Ancora in piedi

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E' passata forse una settimana. Ed io ho questo peso nel petto. Uno di quelli che stanno lì fermi, che non fanno poi così tanto male ma, semplicemente, ti fanno capire che qualcosa non va. E poi ti si infuoca il viso, e gli occhi diventano lucidi, ma non ti va di piangere. Sai che stai perdendo, perdi sempre di più, e niente può tornare indietro. E qui ti viene quasi da soffocare.
E' una brutta sensazione, vedersi scivolare dalle mani ciò che ti tiene in vita, sapendo di non poter riparare nulla.
"Buongiorno" strascica Luke mezzo addormentato, che entra nella cucina.
"Ciao" gli concedo, mentre poso il mio bicchiere di latte sul tavolo.
"Oggi vengo anch'io a scuola" mi informa.
Alzo le spalle e "Dopo una settimana, mi sembrava anche l'ora" gli dico, per poi dirigermi in camera.
Luke sbuffa. "Si può sapere per quanto tempo mi terrai il muso?"
Io nemmeno gli rispondo, perché lui lo sa bene. Raccolgo le ultime cose e chiudo la mia borsa. Gli sto passando davanti quando "Se vuoi andiamo insieme" mi propone.
Ora, quella a sbuffare, sono io.
"Hep..."
Ma io mi chiudo la porta alle spalle, per poi scendere le cinque rampe di scale. Attraverso il cortile e "Hep, pensavo fossi tu quella a non voler perdermi e perderci!" sento urlare da Luke, affacciato alla finestra.
E' una frase di non poco valore, una di quelle che ti fanno rimanere con l'amaro in bocca, che ti si imprimono su pelle per davvero troppo tempo.
Non mi giro, nemmeno stavolta, e me ne vado a scuola, sperando di reprimere l'insensato senso di colpa.
Non appena arrivo nel parcheggio, mi accerto che Ashton non ci sia neanche oggi. E infatti quegli occhi verde oliva mischiati all'ambra non sono da nessuna parte, così come da una settimana, ed io posso dare pace a me stessa.

Ormai, le abitudini di questa scuola le conosco. Alle 10:55, quando suona la campanella dell'intervallo, i corridoi e i bagni si riempiono di studenti.
Alzo la mano e, quando il professore di inglese mi nota, abbassa gli occhiali.
"Sì, Hemmings?"
"Potrei andare in bagno?"
"Se proprio deve... C'è già fuori il suo compagno."
"E' fuori da quasi quaranta minuti, prof. Non penso tornerà ora."
Gli lascio un sorriso un po' leccaculo, mi alzo ed esco dalla classe. Stephen, il mio ufficiale compagno di banco, è un tipo alquanto bizzarro. Non mi stupisce il fatto che stia fuori quasi tutta l'ora. Probabilmente lo troverò in giro per i corridoi a far niente.
Ho un quarto d'ora, prima di essere investita da un esercito di studenti maneschi. I corridoi sono deserti, e si sente solo qualche voce in lontananza di professori che, giustamente, fanno lezione.
Cammino distratta, e finalmente avvisto il bagno. Faccio solo in tempo ad arrivare alla soglia dell'entrata. Una mano, che chissà da dove proviene, mi si posiziona sulla bocca, impedendomi di urlare anche solo per lo spavento, mentre l'altra mano la sento stringere il mio polso. Dalla confusione chiudo gli occhi e, l'attimo dopo che li riapro, mi è tutto più chiaro. Tra i miei ansimi e le mie braccia che si agitano ovunque, riconosco che questo è il bagno dei maschi. E quello davanti a me non è altro che Ashton. Io non lo so perché, ma mi calmo e smetto di dimenarmi.
Ma gli ansimi continuano.
Allungo lo sguardo e più in là, seduto a terra, appoggiato alle piastrelle, c'è Stephen. Lui non ricambia il mio sguardo.
"Ora puoi andare" gli dice Ashton, senza distogliere gli occhi dai miei.
Stephen si alza velocissimo e se ne esce dal bagno, come se volesse scappare. Scappare dal ragazzo che ora mi sta tenendo ferma. Quella era l'ultima volta che lo avrei visto.
Ashton poi mi leva la mano dalla bocca.
"Cosa gli hai fatto?" gli chiedo, con fare accusatorio.
Si stringe nelle spalle, restando serio. "Avevo solo bisogno di alcune informazioni, tipo quando esci dalla classe."
"Sei uno stronzo."
E qui indurisce lo sguardo, ed io capisco di non aver pensato prima di parlare. La presa sul mio polso aumenta, ma non demordo. Solo quando mi lascio sfuggire un gemito di dolore, Ashton si ferma. E' proprio per questo che "Lo sei anche tu" afferma. Perché non riesce ad assistere alla mia sofferenza.
E qualcosa non va, ed io lo capisco bene, perché Ashton, un attimo dopo, si fionda sulle mie labbra.
Hepsie, rifiutalo.
Hepsie, scappa.
La voglia di fuggire viene annebbiata da queste labbra che sembrano l'unica cosa esistente, che fanno anche scomparire il peso nel petto che da giorni mi tormenta. E' una bella sensazione, ma non mi sembra del tutto vera, perché lui è Ashton. Ashton che oggi si avvicina all'aggettivo bello, che appare strano vicino al suo nome. Ha una semplice maglietta nera, che si intravede da una giacca di jeans, e un paio di skinny jeans neri. Forse non me ne vado proprio per questo.
E' proprio bello, continuo a pensare, mentre Ashton preme ancora di più il suo corpo contro il mio. Si stacca per un secondo dalle mie labbra, e mi lascia uno sguardo, di cui io non interpreto il significato, ma che mi fa crescere un'insensata e burrascosa sensazione nello stomaco. Mi dà il tempo di riprendere fiato, e poi riprende a baciarmi, facendo iniziare una seconda guerra tra le nostre lingue.
I baci di Ashton rispecchiano la sua personalità. Sono prepotenti, dati con foga, come se ci fosse sempre qualcosa a metter fretta. Eppure, non si scappa, dai suoi baci.
E' distante, il suono della campanella, ma lo sento lo stesso. Abbandono la sua bocca, ma Ashton mi posa le mani sui fianchi, facendomi rimanere lì. Cattura il mio labbro inferiore tra i suoi denti, e posso scorgere un suo sorriso di malizia. Quando poi mi lascia, mi accorgo di essere ancora immersa in un mondo che non è il mio.
"Vieni con tuo fratello, questa sera" mi sussurra, con una voce che è completamente diversa da quella roca di Luke, che mi dà rabbia. Ashton è già avanti, Ashton ha già la strada segnata.
Due ragazzi entrano nel bagno, lanciandoci sguardi curiosi. Nello stesso momento Ashton se ne va, senza farmi aggiungere una sola parola.
Resto lì per un po', sconcertata e persa, fin quando il mio battito cardiaco non si riprende e le mie gambe diventano stabili.
Io non so più scappare.

Di pietra e vetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora