Capitolo 8 : due chiacchiere con un mostro

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La stanza era divisa in due parti molto diverse tra loro. la prima parte era grigia e spoglia con solo una sedia come mobilio, e vi era la porta che Lauren aveva appena attraversato. L'altra parte era totalmente bianca e vi erano a destra, attaccato al muro, un letto non rifatto, con il cuscino, il materasso, il lenzuolo e la coperta bianchi, poi al centro della stanza c'era una scrivania, a sinistra una stanza trasparente in cui si potevano notare un water e una doccia, una libreria tra il letto e la scrivania, piena di libri. Questa parte di stanza era separata da quella in cui si trovava Lauren da uno spesso muro di vetro, forse di plexiglass, con qualche foro per permettergli di respirare: era letteralmente in una gabbia. Sul vetro, inoltre, vi era uno sportello in metallo attraverso cui i secondini potevano dargli i vari pasti giornalieri e una porta impossibile da aprire dall'interno o dall'esterno tranne per chi avesse un tesserino identificativo da passare sulla toppa.

Proprio davanti alla libreria vi era il criminale, il Portatore di Morte, il Cavaliere dell'Apocalisse. Lauren non sapeva cosa aspettarsi dal criminale, ovviamente non si aspettava corna, artigli e una coda, ma si aspettava qualcosa di particolare. Beh, lui era l'immagine della normalità. O quasi.

Era alto un metro e novanta ed era di corporatura robusta. Era mediamente muscoloso e indossava la classica tuta carceraria con il suo numero sul petto, a destra dello sterno, non indossava scarpe, per cui camminava scalzo.

Aveva un volto allungato, su cui saltavano all'occhio i suoi occhi verdi, per cui i led mostravano delle pagliuzze azzurre e dorate all'interno delle sue iridi e questi colori erano inghiottiti dal nero delle pupille. Sul suo occhio destro, inoltre, vi era una gigantesca cicatrice che partiva dal centro della fronte per poi scendere verso destra, attraversando l'occhio, per poi passare sullo zigomo e sulla guancia e finire sull'angolo della mandibola. Era bianca per cui non era molto recente e il suo occhio era ancora funzionante, forse a seguito di cure mediche. Aveva un naso lungo e proporzionato al volto, dei disordinati capelli rossi e un principio di barba sulle guance e sul mento.

Era affascinante in modo misterioso e attirava chiunque con quei magnetici occhi verdi.

In quel momento era in piedi davanti al vetro e dal verso in cui era girata la sedia, che era situata dietro alla scrivania, molto probabilmente era seduto lì fino a pochi minuti prima.

"Bene, bene, bene, tu chi sei, farfallina?" Domandò lui, avvicinandosi ancora di più al vetro, finché non fu a un passo da esso.

Lauren era infastidita dal suo continuo chiamarla "farfallina" e così disse:"Salve, qui le domande le faccio io, non mi chiami farfallina e saprebbe dirmi se conosceva questa donna?" si avvicinò al vetro di protezione e, dopo aver preso una foto dal fascicolo della vittima la premette sulla gabbia. "Si chiamava Sarah Brown" aggiunse poco dopo.

Lui osservò la foto, ma dal suo volto non si riusciva a carpire la minima emozione che stesse provando in quel momento, né a comprendere i suoi pensieri.

Era impenetrabile. Anche per lei.
Si prospettava un interrogatorio non facile.

"Come siamo professionali farfallina, comunque vorrei sapere come la mia risposta alla tua domanda potrebbe giovare, oltre a te, a me" riflettè con un sorriso divertito e strafottente, che Lauren avrebbe voluto strappargli dalla faccia a suon di cazzotti.

Era lì da pochi minuti e già non lo sopportava più. Fantastico.
"Senta, potrebbe rispondere alla domanda? Otterrà benefici in base alle informazioni che mi fornirà, per cui, parli !" Affermò lei, cercando di mantenere la calma.

"Interessante, ma come so che non mi stai promettendo benefici inesistenti, solo per ottenere ciò che ti serve?" Approfondì lui, guardandola dritto negli occhi.

Un mondo di persone grigie , dalle ombre rosseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora