli addirittura mutare e godere di questo cambiamento. Quando attuava l'inversione del suo riflesso, capiva di essere più interessante rispetto alla sua vera natura e poteva attirare a sé le figure umane più disparate, dalle più deboli alle più influenti, dalle più frivole alle più caparbie, dalle più insignificanti a quelle più interessanti. E cominciava il divertente gioco dell'inversione anche con loro, confondendoli con mute richieste, nascoste dietro piccoli gesti d'attenzione. Catturandoli, con finta serenità, nel suo universo lascivo; imprigionando la loro mente nell'unico pensiero di compiacere la sua volontà; adulandoli anche quando non ne riconosceva il motivo; Trascinandoli dentro il suo essere a tal punto da invertire anche la loro anima e macchiarla, indissolubilmente.
Una sola preda era riuscita a scappare via dalla sua fitta rete di manipolazione affettiva e questo aveva provocato diverse reazioni a catena, tra i quali la nascita del sospetto che fosse capace di usare l'inversione, di invertire il suo essere. Gli elogi non funzionavano più e i regali speciali neppure; le manifestazioni d'importanza avevano perso la loro intrinseca magia, cedendo il posto all'oscura varietà di casi in cui la pazienza era andata persa. Erano stati quelli i momenti in cui aveva cominciato a perderla: dentro di sé, era consapevole che prima o poi avrebbe scoperto ciò che le stava facendo, in silenzio e addirittura prima ancora di incontrarla. Il sopraggiungersi del virus non aveva aiutato la situazione e l'isolamento aveva fatto il resto.
Così adesso rifletteva, davanti allo specchio: sapeva di stare sostanzialmente cucendo addosso alla gente che incontrava l'arte dell'inversione, ricamando vite e scenari che, altrimenti, non avrebbe potuto vivere se avesse dato adito alla sua vera entità. Se avesse guardato in faccia la realtà, non obbligando le persone a guardare il riflesso della sua inversione, avrebbe potuto dire di aver vissuto con la mediocrità del suo io, con la bassezza della sua normalità. E questo non lo aveva permesso.
Per questo praticava l'arte dell'invertire, per dare nuovi scenari alla vita, per dare pennellate più accese alla consuetudine ripetitiva dell'ovvio, per sovvertire il dato per scontato e per sopraffare il suo senso di opprimente inferiorità rispetto al mondo intero.
Questo e ancora tanto altro, alberga in fondo, in ognuno di noi. Siamo due facce di una stessa medaglia: il bianco e il nero, l'oscurità e il giorno, la luce e il buio, il maschio e la femmina, la gentilezza e l'aggressività, l'assassino e la vittima, la consapevolezza e l'ignoranza: quante volte ancora saremo capaci di invertire la nostra faccia senza farci scoprire?
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Quarantine's tales
NouvellesMi sono trovata a scoprire su instagram una sfida "d'arte" denominata "INKUARANTENA" perché una mia amica ha cominciato a postare foto dei suoi disegni e della lista dei 24 titoli. Mi sono appassionata e ho spulciato sui vari profili che avevano ade...