Angoli nel nero | Epilogo

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Aprile 2014
Me li avevano portati via, tutti e due, e se li erano tenuti per tre settimane e due giorni. Erano stati accusati di associazione mafiosa, arrivando fino al processo di secondo grado. C'erano quattro foto, scattate chissà in quale parte della giornata, che ritraevano Luke ed Ashton che entravano ed uscivano dalla palestra abusiva. Erano una delle prove.
Io prendevo posto in aula ed ascoltavo, seduta di fianco al padre di Ashton, che era fin troppo abituato a questi processi. Luke mi guardava e coi suoi occhi azzurri mi chiedeva scusa. Aveva paura di rimanere in carcere e finire il resto dei suoi giorni lì dentro, a marcire, a soli diciassette dannatissimi anni. Ashton forse se l'aspettava, perché la libertà non è per tutti.
Non so, sono convinta del fatto che, una volta che il dolore ti accarezza, ne si riproduca l'eco fino alla fine dei propri giorni. In ogni gesto, sguardo, passo. E' una cosa spaventosa.

Ashton e Luke sono stati assolti una settimana fa. E la palestra, quella che è stata spettatrice del nostro degradare sempre di più, ora non è altro che il piano sotterraneo del Block. I ragazzi che la sera si vanno a divertire, che si concedono a più persone in una sola notte, non possono nemmeno immaginare la piccola vita che io e gli altri ci eravamo creati lì dentro. Siamo stati silenziosi, noi.
Mio fratello ed Ashton sono anche tornati a scuola. Hanno perso l'anno, entrambi, ma hanno recuperato la loro amicizia. Se la sono vista brutta, per quelle tre settimane ed, essendo riusciti ad uscirne, hanno capito di poter riporre fiducia l'uno nell'altro. E, quando mi hanno vista lì, seduta sul bordo del marciapiede ad aspettare la fine del processo, nessuno ha fatto distinzione. Entrambi mi avevano abbracciata ed io non potevo provare qualcosa che non assomigliasse alla felicità. Mi sentivo la loro casa, in quel momento.
E' solo una questione di aspettarsi. Tutti e tre l'avevamo fatto, almeno una volta.

Ashton, comunque, è rimasto lo stesso stronzo di sempre. Soprattutto ora, che passiamo la maggior parte della nostra giornata insieme, ho imparato a riconoscere le sue ombre. Ci sono angoli nel nero di Ashton, che sono come il peggio dentro al peggio e credo che, se si riesce ad amare anche quello, allora si è proprio innamorati di lui.
Ma mi ci vorrà del tempo per dirglielo.

Suo padre si è trasferito nel centro di Sydney, ma si sentono spesso. Quanto al mio, di padre, Ashton me l'ha confessato, dove è rintanato. Trascorre la sua latitanza nella campagna.

Ma oggi è il giorno delle rivincite, e non ci piace pensare a lui.
Luke è di là, nell'altra stanza, circondato da una folla di persone. E una tra quelle è Ashton, che combatte con lui e se vince Luke, vince anche lui. "La boxe legale è molto più complicata della mia" mi ha detto l'altro giorno.
Questo giro l'ha vinto mio fratello. Un ring è più giusto di un pavimento gelido e distrutto, che non ammette cadute. Ha steso il suo avversario in tre minuti, con le tecniche che gli aveva insegnato Ashton. Ma sono tecniche segrete, che sapranno sempre e solo loro.
Ashton è primo, nelle classifiche. E' stato nominato come l'esordiente più forte del momento, anche se si è iscritto soltanto una settimana fa. 
Non si sentono più sporchi, mentre si allenano e combattono. Sanno di star facendo il giusto, di non star oltrepassando il confine. 
E Luke ora mi si avvicina, mi abbraccia, ancora coi guantoni. E' sudato, ma non mi importa. Mi concentro sul suo sorriso, uno di quelli veri, che ripagano tutto il dolore che ho assorbito in questi ultimi mesi. Sto bene perché sta bene. 
Ashton mi guarda, dall'altra parte del ring e mi mostra il suo bicipite e mi mima con le labbra un "tanto sono più forte io di tuo fratello" che mi fa ridere. Poi mi soffia un bacio e io mi fingo offesa. 
Siamo due imbranati alle prese con l'amore.

Più tardi andiamo al cimitero, c'è anche Michael. L'unico rumore che si può udire è lo spostamento dei sassolini sotto alle nostre suole.

Calum Hood 
1996-2014

Guardiamo le incisioni su questa lapide, riconoscendola come la nostra sconfitta più grande. Ci fermiamo davanti, ognuno con i propri pensieri. Sappiamo che Calum resterà la nostra cicatrice più indelebile, l'errore che ricorderà tutti i mesi precedenti. 
Non doveva essere con noi, quella sera. Non doveva andare così. E noi non possiamo fuggire da noi stessi, da ciò che siamo. L'ho sempre detto. Ci sarà sempre qualcosa che testimonierà chi siamo davvero. E Calum lo farà fino alla fine.

Guardo Luke e vedo un ragazzo cresciuto troppo in fretta, ma so che mi aspetterà. Ashton mi prende la mano, me la stringe, mi fa capire che il dolore se ne andrà via del tutto solo se continuerò ad essere la sua àncora. Osservo la sua tasca e capisco che questi mesi ci sono passati proprio dentro, che li abbiamo sentiti tutti, giorno per giorno e che è servito affogare me stessa per portarlo a galla. Anche se alcune cose le si ha nel sangue.

Perché il suo coltello, quello non c'è più.


Hei people!
Siamo arrivati alla fine anche di questa storia. Forse qualcuna di voi l'aveva già letta su efp, forse l'avete seguita solo da wattpad e ok. In ogni caso, sappiate che inizialmente era una one shot, quindi un solo capitolo, e l'ho scritta di botto come uno sfogo. Ma pensavo che nessuno avesse avuto la voglia di leggere una roba del genere, anche solo per l'argomento trattato. E il fatto che questa storia breve sia finita prima tra le popolari, quasi mette i brividi perché c'è così tanto me dentro. 
Non ho nient'altro da dirvi, se non un grazie.
Spero di ricomparire qua un giorno.
Nel frattempo mi dileguo e vi saluto!
Grazie ancora, Nali.

twitter: funklou

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