Genesi di un Ladro

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Drume era, come avrebbe raccontato la ballata, un ragazzo sveglio e disonesto. Tuttavia, contrariamente a quanto raccontato dai posteri, il suo era un comportamento dettato dalla necessità e non dal desiderio di far dispetto. 

Da adolescente era un ragazzino fino come un filo d'erba, con le labbra strette a trattenere i pensieri e la fame. I capelli sciolti gli arrivavano alle spalle, mossi e scuri come il carbone, ma con alcune ciocche di colore chiaro, quasi argenteo. Era proprio per questa chioma così fuori luogo tra le teste bionde del villaggio, che lo avevano soprannominato "Moffetta". Forse c'era sotto un intenzione meno gentile, un infantile sarcasmo contadino travestito da burla, ma nessuno osò mai esplicitare questa intenzione. 

Era solo al mondo, e finché era stato bambino riceveva la magra carità dei contadini, nutrito di scarti e vestito di stracci, ma era sopravvissuto. A quasi nove anni si rese conto di essere davvero solo: fu una scoperta appena deludente per lui, sicuramente non se ne sorprese. Presa coscienza della sua solitudine comprese che non poteva farci nulla, che nessuno lo avrebbe mai voluto, così come nessuno lo avrebbe mai trattenuto. Ecco, Drume interpretò l'essere desiderati e amati come uno svantaggio: l'essere amati era per lui, una pesante catena che che ti teniene legato a una porta, a un tetto, a una casa. Essere soli significava essere liberi. 

Dopo essere arrivato a questa conclusione cominciò a vedere i suoi coetanei come animali, come vacche che conoscono l'ora a cui mangiare, uscire e tornare a mangiare; vacche che senza rendersi conto crescono solo per finire al macello. Inizialmente provò pena per loro, per la loro condizione. Pena che tramutò in disprezzo, quando percepì la loro commiserazione. 

Disprezzava la stupidità che aleggiava sui loro volti tondi e sorridenti, disprezzava gli sguardi che gli lanciavano, gli sguardi che si rivolgono al pulcino caduto giù dal nido: sguardi che pretendono di esprimere pena, ma che sono  intrisi di superbia, di quel pretenzioso senso di superiorità giustificato dal semplice fatto di non trovarsi nella condizione che si compatisce. 

Più cresceva il disprezzo, più Drume si allontanava dalla loro carità pretenziosa. Allo stesso tempo si sentiva più libero dalle loro regole, dalle leggi che regolavano la vita di quelle stupide bestie, animali che si seguivano gli uni gli altri, tirandosi per il collare a vicenda per la pretesa di volersi bene. 

Quando la fame gli fece tremare le membra e aguzzare l'ingegno, non gli costò alcun sacrificio morale sottrarre a chi era troppo stupido per accorgersene ciò che serviva a lui per saziarsi. 

Drume la Moffetta era diventato Drume la Gazza, ma nessuno se ne accorse finché non scomparse per non tornare più. 

La Fucina della RealtàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora