Capitolo 20

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Avevo passato i successivi due giorni a crogiolarmi nella tristezza e così sarebbe stato anche quel terzo.
Non andai a scuola, rimasi sola a casa, stesa nel mio letto matrimoniale con le coperte sulla testa.
Era come se mi stessi nascondendo da qualcosa, come quando da bambini si sentivano dei rumori in cameretta e ci si copriva fino all'ultimo millimetro di capelli per sentirsi protetti dal mostro sotto al letto, ecco, cercavo di fare lo stesso.
Mangiavo a malapena, non avevo voglia di vedere né tantomeno parlare con qualcuno.
L'unica cosa che feci fu comprare una nuova scheda sim e un nuovo cellulare, il mio numero sarebbe arrivato solo a Luca e alle persone che mi conoscevano lì in America, come se fossero molte..
Suonarono al campanello e svogliatamente dovetti alzarmi, probabilmente si trattava del corriere che ormai era diventato mio amico visto che Alicia ordinava tantissime cose online.
Aprii la porta con un sospiro e, ovviamente, mi trovai di fronte l'unica persona che non avrei voluto vedere per nessuna ragione al mondo.
"Che vuoi Mattia?" domandai bruscamente.
"Non ti smentisci mai" indicò la maglia larga che indossavo ridacchiando.
"Ho i pantaloncini" la spostai mostrandoglieli con un sorriso finto.
Restammo lì per un po', io con le braccia incrociate al petto e lui con le mani in tasca dondolandosi sui talloni.
"Posso entrare?" chiese ad un certo punto.
Cosa avrei dovuto fare? Dirgli che non poteva?
Mi spostai invitandolo a farlo e poco dopo venni sorpassata da lui che si accomodò sul divano.
"Saliamo?" domandai.
In camera sarei stata più tranquilla, era l'unico posto della casa che sentivo propriamente mio mentre lì in salotto non sarei stata a mio agio.
"Non guardarmi con quella faccia, non ho intenzione di fare niente con te" mi voltai incamminandosi verso le scale ignorandolo totalmente.
Mi chiusi nella mia stanza sbattendo la porta, quel ghigno sulla sua faccia mi diede i nervi, cosa pensava?
"Cazzo, Amanda scusami" piombò dentro leggermente affannato probabilmente per essersi affettato a raggiungermi.
"Mi hai rotto davvero le palle, si può sapere che ci fai qui?" sbraitai.
"Tra una settimana dobbiamo consegnare un lavoro insieme e non abbiamo fatto nulla, vuoi o non vuoi devi muovere quel bel culo che ti ritrovi se non desideri prendere un brutto voto. Io non ho intenzione di fare la tua parte" incrociò le braccia al petto.
"Sei sempre il solito, comunque" dissi afferrando il computer dalla scrivania per poi sedermi sul letto.
"Am prima possiamo.." provò a dire mentre imitava il mio movimento.
"No" risposi secca sapendo già dove voleva arrivare.
"Ma perché ti rifiuti di comunicare con me? Davvero, non capisco!" esclamò spalancando le braccia.
Una risata amara si fece spazio da dentro di me facendomi vibrare il petto.
"Non lo capisci? Wow, ti facevo più intelligente" proferii con voce sarcastica facendogli alzare gli occhi al cielo.
"Sai cosa c'è? Tu non cerchi una relazione, sappiamo entrambi cos'è che vuoi in realtà" iniziai.
"Ti piaceva dire di stare con me ma visto che non accennavo a darti altro hai pensato bene di rimediare con quella, non mi va nemmeno di pronunciare il suo nome" incrociai le braccia scuotendo la testa delusa.
Se ne stette zitto strappandomi poi il pc dalle mani e iniziando a smanettare.
"Non hai mai capito un cazzo" sibilò a denti stretti convinto che non lo sentissi.
"Non istigarmi, sono in vena di litigare oggi" feci presente.
Sembrò scatenare qualcosa in lui, una scintilla gli attraversò gli occhi e il suo sguardo mi fece quasi paura.
"Va bene, litighiamo. Quante altre puttanate hai ancora da dirmi?" mi sfidò con un falso sorrisetto e il sopracciglio sinistro alzato.
