Angelo D'Autunno

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Rinvenni col veto dei sensi

sotto un pallido raggio di sole

con indosso un corpo leggero d'Iddio

e il canto dei fringuelli sulla testa,

le dita sfregavano l'aria

come di un'ombra che carezza il suo volto,

io non ero più un sol uomo e un sol verso

da comporre, ero immobile come una colonna

nell'acqua, una lamina di nebbia

il mio spirito velava ogni pensiero.

Avevo ancora le braccia larghe

come ad accogliere un fiume

come ad accogliere una donna

si, una donna poggiò in me i suoi rami,

ma non saprei spiegarvelo il tocco.

Ci prostrammo l'uno con l'altra

da spalla a spalla, con la conversione

degli occhi in musica d'archi cerulei

e in silenzio cedemmo alla natura

il suo pianto. Era come se dormissimo

abbracciati sotto un drappo di pioggia,

disciolti in un bosco luccicante

che caldeggiava quegli infiniti istanti.

Sentii i suoi baci come il crepitio

delle foglie nei denti, un mormorio

solitario lasciato alla mia bocca

e subito dimenticato, fluito da orecchio

a valle con la costanza dei lampi.

Chi avesse udito da lassù il mio benestare

mi ha mandato a prendere insonne

da questa spiga d'ametista, e fatto nuovo

o forse dissolto e piegato alla ragione

del tempo che nel tempo si fece libero

d'amare. Con lei dipanata nella sua veste

di lapilli io non mancai di ardere

come legna e di credere che tutto questo

fosse un passo verso il Paradiso,

una chiusura rapida tra i viali

le panchine, i sassi, il rigido atto

di una nuvola, finchè il mare d'autunno

non spiegò le sue ali all'orizzonte

e discese sulle nostre spoglie marmoree.

Mi ritrovai appeso al notturno pendolo del cuore

la mia anima asciutta, mi parve una voliera,

lei così dolcemente eterea e lontana

come un fumo di rondini. 

Nessuno Vede Il MeticcioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora