Capitolo 5

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Apro gli occhi. Ho le ossa completamente indolenzite. Mi alzo a fatica e sento dei rumori dalla cucina. Corro al piano di sotto e trovo Jeff intento a scaldarsi una tazza di latte,così intervengo.

《Aspetta,ci penso io. Tu siediti e non affaticarti》. Lui si siede intorno al tavolo.

《Hai dormito bene?》gli chiedo.

《Non sono riuscito a dormire per via del dolore al braccio》

《Dovresti farti controllare...》dico,posandogli dinanzi la sua colazione. Odia quando gli dico così,perciò mi guarda male.

Lo osservo mangiare,io non ho fame.

《Devi pulire la mia stanza》dice lui,freddo.

Mi avvio con passo strascicato verso la sua stanza e inizio a pulire.

Sono passate due ore e vado a cucinargli qualcosa da mangiare. Jeff si siede e lo aiuto a nutrirsi.

《BASTA! BASTA, MARILYN! HO DETTO CHE STO BENE,DIAMINE!》urla lui,urtando il piatto.

《Ah,è così?! ALLORA POTEVO RISPARMIARMI GLI OMICIDI E LA FATICA DI CERCARTI!》grido io,con gli occhi colmi di lacrime.

Corro nella mia stanza e mi chiudo all'interno.

Non riesco a sopportare tutto ciò. Perchè non mi ha uccisa? Sarebbe stato meglio,piuttosto che vivere questo inferno.

Mi siedo a terra,con la testa fra le mani.

Io ho rischiato e lui ricambia così?!

Decido di scappare. Prendo uno zaino e ci metto i miei panni, più alcune felpe di Jeff,nonostante siano sporche di sangue. Partirò stasera. Non me ne pentirò,ne sono sicura.

Scendo in cucina per mangiare qualcosa di nascosto. Prendo un pacchetto di patatine da mettere nello zaino. Corro al piano di sopra e lo infilo tra le felpe.

Non so dove andrò,una volta scappata. Non ho più una famiglia e sono persa in me stessa. Probabilmente morirò assiderata,o morirò di fame,ma è sempre meglio che stare rinchiusa in casa con quel serial killer pazzo.

Tendo l'orecchio. Sono le 23:00. Non sento alcun rumore. Apro lentamente la finestra,che cigola un po'. Diamine. Spero non mi abbia sentito.

Mi accerto che Jeff non stia venendo e scendo sul tetto. Cammino lentamente,attaccata al muro,per paura di cadere.

Salto e un dolore lancinante alla caviglia mi fa sentir male. Jeff potrebbe scoprirmi,quindi inizio a correre,anche se la mia caviglia non me lo permette.

Mi fermo, lontana dalla casa di quel pazzo.

Sono nel parco,che mi fa ricordare i miei genitori...no,non posso piangere,devo pensare a dove andare. Un'idea mi balena in testa: la mia vera e vecchia casa. Sarà un colpo al cuore ritornare lì,dove i ricordi mi assaliranno,così come il dolore.
"Basta pensare". Mi dico. Corro ancora,fino ad arrivare al posto in cui è iniziato e finito tutto.

Rovisto nella borsa,nella disperata ricerca della chiave. Non la trovo. Impreco. L'ansia inizia a salire e non so cosa fare.
Sto diventando pazza.

Riesco a salire su una finestra non troppo alta e rompo il vetro. Il mio braccio perde sangue,ma non importa. Sono salva,parzialmente.

Atterro sulla caviglia ferita e grido,creando eco.

Scruto quella che una volta era la mia casa. È come se il mio cuore fosse trafitto da cento lance. È tutto sottosopra ed è estremamente freddo.

È completamente buio. Zoppico fino al cassetto in cui mio padre nascondeva la sua torcia. Provo ad accenderla e un fascio di luce illumina quello che ho davanti. Faccio un sospiro di sollievo.

Cammino fino a quella che era la mia stanza e di mia sorella.  Tutto ciò che è accaduto quella notte mi passa davanti,come se fosse un film.

Senza accorgermene scoppio in lacrime.

Mi siedo sul polveroso letto di mia sorella.

Sento dalle scale provenire uno scricchiolio,provocato da un passo strascicato.
Il mio cuore perde un battito.

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