"Io non avevo nulla da dirti, sei tu che ti sei presentato qui, perché Alv ti ha detto che potevi e non dirmi di no, so che lo ha fatto, pretendendo che chiarissimo le nostre convergenze anche se io non ne avevo per niente voglia" alzai il tono della voce scattando in piedi.
"Sei davvero una stupida ragazzina viziata" mi lanciò un cuscino facendomi spalancare gli occhi.
"È la seconda volta che me lo dici e non ti permetterò di farlo ancora. Per quanto ne so tu non hai problemi di alcun tipo, i tuoi genitori non hanno venduto il tuo corpo a un fottuto spacciatore perché hai perso la sua roba piuttosto che sborsare duemila schifosi euro, perciò non ti azzardare più a parlare quando non sai le cose" ormai stavo piangendo mentre gli urlavo in faccia tutti i miei problemi arrabbiata come non mai.
Non era nella mia indole fare la vittima, infatti non era quello che stavo facendo, avevo solo bisogno di sfogarmi con qualcuno, non ne potevo più di tenermi tutto dentro..
"Cosa stai dicendo?" mi raggiunse posandomi una mano sulla guancia ma, come quella volta, mi ritrassi, come se il tuo tocco potesse frantumarmi da un secondo all'altro.
"Non allontanarmi" mi sussurrò e lo ascoltai.
Dopo tutto era comunque l'unica persona che riusciva ad incutermi sicurezza, altrimenti non gli avrei spiattellato la parte più brutta e difficile della mia vita così.
"Ora sta' calma e raccontami tutto" mi attirò in un abbraccio per tentare di tranquillizzarmi e ci riuscì.
Poter sentire di nuovo il suo torace a contatto con il mio, il suo profumo e il suo tocco mi mandarono al settimo cielo ma al contempo sentivo che stavo per collassare.
Dopo un po' mi decisi a parlare e spiegare bene come stavano le cose:
"Questa estate ho conosciuto un ragazzo, passava l'erba a delle mie compagne di classe, premetto che io non ho mai fumato, semplicemente quel giorno mi trovavo lì con loro e si lamentava di dover fare sempre tutto da solo" poggiai la schiena contro l'armadio mentre Mattia si fermò con le mani sulle mie spalle.
"Avevo bisogno di soldi per venire qui, era il mio sogno da sempre e non potevo rinunciarci, dissi ai miei genitori che lavoravo in una caffetteria dall'altra parte della città ma in realtà mi ero proposta di dare una mano a questo ragazzo per consegnare gli "ordini" dei clienti in giro per Roma" sospirai poiché sapevo stesse arrivando la parte peggiore.
"Non preoccuparti, se non te la senti.." mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Tranquillo" alzai dolcemente gli angoli della bocca ricevendo da parte sua un sorriso spontaneo come mai lo avevo visto prima, il che mi colpì parecchio.
Era...diverso, ma in senso buono, più che positivo.
"Avevo racimolato il giusto, quella sarebbe stata la mia ultima mansione per conto suo ma ci fu un imprevisto: mi ritrovai dei poliziotti alle calcagna perciò dovetti abbandonare tutto quello che avevo addosso in un tombino per scamparmela. Inutile dire che lui s'incazzò da morire e chiese un risarcimento che i miei genitori avrebbero dovuto consegnarli una volta partita per l'America in modo che non avesse più niente a che fare con me, l'altra opzione era diventare una schiava sessuale da usare a suo piacimento" sentii il mio cuore fermarsi quando risucchiò un respiro.
"Beh, mia mamma e mio papà hanno pensato bene di non pagare ma piuttosto farmi prostituire, perché infondo di quello si parla. Preferiscono che qualche estraneo porti via la mia verginità e mi violenti piuttosto che tirar fuori dal portafoglio qualche soldo, questo è quanto tengono a loro figlia" calde lacrime iniziarono a sgorgare nuovamente sulle mie guance.
"Ehi, non sei sola" le scacciò immediatamente via con i pollici.
"Finché sei qui ci penso io a proteggerti" mi lasciò un bacio sulla fronte confortandomi enormemente.

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