06. Evoluzione

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Correva.

Prima con la sua moto, poi con la sua macchina e infine con le sue gambe.

In cerca di cosa ormai lo sapeva e per certi versi l'aveva trovata. Il processo di personalizzazione della sua esistenza era stato faticoso, ma poteva dirsi, a quasi trent'anni, di essere riuscito a raggiungere il suo vero sé.

Era stata dura, rincorrere le varie facce della sua personalità: molti amici non riuscivano a comprenderlo pur volendolo all'interno della loro cerchia. I suoi comportamenti erano ambigui, lo riconosceva, ma non riusciva a frenarli. Dipendevano da quello che gli altri, inconsciamente, gli avevano donato. I suoi geni.

Molte volte mentiva, per la troppa vergogna con cui doveva necessariamente nascondere il suo universo familiare, per non finire giù, per non cadere nella categoria di quel rango di persone additate come subalterne. L'aspetto timido e riservato era diventato il più delle volte il suo scudo e arrossire era l'unica arma che possedeva nei confronti delle domande scomode o anche solo degli sguardi troppo indagatori. La gente, quando arrossisci, si ritrae. E tu non hai bisogno di dire nient'altro.

A quindici anni lavorava come un matto per raccapezzarsi in quell'infinità di pezzi in cui la sua anima era stata fatta, giorno dopo giorno, grida dopo grida. Tra un piatto e un altro servito al tavolo di taverne e ristoranti, osservava i veri uomini: alti, giacca e cravatta, barba definita e sguardo sicuro che, con sorriso amabile, sedevano accanto alle mogli ben vestite e alle figlie tutte inamidate. Poi, tornando a casa, trovava il caos e quell'odore così posticcio che lo faceva nauseare a tal punto da non dormire.

La mattina a scuola era un'impresa rimanere svegli. Stava lì, perlopiù in silenzio. Studiare era un lusso a cui non poteva arrendersi, un pensiero troppo candido per il suo soffocante grado di pensieri. Nessuno lo poteva intuire, ma anche quel posto era un nascondiglio per evitare di affrontare il vero mondo degli uomini, mondo a cui non si sentiva pronto a partecipare.

Per questo aveva intensificato il suo lavoro serale, per prendere un pezzo di ognuno dei suoi clienti, per portare nella sua gabbia, quando tornava a casa di notte, dei veri ideali su cui costruire questo uomo che voleva diventare, un uomo che non doveva per nessuna ragione somigliare a quello che lo aveva generato. E via con i risparmi, con cui a soli diciotto anni si era comprato un'auto da solo. Una macchina per fuggire lontano da quella prigione in cui non distingueva più i volti di chi poteva fargli bene o male. Lo vedeva picchiare la madre e poi accendersi un sigaro come se niente fosse, invitandolo a sedersi con lui sul divano. Sentiva il suo lezzo per giorni e lo disprezzava, perfino quando gli concedeva di prendere il suo fucile per accompagnarlo nelle sue frequenti battute di caccia; lo osservava lavorare la terra per tutto il pomeriggio e lo udiva sbraitare in modo macabro il suo desiderio di cenare quando il sole calava sotto il manto giallo delle loro siepi. Raramente riusciva a mangiare quando suo padre sedeva al suo fianco.

Adesso stringeva i pugni ripensando ai morsi della fame di quegli anni e asciugava il sudore che imperlava la sua fronte: correva da più di un'ora con l'ansia che intasava ogni singolo poro del suo corpo. Non poteva stare lì per via del coprifuoco dovuto alla pandemia, ma aveva bisogno di uscire, per dare adito a quei pensieri che erano riaffiorati, sebbene adesso lui fosse diventato quell'uomo cui ambiva essere.

Rallentò la sua corsa solo un po', adocchiando la solita fontana posta al limite del marciapiede di quel quartiere e guardò l'orologio. Era quasi ora di tornare a lavoro e di rindossare la tuta ermetica: era un dottore. Sedeva ai meeting dei grandi congressi, indossava la sua giacca e la sua cravatta quasi giornalmente prima del virus, ben visibili sotto il camice bianco ed esponeva con nonchalance le sue ultime tesi sulle microtrombosi venose. In quelle ultime settimane era la mascherina l'ulteriore barriera delle sue rosse gote che nascondevano ancora un insaziabile bisogno di essere riconosciuto nell'Essere, germe che vive dentro ogni uomo.

Il vero traguardo è scovare in quale volto di ognuno di noi si nasconde. 

Quarantine's talesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora