Sono passati due mesi ed è arrivata la neve qui ad Auschwitz. Il mio compito è distribuire il cibo ai prigionieri.
Il sole sta sorgendo. Inizia un nuovo giorno, qui, dove il lavoro ti rende libero.
Anche se ho capito che l’unico modo per essere veramente liberi qui è passare da un camino.
Esco dal block ed inspiro forte l’aria carica di neve. Il cielo è grigio. Le ciminiere sono già in funzione.
- Siete liberi, andate per il mondo – saluto persone che hanno condiviso le mie stesse speranze e che mi hanno offerto un sorriso, uno stralcio di vita che non mi appartiene.
Così inizia la mia giornata, con un addio.
Mi incammino verso le cucine. Il terreno è ghiacciato e i miei zoccoli di legno slittano sulla neve.
Le mie scarpette da infermiera scivolano sul marciapiede giacchiato del quartiere di Śródmieści. Sento la Vistola scorrere sotto i miei piedi mentre raggiungo il ponte dei Suicidi.
All’ingresso delle cucine Joseph, il cuoco, mi saluta con un sorriso vago. Afferro la pesante latta che contiene la zuppa che dovrà sfamare le donne della mia sezione. Il metallo mi scivola tra le dita, il peso mi curva la schiena.
Le mani mi si graffiano e bruciano. Non me ne curo, ormai non importa più. Sospiro e guardo giù. La Vistola si agita scura sotto di me.
Inizio ad avanzare lentamente e a passi goffi verso la mia meta. Sale un profumo delizioso dall’enorme pentola e devo trattenermi dall’infilarci le dita. Quando Lui non c’è io e Harry soffriamo la fame quasi quanto gli altri. Torna ogni tre settimane e mangia con noi il venerdì sera, per poi ripartire subito il giorno dopo. La notte del venerdì Harry non torna al block.
Quando arrivo davanti agli alloggi femminili mi fermo al centro del cortile innevato e batto tre volte con il mestolo sulla latta.
Immediatamente una fila si forma davanti a me. Riconosco alcuni volti, altri sono nuovi. Ci sono delle bambine.
Non guardarle Helena, non accarezzare le loro testoline ormai pelate. Domani non ci saranno più.
- Signorina – una bambina mi strattona per la manica della divisa a righe.
- Si?
Mi chino per guardarla meglio. I suoi occhi azzurri acchiappano i miei e mi tolgono il respiro. Potrebbe essere me.
- Lei per caso è un angelo? – la sua voce è così fioca che faccio fatica a sentirla.
Un uomo geme accanto a me.
- Signorina – gracchia ormai senza voce. Accorro.
- Signorina, lei è così bella da sembrare un angelo. Mi dica, lo è?
Le sorrido.
- No piccola, non lo sono – rispondo dolcemente.
- I tuoi capelli sono così belli – mi sfiora una treccia che è scivolata in avanti.
La guardo. Probabilmente anche lei li aveva color del grano. Le accarezzo la testolina rasata.
- Ricresceranno tesoro – prometto con la voce strozzata.
Mi volto per non far vedere le lacrime che mi hanno riempito gli occhi.
La gente reclama il cibo. La piccola mi mostra la ciotola.
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il ponte dei suicidi ||niall horan
Fanfiction- Signorina - dice una voce. Merda. Speravo di essere da sola. Cioè so bene che molto spesso la gente viene qui a suicidarsi ma avevo inconsciamente sperato di non incontrare nessuno. Mi volto verso la voce. Aldilà della statua di San Pietro su cui...