DATA 07: "Fiore ardente"

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Tepore.

Izuku quando dormiva sognava spesso i colori e ad ognuno di essi associava una sensazione. Curiosando un po' su internet aveva capito che si trattava di sinestesia, anche se poi, consultandosi col medico, aveva capito che i suoi erano solo sogni che distorcevano ciò che sentiva.

Eppure in quel momento vide una chiazza rossa espandersi a macchia d'olio, inondandolo di un caldo piacevole.

Tepore, per l'appunto.

Da quanto tempo era rinchiuso in quell'illusione?

Non sapeva che ore fossero, ma era sicuro di voler spalancare gli occhi e capire da dove provenisse quel rosso.

Perché, diciamolo, quella sensazione sulla sua mano era fin troppo reale per essere solo nella sua testa. E soprattutto non ricordava che la sua pelle fosse così umida.

Vivi smeraldi aprirono le loro porte verso il cielo notturno e vennero riempiti dalle stelle. Pareva quasi impossibile che due occhi potessero contenere così tante costellazioni, ma in quel momento non importava cosa fosse possibile e cosa non. Lui era lì, e si stava semplicemente godendo la sensazione di essere appena stato inglobato nello spazio.

Quel magnifico momento venne spezzato da un forte bruciore che partì dalla punta delle dita dei piedi fino ad arrivare alla fronte. Sentiva il corpo che andava a pezzi e l'ansia lo assalì, come una tigre con la sua preda.

Non capiva cosa stava succedendo.

Qualche secondo fa era stato avvolto dalla nottata e da quel gradevole calore, mentre ora parevano un lontano ricordo andato in frantumi.

Mugolò appena, non trovando la forza di urlare: la gola bruciava, così come metà lato della sua faccia.

Ma che diavolo...?

"I-Izuku!"

Ci mise un po' a mettere a fuoco la figura che si trovava di fronte, ma, del resto, chi altro conosceva con dei capelli così bizzarri come i suoi?

Ora capiva da dove veniva tutto quel rosso sulla sua mano e quelle goccioline sui suoi polpastrelli parevano avere un sapore salato.

Senza assaggiarle Midoriya capì subito che nessun umano era fatto di roccia, neanche All Might.

Ognuno aveva una crepa, una debolezza, in cui poter far breccia.

E lui era diventato una debolezza per il ragazzo, ma non doveva essere necessariamente negativa.

Perché, malgrado le lacrime, Todoroki sorrideva.

Sì, ora lo vedeva, con le labbra spalancate, gli occhi chiusi e i capelli che ondulavano sul dolce viso.

"Va tutto bene, tutto bene" pigolò Shouto, tra un singhiozzo e l'altro "Molto probabilmente... si, gli antidolorifici sono finiti per questo hai così male, oddio sono così, così felice che tu sia vivo, scusami, scusami se sono stato un idiota e tu sei in questo stato e..."

"Shouto" la voce uscì fragile. Sollevò con lentezza e fatica la mano bucata dai vari aghi fino a raggiungere finalmente la guancia del giovane.

"Tranquillo, io sono qua" sospirò l'aria trattenuta dal dolore "Malconcio, ma ci sono" cercò di accennare un sorriso storto, solo per vedere Todoroki imitarlo.

Era incredibile. Era bastato fare una piccola crepa a quel muro che divideva la loro profonda amicizia e l'amore. E, attraverso essa, ora intravedeva due figure molto familiari stringersi e camminare silenziosamente verso un orizzonte ignoto, che non importava a nessuno dove portasse finché le loro mani sarebbero state unite.

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