Sollevare gli occhi era stato per Drume un atto di fede e disperazione; fede perché sentiva di poter aver salva la vita se avesse tentato in quell'attimo; disperazione perché se non lo avesse fatto sapeva che per lui non ci sarebbe stato nessuno scampo. Quando ebbe sollevato gli occhi s'accorse che la repulsione che gli veniva rivolta contro nulla poteva contro di lui, come nulla poteva la rabbia cieca che lo investiva. Erano sensazioni che che conosceva tanto bene da averle rese parte della propria forza. Sapeva che nulla poteva la repulsione contro l'indifferenza, nulla la rabbia contro una forza devastante. Come il pugno di un bambino viene dilaniato dalla roccia contro cui il padrone rabbioso lo scaglia, così il disprezzo del vecchio s'infranse doloroso contro l'indifferenza del ragazzo. Quei sentimenti ferini che il ragazzo conosceva dalle bestie che ammansiva, erano più raffinati di quelle a cui il giovane era abituato. Forse proprio per questa diversa qualità quella furia era corroborante per il ragazzo. Gli occhi di Drume si dilatarono nel sentire l'immensità di forza che gli attraversava le membra, in estasi per il piacere provato. Riusciva a sentire come sua la forza del vecchio, accumulata, celata per anni. Era sua e lui era onnipotente. Guardò il vecchio e seppe di poter penetrare la coltre, il fitto mantello in cui celava la sua vera essenza; seppe di poter scoprire il perché di quell'immenso odio, chi aveva inferto la ferita del cui nettare il ragazzo s'igozzava. Era inebriato come non mai da quell'immenso calice di sangue e dolore che riusciva a percepire. Con gli occhi fissi in quelle pozze d'oro e lacrime, sfondò la corrotta porta che ne chiudeva la mente e il cuore.
Il ragazzo si ritrovò sommerso in una nebbia fitta e scura che lo avvolgeva da ogni lato. Fece un passo avanti, il tallone cozzò contro una pavimento duro e liscio, e come guardò su cosa si trovasse, dalla nebbia fuoriuscì un sentiero che si estendeva avanti e dietro di lui, ai lati del sentiero, come a obbedire alla fame del suo sguardo indagatore, s'andavano innalzando edifici di dimensioni esorbitanti, distanziati gli uni dagli altri da canali di roccia che fluivano nella strada in cui lui si trovava. Più si guardava intorno pretendendo di vedere, più la nebbia si sollevava e si allontanava, offrendogli dettagli che, sebbene ci fossero sempre stati, gli erano stati nascosti. Ai lati della strada e nelle brecce regolari sulle pareti degli edifici, crescevano degli alberi come il ragazzo non ne aveva mai visti: le radici, sprofondate nel terreno o nelle pareti delle case, sorreggevano dei tronchi dalle dimensioni più varie, che si dividevano in rami sottili e armoniosi, decorati da chiome dai rilessi aurei.
<< E così sei arrivato fin qui >>, chiese una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò. in piedi dietro di lui c'era un uomo con un volto marmoreo decorato da due occhi dorati. Era alto quanto lui, se non di più, e nonostante l'armatura e il mantello, non lo aveva sentito arrivare.
<< Chi sei? >> chiese Drume sollevando i pugni e preparandosi a fronteggiare quegli occhi che tanto lo avevano fatto soffrire. Mentre il ragazzo si preparava, la città scomparve e lui si ritrovò sospeso nella nebbia di fronte al cavaliere.
<< Siedi e parliamo >>, gli ordinò l'ospite e prese posto in una poltrona di un legno chiaro, posta vicina al focolare. Drume si guardò intorno, erano in una stanza arredata con quello che a lui parve un lusso sfrenato. Invece di sedersi sulla sedia dorata che gli veniva segnalata si porto alla finestra, ed aguzzando lo sguardo si rese conto che si trovava in cima a una di quelle torri che aveva ammirato poco prima.
Si voltò e andò a sedersi dove gli era stato indicato. L'altro lo osservava incuriosito, senza mettergli fretta alcuna. Una volta che il ragazzo si fu seduto riprese la parola:
<< Son Chahid delle Lande Dorate, e forse abbiamo iniziato col piede sbagliato >>.
STAI LEGGENDO
La Fucina della Realtà
FantasyBASTA! I LUPI MANNARI E GLI/LE ADOLESCENTI IN CALORE HANNO DATO SU QUESTA PIATTAFORMA Spazio a un fantasy che cerca di somigliare più a un Brooks o a un Verne che a un Meyer. Non prometto che il risultato vi sia gradito, ma io ci metto le migliori...