Mi chiamo Zulema Zahir. Tutta la mia vita sono stata costretta a scappare, a fuggire, a difendermi da sola da un destino bastardo che non ne voleva sapere di vedermi felice.
Ho imparato a non avere paura, di niente e nessuno.
Ho dentro di me la forza di mille uragani, i miei occhi dal taglio arabo narrano di radici e luoghi lontani. La mia mente è la mia più grande alleata. Mi affido a lei quando il rischio si avvicina, quando mi ritrovo con i pugni al muro. Ne sono sempre uscita vittoriosa.
Ho trascorso la mia intera vita dietro alle sbarre, per quale motivo? Perché ho ucciso un maledetto figlio di troia, colui che ha strappato mia figlia dalle mie braccia non appena l'ho data alla luce.
E qualora ve lo steste chiedendo, no, non sono pentita e lo rifarei altre mille volte.
Da quando sono finita dentro, ho sempre avuto un pensiero fisso nella mia mente: la libertà. Ho ucciso per la mia libertà. Ho fatto di tutto pur di abbandonare prima Cruz del Sur, poi Cruz del Norte.
Negli anni trascorsi in questi grossi blocchi gialli, ho visto di tutto e sono persino riuscita a creare dei legami. No, avete capito male. Io non sono amica di nessuno.
Le uniche persone che porto nei miei pensieri sono tre.
La prima è colei che ho amato più di ogni altro al mondo, mia figlia. Tutti la conoscevano come Fatima, ma non era questo il nome che avevo scelto per lei. Avrei voluto chiamarla Lana. Tanti sono i significati dati a questo nome, ma quello che più mi piaceva era "luce". Ho rivisto mia figlia solo dopo 18 anni, a Cruz del Norte e non ho voglia di parlare della sua morte. Di come me l'hanno strappata, ancora una volta, via, ma stavolta, per sempre.
So solo che per quei pochi attimi, quella luce che era lei in tutto il suo essere, mi ha accarezzato il cuore spazzando via, per poco, quel buio eterno che mi porto dentro.
Poi c'è la sorella che mi sono scelta in questa vita maledetta: Saray, la mia regina gitana. Saray è un sole, è un vulcano, i suoi occhi parlano e ridono e si infuocano. Saray è una madre stupenda, quella che io non sono mai stata. Saray è la mia comadre, la mia socia. Saray è vera, pura. Saray farebbe di tutto per me, ed io, per lei.
Infine c'è lei, e vi posso assicurare che se me l'avessero detto anni fa, avrei riso così forte da spaccare i vetri di tutte le carceri Cruz. Il suo nome è Macarena Ferreiro, che mi limito a chiamare Maca o Rubia o puta rubia.
Quando è arrivata a Cruz del Sur era una bamboccia, intimorita, fragile, ci siamo odiate dal primo istante. Ci siamo distrutte a vicenda, siamo arrivate a sfiorare la morte più volte e non riesco a capire come sia possibile che dopo tutto quello che abbiamo rischiato, siamo ancora qui. Io e Maca siamo las gemelas vitelinas, yin e yang, bianco e nero, luce e buio, vita e morte.
C'è una strana forza che costantemente attira l'una verso l'altra. Vorremmo ucciderci a vicenda, ma non abbiamo mai avuto il coraggio di farlo. E' come se le nostre anime si siano mescolate, unite, al punto tale da non poter più lasciare andare l'altra.
Non so se lei percepisce lo stesso, ma io, ad oggi, non riuscirei mai ad immaginare la mia inutile vita sapendo che da qualche parte nel mondo non ci sia una puta rubia ad odiarmi, e poi a volermi improvvisamente bene, a puntarmi una pistola per poi non aver la forza di premere il grilletto. No, impossibile.
Sono appena uscita da Cruz del Norte. Sono libera. Ah, la libertà, quanto l'ho cercata, quanto ho lottato per lei. Quanti piani buttati al vento, ho anche ucciso per essere libera.
Ma adesso, non so cosa farmene di questa libertà. Perché non ho un obiettivo, perché sono sola.
Fisso il cielo, finalmente privo di sbarre, inalando il fumo della mia sigaretta. Spalle contro il muro. Ho tutta l'apparenza di una che sta aspettando. Un autobus, una persona, un qualcosa. Ma la verità è che non sto aspettando assolutamente niente e nessuno. Forse vorrei che passasse un autobus, mi piacerebbe visitare il cimitero dov'è sepolta mia figlia.
D'un tratto sento suonare, una macchina sbuca dal nulla nel silenzio più totale di quello che è l'esterno di Cruz del Norte.
Non ci posso credere, è lei. La puta rubia. Che cazzo ci fa qui?!
E' stata liberata prima di me, credevo che allontanarsi dal carcere e soprattutto da me, fosse ciò che aspettasse con più impazienza.
"Che ci fai qui?" dico fissandola, cercando di dissimulare la mia sopresa nel vederla.
"Non so, volevo vederti. Sapere come stessi, sì insomma, come te la passassi." abbozza con un mezzo sorriso al volante, per poi scendere dall'auto.
Scambiamo qualche parola, leggo nei suoi occhi un velo di malinconia, il carcere segna tutti, nessuno sconto.
Mi piacerebbe abbracciarla, dirle che sono contenta di rivederla, ma non riesco quasi mai a lasciarmi andare. Mi chiede se ho bisogno di un passaggio, se devo andare da qualche parte.
"Salta su!" risponde alla mia richiesta di raggiungere il cimitero. Beh, non proprio. Lei ancora non lo sa, ma sarà proprio lì che mi farò lasciare.
Abbasso leggermente il finestrino lasciando che il vento scompigli i miei capelli mentre fisso la strada scorrere sotto i miei occhi. Percepisco lo sguardo di Maca che ogni tanto si posa su di me e che ogni volta che mi volto, magicamente si distoglie.
Forse è questa la soluzione per non ucciderci: trovare la distanza adatta. Non troppo vicine, non troppo lontane.
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Zulema & Macarena - Tu sei la mia casa
FanficZulema e Macarena, bianco e nero, yin e yang, vita e morte. L'incastro perfetto al di là delle sbarre.