XXXVII. Affari di cuore

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L'Argon procedeva spedita, le vele gonfiate dai turbolenti venti che spazzavano l'Oceano Atlantico

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L'Argon procedeva spedita, le vele gonfiate dai turbolenti venti che spazzavano l'Oceano Atlantico. La via più veloce per Baltia sarebbe stata quella che dalla Spagna passava per la Francia e i territori dell'Impero tedesco, ma Lyon aveva deciso di evitare altri imprevisti e allungare il percorso: avrebbero seguito le coste irlandesi e scozzesi, per poi virare verso il continente e sorvolare ciò che un tempo era la penisola scandinava fino alle rovine dell'antica Kiev.
Nonostante il clima inclemente – che si faceva più freddo man mano che salivano verso Nord – a bordo dell'aeronave l'atmosfera era allegra e festosa: dopo i pericoli corsi e l'esecuzione che Blackraven aveva scampato per un soffio tutti avevano voglia di festeggiare.

Mentre usciva sul ponte dopo aver sonnecchiato fino a tardi, Mess sorrise nell'udire la voce tonante di Old Tom, che proveniva dalla botola che portava sottoccoperta:
«Siam nel fondo più profondo /della nave, della cala /dove il vento furibondo /spreca i fischi e infrange l'ala!»

«Ha! Ho! Ha! Ho! Il ciel tuonò!» rispose mastro Bell dal ponte di comando, con la sua solita pronuncia strascicata.

Infine, fu la voce argentina di Wes a terminare la strofa:
«Ha! Ho! Ha! Ho! Il motore cantò!»

A un tratto Joey planò da una sartia dell'albero maestro, rotolando a terra in un maldestro tentativo di atterraggio; Mess si chinò per aiutarlo, ma lui si era già rimesso in piedi, rosso in viso.
«Non è nulla!» si affrettò a balbettare. «È ancora un po' rigida, ma il reverendo dice che potrà togliere le stecche in al massimo due giorni!»

Mess stiracchiò le labbra in un sorriso, senza replicare; era evidente a tutti che l'asse dell'ala sinistra era incrinato e che non sarebbe mai più riuscito a sostenere il peso del ragazzo come prima — a tutti tranne Joey stesso, che si rifiutava caparbiamente di guardare quella protesi che pendeva sempre un po' più floscia dell'altra e continuava a esercitarsi per rafforzare i nervi danneggiati. A nulla erano serviti i rimproveri del reverendo Lloyd, che temeva di vedere andar perduto il suo lavoro da chirurgo, o le furiose litigate con Bart. Messalina non tentò neanche di fermarlo quando lo vide arrampicarsi di nuovo sull'albero: ricordava bene il terrore e la disperazione che aveva provato lei stessa a bordo dell'Heaven's Gate, quando era stata a un soffio dal non poter mai più volare.

Lyon le andò incontro e la sua tristezza si attenuò all'istante. Il capitano aveva riacquistato almeno in parte il colorito sano e lo spirito gioviale, ma c'era una nuova durezza in lui: si nascondeva nelle rughe ai lati degli occhi, nella linea decisa della mascella, nelle spalle contratte come se fosse sempre in attesa di un agguato. Era anche più inquieto del solito: non lasciava trasparire nessun segno evidente della sua impazienza di arrivare a Baltia, ma tutti i membri dell'equipaggio, Mess compresa, avevano l'impressione che l'aeronave gli andasse stretta.
A lei però riservava sempre dei sorrisi caldi, luminosi, che conservavano una traccia del gentiluomo affascinante che l'aveva irretita al ballo di suo padre.
"Sembra un evento che appartiene a un'altra vita, un'altra persona" pensò, un po' malinconica, mentre si affrettava a seguirlo sul ponte di comando. Anche quella notte dubbi e domande scomode l'avevano tenuta sveglia a lungo: si era interrogata su quale fosse la sua vera identità – se la ragazza di buona famiglia un po' scavezzacollo o la corsara pragmatica in cui si era trasformata nell'ultima settimana – e da quale delle due fosse davvero attratto Blackraven.

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