XLVI. Chiudere il cerchio

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Smokey strinse i denti fino a farli scricchiolare e si tirò in piedi, facendo leva sulle sporgenze rocciose alle sue spalle. La ferita al fianco la stava privando rapidamente di ogni energia, ma aveva udito diverse persone muoversi tra i geyser e temeva di aver commesso un errore nel lasciare troppo sguarnito l'accesso all'alternatore.

«Devo tornare da loro» si disse, richiamando alla mente il volo imberbe dei due giovani Floriani. «Hanno bisogno di me.»

«C'è sempre bisogno di voi, tenente, ma non potete salvare tutti.»

Dal vapore alla sua sinistra era emerso un ragazzo bruno, dai grandi occhi scuri e curiosi che la fissavano con compassione. Smokey lo conosceva bene, aveva il suo viso bene impresso nella memoria, dato che Nigel Maddox era tra i brigatisti uccisi a Kaluaduipa; eppure, quando s'inginocchiò accanto a lei le sembrò più reale che mai.
«Oh, no» borbottò, strizzando gli occhi e premendo una mano sulla ferita nella speranza che il dolore cancellasse quella follia. «No, non ho tempo per queste stronzate!»

Maddox continuò come se non l'avesse sentita.
«Non potevate salvare noi allora, e non potete far nulla per questi uomini adesso. State morendo, tenente.»

«Zitto!» ringhiò lei con un'ombra dell'autorità che un tempo aveva esercitato su di lui.

«Però ha ragione, non farete mai in tempo» aggiunse Samuel Taylor, voce senza corpo di un veterano della Brigata Alata che pure aveva perso la vita sull'isola maledetta.

Smokey d'istinto scandagliò con lo sguardo le spoglie pareti della caverna, poi scosse la testa.
"Cosa sto facendo? Sono morti entrambi, sono solo nella mia testa... È tutto nella mia testa..."
Barcollò in avanti, decisa a raggiungere la sua meta, ma bastarono pochi passi per provarle che le visioni dei suoi compagni perduti avevano ragione: non aveva neanche la forza necessaria per tenersi salda sulle gambe.
«Non riuscirò mai a ritrovare la strada in questo inferno» mormorò, ma quando si voltò a controllare Maddox era scomparso, inghiottito dal vapore e dai tarli della sua stessa mente che si faceva ogni istante più confusa.

Sconfortata, Smokey lasciò vagare lo sguardo lungo le pareti di roccia che s'innalzavano per diversi piedi sopra la sua testa, percorse dai robusti tubi di ferro che incanalavano verso l'alternatore il calore emesso dai geyser.
La donna inclinò il capo di lato, fissando l'occhio buono sulla fitta rete di tubi che, simili a fili di ragnatela, s'intersecavano più volte lungo il loro percorso.

«Puoi ancora fare il tuo dovere.»

A parlare questa volta era stata Regina, una sua buona amica dai tempi dell'Accademia; Smokey vide la sua immagine davanti a sé, giovane come il giorno in cui l'aveva conosciuta, con i folti capelli neri raccolti in una treccia che ondeggiava leggera sulla sua schiena. E anche se sapeva che era impossibile, anche se ricordava con fin troppa chiarezza il suo corpo lacerato e riverso sull'altare di Kalì, la donna non poté fare a meno di accogliere con gioia il suono della sua voce pacata; Regina era sempre stata una brillante stratega, anche se un poco avventata alle volte.Sembrava d'accordo con lei sull'azione più giusta da compiere, ma ancora Smokey esitava.

«Possono ancora esserci dei Floriani in fondo alla caverna. Non posso condannarli...»

«Sei sola, proprio come allora.»
Il tono di Regina si era fatto freddo e spietato, proprio come Smokey immaginava doveva essere la voce di uno spirito.
«Rendici giustizia, salda il tuo debito. Salva quella macchina e l'umanità intera, Leticia!»

Smokey annuì con un sorriso confuso. Le estremità dei suoi arti avevano iniziato a formicolare e la vista le si faceva via via più sfocata, eppure nella sua mente tutto era limpido, quasi banale nella sua chiarezza. Spiegò le ali con lentezza, dato che non era certa di riuscire a spiccare il volo in quello spazio così angusto; rabbrividì quando il vapore caldo le accarezzò le terminazioni nervose.
Prodigio di rame e acciaio, ideato dalle menti di Baltia e chiamato infine a proteggerla – a chiudere il cerchio lì dove tutto era iniziato. Smokey chiamò a raccolta tutte le proprie forze per librarsi da terra, procedendo con profondi battiti d'ali verso la sua meta; udì qualcuno gridare dal fondo della caverna, ma non riuscì a cogliere le sue parole.

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