Quando entro in casa tutto tace. È il giorno libero di Dori e posso sgattaiolare in camera senza che nessuno mi faccia il terzo grado sul cappotto che indosso.
C’è un silenzio totale, che mette quasi i brividi. La luce dello studio di papà è accesa ma non sento nessun rumore. Niente pagine sfogliate o stilografiche che grattano la carta. Probabilmente si è addormentato. Entro nello stanza e constato che papà dorme con la testa appoggiata su una pila di libri. Gli sfilo gli occhiali che gli sono scivolati sul naso e soffio sulla candela per spegnerla. Tutto precipita nell’oscurità.
Sono così felice che vorrei mettermi a cantare. Se Halina fosse qui le racconterei tutto trattendendo il respiro. le racconterei del sorriso di Niall e delle sue mani grandi, del modo in cui inclina la testa quando ride e di come mi sento quando lo vedo.
Ma Halina non c’è e io non posso parlare con nessuno. Mi sdraio sul materasso duro e resto immobile a fissare il soffitto, troppo emozionata per dormire.
Aspetto con ansia domani sera, quando lo rivedrò di nuovo.
***
Prima di conoscere Niall la domenica era il mio giorno preferito. Potevo passare tutto il giorno a casa con la mia famiglia, aiutare Dori a fare il pane oppure insegnare alle mie sorelle a leggere e fare di conto.
Ma adesso la domenica vuol dire solo una cosa, non vado al lavoro e quindi non ci sarà il mio sergente ad attendermi all’uscita dell’ospedale.
Niall è venuto a prendermi ogni sera per tutta la settimana. Abbiamo passeggiato lungo la Vistola e abbiamo parlato di libri e di cosa ci piace mangiare.
Quando gli ho confessato che amo la cioccolata calda ha buttato indietro la testa e ha riso come piace a me. Vorrei tanto che mi abbracciasse.
Non sono mai stata innamorata di nessuno, mentre Halina si. Halina cambiava interesse ogni settimana dopo che il fidanzato di turno le spezzava puntualmente il cuore. Sono cresciuta con la con la convinzione che l’amore fosse una cosa dolorosa, che ti portava alle lacrime e ti faceva diventare la faccia rossa e gonfia. Mi sbagliavo. Eccome se mi sbagliavo. Non sono mai stata così felice. Anche andare al lavoro è diventato meno pesante da quando conosco Niall.
Sorrido scioccamente pensando al suo braccio attorno al mio quando mi riaccompagna a casa.
-Helen? Mi stai ascoltando? – Elzabieta mi tira per una manica.
Sbatto le ciglia e la metto a fuoco. Siamo sedute al tavolo della piccola sala e la sto aiutando ad imparare le tabelline. Papà si è degnato di uscire dal suo studio e sta leggendo un voluminoso libro sulla sua poltrona consunta. Dori canticchia una vecchia canzone della cucina.
-Dunque – dico aggrottando le ciglia – quanto fa tre per quattro?
Vedo mia sorella arricciare il naso, gesto che ha preso da me, e muovere leggermente le labbra.
-Quindici! – strilla dopo un po’.
Io scuoto la testa con aria accigliata.
-Avanti Elz. È facile. Fa dodici!
La sua espressione delusa mi fa ridere. Mi chino su di lei per spettinare i capelli scuri mentre suona il campanello.
-Dori, vai tu? – chiede mio padre senza neanche alzare gli occhi dal libro.
Dori accorre e apre la porta che si trova proprio alle mie spalle. La sento urlare. Perfino papà scatta in piedi come se l’avessero bruciato con dei tizzoni ardenti.
Avverto la tensione palpabile che si è creata nella stanza.
-Bu…buon pomeriggio – balbetta Dori e sento dalla voce che sta tremando.
Tiene la porta socchiusa e non riesco a vedere il nostro ospite.
-Buon pomeriggio – risponde una voce con forte accento straniero.
-Posso fare qualcosa per lei? – mio padre fa un passo in avanti e noto che anche lui trema.
-Sto cercando sua figlia – risponde la voce.
Mio padre sbianca e si appoggia alla parete nel momento stesso in cui riconosco la voce di Niall. Adesso capisco lo spavento che si è preso mio padre. Vedersi apparire un soldato tedesco sulla porta di casa di questi tempi deve essere terrificante.
-Mia… mia figlia? – chiede papà cercando di controllarsi.
Decido di intervenire prima che scoppi in lacrime.
Faccio un passo in avanti e finalmente lo vedo, alto e fiero nella sua uniforme verde.
-Niall – urlo andandogli incontro – cosa ci fai qui?
Lui mi sorride raggiante e io sento le mia labbra schiudersi involotariamente. Vedo lo sguardo confuso di mio padre saettare da me al sergente. Avanti ed indietro e poi ancora. Non spiaccica una parola e sembra ancora che stia per svenire. Dori invece raddrizza la schiena e mi guarda con fare severo.
-Helena Georgievna – il mio nome seguito dal patronimico è sempre indice di guai – ti sembra il modo di rivolgerti ad un ufficiale dell’esercito?
Si piazza le mani sui fianchi e espira fumo dal naso, o almeno così sembra a me.
-Ma Dori, è un mio amico – azzardo.
In realtà non so quanto sia vero. Lui però non dice niente anzi annuisce sorridendo.
-Cosa posso fare per te giovanotto? – chiede papà uscendo dal suo stato di trance.
-Vorrei chiederle il permesso di uscire con sua figlia questo pomeriggio. Solo per qualche ora.
Mio padre sbarra per un secondo gli occhi poi annuisce lentamente.
-Certo, se Helen vuole non c’è problema.
Tre paia di occhi si puntano su di me. Capisco che ho la bocca semiaperta e che gli altri stanno aspettando una risposta.
- Si. Si. Certo.
Mi giro e corro a prepararmi. Mentre mi infilo il cappotto che lui mi ha regalato cerco di pettinarmi i capelli e contemporaneamente di indossare le scarpe. L’effetto è un po’ comico.
Il cuore sembra voler battere un record di velocità ed io mi sento leggera leggera.
Quando ricompaio in sala Niall mi sta aspettando immobile come una statua.
-Andiamo? – mi chiede porgendomi un braccio.
Saltello in avanti e appoggio delicatamente la mia mano sulla sua.
Vedo papà che mi rivolge uno sguardo truce che implica la necessità di spiegazioni. Alzo le spalle e conduco Niall fuori dal piccolo appartamento.
-Dove mi porti? – chiedo alzando lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Lui si sistema il cappello militare in testa e sorride.
-Sorpresa – sussurra.
Niente potrebbe rovinare questo giorno.
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il ponte dei suicidi ||niall horan
Fanfictie- Signorina - dice una voce. Merda. Speravo di essere da sola. Cioè so bene che molto spesso la gente viene qui a suicidarsi ma avevo inconsciamente sperato di non incontrare nessuno. Mi volto verso la voce. Aldilà della statua di San Pietro su cui...