Capitolo dieci

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Dopo circa mezz'ora di caccia, da cui ricavai un grosso cervo, ritornai nella nostra stanza d'albergo, sperando si fosse svegliata. Ma non fu così. Il suo corpo giaceva immobile su quel letto color verde smeraldo. Ogni ora che passava, le sue occhiaie si tingevano di una tonalità sempre più scura di viola tendente al blu. Il movimento del suo torace era minimo, e buttava fuori dalle piccole narici un leggero sbuffetto d'aria fredda. Ma la sua mente, continuava ad elaborare discorsi e ricordi. Non si fermava mai, era come un treno in corsa. Nella sua mente scorrevano le immagini dell'ultima volta che baciò il suo Efli, a quel pensiero mi rrigidii sulla sedia di legno che avevo messo vicino al letto per poterla guardare in tutta la sua bellezza. Un altro ricordo: lei che sfrecciava fuori da quella che sembrava casa sua, per raggiungere il bosco vicino e vedere gli ultimi istanti di vita dell'unica persona che amava. Io la amavo, ma lei no. Avrei fatto qualsiasi cosa purché ricambiasse i miei sentimenti.
Iniziò a respirare velocemente, come un essere umano dopo una lunga corsa. Mi avvicinai al letto e mi abbassai verso il suo corpo immobile. Di scatto aprì i suoi occhi azzurri, talmente chiari da sembrare bianchi. Contemporaneamente incaricò la schiena sul materasso e lanciò un assordante grido agghiacciante. Con uno scatto mi sedetti sul letto e la presi tra le braccia. Stava piangendo, teneva gli occhi chiusi mentre essi facevano uscire fredde lacrime luccicanti, che asciugai quasi subito con i miei pollici.
-Hey hey, calma, è tutto okay.- dissi per rassicurarla tenendola stretta al mio petto.
-Non c'è più, non c'è più- disse quasi disperatamente, stringendo la mia camicia nelle sue piccole mani. Parlava di Efli, l'aveva 'sognato' per tutto il suo coma.
-Shh, tranquilla ci sono io con te, non avere paura- dissi lasciandole un dolce bacio sulla nuca.
Per ore continuò a piangere e a ripetere che non c'era più. Poi si calmò, le sue lacrime smisero di sgorgare dai suoi occhi chiari, e i suoi muscoli, che fino a quel momento erano rimasti tesi, si rilassarono. Aveva gli occhi socchiusi, e teneva la testa attaccata al mio petto, e mi stringeva il busto come se fossi la cosa più importante della sua vita, beh forse lo ero, forse.
-Vado a farmi una doccia- sussurrò asciugandosi le lacrime rimaste sul suo candido viso.
-Si, vai pure io ti aspetto qui- le dissi con un sorriso mentre si alzava e raggiungeva la porta di legno del bagno.
Non mi era capitata cosa migliore di lei in questi novant'anni di esistenza. Quando la vidi la prima volta, meno di una settimana fa, era seduta sui sassi ben levigati della spiaggia vicino ad uno dei porti di Boston. Un leggero venticello le sfiorava delicatamente i capelli lisci, sbattendomi in faccia il suo delizioso odore non umano. La prima volta che la sentii parlare, per me è stata la fine, sapevo che tutto ciò che volevo era lei, Jessica Parton.

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