Capitolo 8.

610 37 1
                                    

Ben presto la mia vita si trasforma in rutine. Al mattino quando mi sveglio, poco prima dell’alba, Niall si sta preparando ad uscire per la pattuglia della città. Mi alzo e metto tutto in ordine, anche se non c’è molto da sistemare. Poi esco e inspiro forte l’odore della città, che profuma di libertà. Cammino impettita sul marciapiede sgombro da qualsiasi cosa mentre guardo con finta superiorità quelle pochi negozi che ancora recano l’insegna “bottega ebraica” anche se in realtà vorrei solo mettermi a piangere. Niall mi ha consigliato di non farmi vedere vicino a quella che fino a poco tempo fa era casa mia, perché sono ricercata. A quanto pare mio padre era una persona di spicco nella società di Varsavia prima dell’avvento del nazismo, era un professore, un medico ed un intellettuale. Io sono una donna, istruita e latitante. Perfetto.

Mancano due giorni alla festa di Natale e l’ansia mi ha completamente assalita. Sono ricoperta di farina mentre impasto il pane sul grande tavolo della casa di Niall. Cerco un modo di dire al sergente che non voglio partecipare alla festa ma ogni volta che arrivo ad una scusa plausibile questa mi sguscia via dalla mente come una saponetta bagnata.

Niall rincasa insolitamente presto ed io non ho ancora trovato la soluzione al mio problema. La verità è che sono terrorizzata all’idea di ritrovarmi in una sala piena di gente che probabilmente sarebbe felice di infilarmi una pallottola in testa.

-             Helen! Ma cosa hai combinato? Sembra che sia esploso qualcosa – Niall sembra sorpreso.

Di solito l’ordine è la mia priorità ma oggi mi sono dimenticata di tutto, concentrata come sono sulla festa. In effetti sono ricoperta di farina dalla testa ai piedi ed i miei pochi vestiti sono sparpagliati sul letto, sul divano e per terra. Sono tutti abiti pesanti, grezzi, adatti a resistere al rigido inverno di Varsavia. Niente di buono per un party con l’élite della società tedesca. 

-             Scusa – dico sbrigandomi a pulirmi le mani e servire il nostro misero pranzo. Sono qui da solo tre settimane e le mie peggiori paure si stanno avverando.

Il cibo sta finendo. Non solo per gli ebrei e gli strati poveri della popolazione, ma per tutti, compresi i ranghi più alti dell’esercito. Si sente aria di guerra in tutta Europa.

-             Non ti preoccupare – dice lui.

Invece di sedersi resta in piedi impalato con in mano un fagotto di tela.

-             Ho una cosa per te – sorride.

Mi avvicino a lui e sorrido come una bambina il giorno del suo compleanno. Srotola piano il pacco e mi mostra un abito blu notte con degli strass. Spalanco la bocca e desisto dal saltargli al collo per la felicità. Non ho mai avuto un abito così bello in tutta la mia vita.

-             L’ho trovato ad un prezzo bassissimo, lo giuro – dice lui porgendomelo.

-             È bellissimo – dico rigirandomi la stoffa morbida tra le mani.

-             Provalo – sussurra lui.

Mi guardo intorno alla ricerca di un angolino buio in cui cambiarmi, ma l’intero appartamento è completamente immerso nella luce e non ho nessuna intenzione di andare nello sporchissimo bagno comune in fondo al corridoio.

Mi allontano da Niall qualche passo e gli dico di girarsi. Vedo le sue guance tingersi di rosso mentre di volta e si copre gli occhi. Mi spoglio rabbrividendo e mi infilo l’abito nuovo.

-             Puoi girarti – gli dico con la voce carica d’imbarazzo.

Di solito alla sera quando ci cambiamo è totalmente buio e siamo entrambi così stanchi da non riuscire neanche a sollevare la testa e augurarci la buona notte.

il ponte dei suicidi ||niall horanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora