Capitolo 8

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Le strade di Berlino la notte di Capodanno sono la cosa più pazza e caotica che abbia mai vissuto.

Giovani ubriachi ad ogni angolo, lampi di luce multicolore illuminano il cielo ogni trenta secondi, accompagnati da sfrigolii e boati che fanno risuonare la notte.

Ad ogni passo bisogna fare attenzione ai possibili fuochi d'artificio lanciati in strada da qualche giovane e non preso dalla foga della festa.

Man mano che camminiamo verso il club dove andremo a passare la mezzanotte, la folla di giovani si infittisce, i fuochi d'artificio sembrano farsi più lontani, sostituiti dalle risate e dalle urla di chi ci circonda.

Vediamo finalmente il club. Ha l'aria di un edificio storico, con un campanile che svetta sulle altre strutture, i muri di mattoni rossi che sanno di Medioevo, così come l'enorme portone nero sorvegliato ai lati da due bassorilievi di pietra raffiguranti gargoyles, dal quale una lunga fila si snoda come un serpente a fiancheggiare la strada.

Guardiamo la coda per qualche secondo, esitando ad attraversare la strada. - Ho l'impressione che ci sarà abbastanza da aspettare - commento.

- Io non voglio passare la mezzanotte in fila - aggiunge Martina.

- Neanche io, con quello che abbiamo pagato! - osserva Anna - ma non so se avremo scelta.

Martina mi lancia uno sguardo malizioso; sono sicura che ha qualcosa in mente.

- E se facessimo le cose all'italiana per una volta? -

Le ricambio uno sguardo furbo. Sarà forse il vino che comincia a circolarmi nelle vene e annebbiarmi i pensieri, ma condivido la sua idea, per quanto sia spesso contraria a fare certe cose.

- Le cose all'italiana? - domanda Anna, non capendo il riferimento.

- Si, sai, parliamo di come risolverebbe il problema un italiano medio - spiega Martina ridacchiando, restando sul vago.

- A questo punto dobbiamo fare una dimostrazione.

Ci avviciniamo alla coda, ma invece di appostarci alla fine, approfittiamo di alcuni istanti di distrazione di un gruppo di ragazzi per infilarci nel mezzo.

Con la coda dell'occhio vedo uno dei ragazzi, probabilmente accortosi della nostra intrusione che ci getta uno sguardo di disapprovazione, dicendo qualcosa in tedesco al suo compagno.

- Andremo all'inferno per questo - scherzo con Martina.

- Se proprio dobbiamo andare all'inferno, non penso che sarà questo il motivo -

- So bene di cosa sei capace, ho ricordi di certe notti... - commento. La mia mente corre a rivangare degli episodi di alcune serate che abbiamo vissuto insieme verso i diciotto anni, dove l'alcol scorreva a fiumi e lei non si faceva certo mancare di passare almeno mezzora sul divanetto nell'angolo in braccio a qualche ragazzo.

Ben presto riusciamo ad entrare nel locale. Ne rimango totalmente stupita. Non ho mai visto nulla del genere: anche all'interno i muri sono antichi. Passandoci di fianco durante il giorno lo si potrebbe scambiare per un monastero o un palazzo di Stato, invece dentro l'atmosfera è tutt'altra.

I muri dai mattoni rossi lasciano in realtà spazio a un chiostro trasformato in discoteca a cielo aperto e intorno, racchiuse dentro le spesse pareti, altre sette discoteche.

Aspettiamo la mezzanotte all'aperto. Quando l'orologio posto sul campanile dietro di noi scocca la dodicesima ora, alziamo gli occhi al cielo. I nostri visi illuminati di rosa, rosso, verde come i fuochi d'artificio.

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