XXXIII. La confessione di Ventadour

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Smokey si fece portare uno sgabello di legno, poi liberò il thug dalle catene e lo costrinse a sedersi

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Smokey si fece portare uno sgabello di legno, poi liberò il thug dalle catene e lo costrinse a sedersi.

«Inizia col dirmi perché non avete sacrificato i bambini a Kalì» ringhiò lei, incrociando le braccia. «Non che ci dispiaccia, ma non è il solito modo in cui voi assassini operate!»

Il prigioniero rifletté un poco sulla domanda, forse per trovare le parole giuste per comunicare i suoi pensieri.
«Colui che la dea ha scelto... Lui ha detto no sacrifici. Kalì no vuole sangue, ma sudore per la costruzione del suo tempio!»

«Un altro?» borbottò Smokey, rabbrividendo d'istinto. «Dove?»

Il thug parve esitare, ma bastò il sibilo minaccioso delle protesi della donna che si aprivano per convincerlo a rispondere precipitosamente:
«Nelle terre dell'inverno, alla fine del mondo!»

«Forse intende le Terre Bianche» intervenne Ventadour, così incuriosito da dimenticare, per qualche istante, cosa lo aveva portato in quei sotterranei. «Le lande in cui una volta sorgeva l'Impero Russo.»

Il prigioniero annuì. Smokey e il francese si scambiarono un'occhiata perplessa: le Terre Bianche erano vaste distese di ghiaccio e neve, per lo più disabitate.
"Anche se ci fossero dei pazzi abbastanza fanatici e danarosi per costruire un nuovo tempio a Kalì, le Terre Bianche sarebbero l'ultimo luogo in cui mettere in atto un tale progetto!"
«Dammi qualche informazione in più» ordinò la donna.

«Non so!» balbettò l'indiano, tentando di farsi più piccolo sullo sgabello. «Lui parlava di un luogo... Baltia. Baltia è la nuova dimora della nostra signora, è da lì che proviene la magia!»

«Magia?» gli fece eco Smokey, mettendosi a ridere. «Magia! Ci hai forse presi per stolti? Ti farò passare la voglia di ridere a spese dei tuoi carcerieri, ragazzo!»

L'uomo si agitò oltre misura e gli occhi da squamato divennero completamente neri mentre con uno slancio tentava di guadagnare l'uscita; Smokey gli fu addosso in pochi istanti e con una cattiveria che non le era usuale gli piantò una delle lame seghettate nel polso, ruotandola fin quasi a staccargli una mano.
Il thug ululò di dolore, cercando in tutti i modi di sfuggire alla sua presa, mentre Ventadour osservava basito la scena.
Il francese agì perciò con qualche secondo di ritardo, spiegando un'ala per bloccare l'ennesimo affondo di Smokey: le protesi stridettero quando sfregarono malamente l'una contro l'altra e i nervi biomeccanici fremettero per il fastidio. La donna alzò lo sguardo su di lui con un ringhio, pronta a rivoltarsi contro di lui come una belva della jungla.

«Basta così» l'ammonì, prendendola per un braccio e aiutandola a rialzarsi mentre l'indiano si trascinava lontano da loro, andando a rintanarsi in un angolo della cella.

«Quest'uomo è la miglior occasione che abbiamo per arrivare ad Harvey!» sibilò lei in risposta. «E se non otteniamo in fretta le informazioni che ci servono le tracce si raffredderanno!»

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