Capitolo 4

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La vita può sempre riservare delle sorprese

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La vita può sempre riservare delle sorprese. Devi aspettartele, quelle stronze, che stanno sempre in una specie di agguato contro la tua calma.

Io, per esempio, pensavo di essere un'eccezione. La mia vita era abbastanza monotona di suo, e mi sembrava praticamente impossibile che sarebbe potuto succedere qualcosa. Mi sbagliavo.

In quell'ultimo periodo, in realtà, sbagliavo sempre. Una cosa dopo l'altra.

Mi faccio quasi pena.

Scesi di casa in tuta da ginnastica con l'umore marcio e sotterrato ad almeno un migliaio di metri sotto terra. Non presi nemmeno il motorino. In qualche modo mi schifava.

Però fumavo. Fumavo come un dannato. Un po' per non pensare al freddo di fine novembre che sembrava penetrarti fin dentro le ossa, un po' per l'ansia che provocavano le mille idee che mi turbinavano in testa come impazzite.

Forse avrei dovuto smettere sul serio, ma sinceramente me ne infischiavo.

Mi sentivo pesante e stanco, come avessero spento le luci e basta.

Il negozio di dischi comunque non era lontano dal mio palazzo, qualcosa come una ventina di minuti a piedi. Però io ce ne avevo messi quaranta a causa della mia andatura lenta.

Era tutto dannatamente grigio.

A metà strada cominciò a nevicare fitto fitto, che praticamente non riuscivi a vedere a un palmo della mano di distanza. Mi veniva proprio di mandare a fanculo tutto, mentre dei ragazzini dall'età di Livia correvano tra i fiocchi di neve come dei matti, spensierati come solo i bambini sapevano esserlo.

Angelica se ne stava seduta ai piedi dei gradini della statua, che torreggiava di fronte all'azienda di famiglia, con le cuffiette ficcate nelle orecchie. Sembrava non vederla la neve, quando incrociò il mio sguardo da morto.

- Simone...stai bene?-, chiese un po' preoccupata.

- Una merda, ma grazie-

In tutta risposta mi allungò la sua sciarpa di lana: -Mettitela và, che mi muori assiderato-

Non la presi e la fissai e basta. Di fronte alla mia espressione la ragazza abbassò il braccio, deglutendo.

- Di cosa volevi parlarmi?-, dissi secco. Volevo farla finita con tutta quella faccenda.

Cristo, volevo solo starmene a letto e piangere come un fottuto bambino.

Angelica si grattò la nuca, un po' imbarazzata, e mi fece cenno di sedermi ai piedi della statua. Lo feci, anche perchè pensavo che le gambe mi potessero cedere.

Rimanemmo così per un lasso di tempo indefinito, fino a che lei decise di coprirsi la faccia con entrambe le mani.

- Simo...io...mi dispiace...-, mormorò abbassando la testa verso terra.

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